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Giusi Marchetta

Perché è importante oggi, in Italia, parlare di femminismo

di Anna Spena

«Una femminista si ribella all’idea che esistano dei ruoli prestabiliti da una società patriarcale, per cui ai maschi spettano dei compiti e delle responsabilità, alle donne altre»

Ma perché è importante oggi, in Italia, parlare di femminismo? E perché è importante parlarne con le ragazze e i ragazzi? La scrittrice Giusi Marchetta ha curato un libro “Tutte le Ragazze Avanti”, edito da add Editore, dove sono state raccolte le parole di undici autrici – scrittrici, blogger, esperte musicali e di serie tv, ricercatrici, social manager – che hanno raccontato cosa voglia dire crescere “femminista” e che significato abbia per loro questa parola.

«Oggi che molte battaglie sono state combattute e vinte, è tornato il momento di parlare e di insistere per una visione del mondo più ampia di quella maschile», dice Giusi Marchetta. «Ebbene, questa visione l’ho trovata spesso nei libri, nelle interviste, negli articoli delle donne che hanno accettato di scrivere le pagine di questo libro». Tutte le autrici del libro «hanno raccontato perché per le donne è tempo di andare avanti», dice Giusi Marchetti. «Questo non vuol dire pretendere che altri vadano indietro ma riconoscere che c’è un sistema che penalizza le donne e che questa disparità va sanata. Di più: vuol dire riconoscere il diritto alle ragazze di essere intere come dice bene Giulia Blasi, cioè tenute in considerazione anche se non si adeguano a una società che le vuole silenziose».

Che significa per te femminista?
La parola “femminista” per me indica una persona che ha deciso di stare dalla parte di chi subisce un’ingiustizia inflitta da una mentalità sessista. Una femminista si ribella all’idea che esistano dei ruoli prestabiliti da una società patriarcale, per cui ai maschi spettano dei compiti e delle responsabilità, alle donne altre. Oltre la questione di diritti, si parla anche di cambiare un immaginario che definisce un’idea di uomo e di donna e che esclude, marginalizza e usa violenza contro chiunque non corrisponda a questo modello (gli omosessuali o i transessuali ad esempio, ma anche donne semplicemente ambiziose e competitive). L’idea è quella di garantire a tutti il diritto di essere semplicemente se stessi.

Come hai scelto le donne che hanno contribuito alla stesura del libro?
Con la casa editrice abbiamo deciso di raccogliere alcune delle voci più interessanti in materia di femminismo degli ultimi anni. Le autrici che abbiamo scelto avevano trattato l’argomento da un punto di vista particolare che mi aveva colpito. Si tratta di scrittrici, blogger, ricercatrici, un’illustratrice che nei loro ambiti hanno dato vita a personaggi o progetti importanti per il femminismo italiano. Davvero non riesco a immaginare questo libro senza la loro voce.

Che vuol dire “Essere Te”?
Alla fine di tutte le ragazze avanti abbiamo dato la possibilità al lettore o alla lettrice di raccontare la propria esperienza e di condividere la propria opinione. Ci sembrava importante, dal momento che essere femminista significa proprio dare a tutti la possibilità di esprimere se stessi in modo libero e lontano dai vincoli di una società repressiva e maschilista. Quello che ci auguriamo è che chi legga si renda conto che essere femminista a volte significa semplicemente lottare per essere se stessi.

Cosa manca ancora oggi nella cultura e soprattutto nell’educazione delle persone per appianare le differenze tra la considerazione e il trattamento delle donne e quello degli uomini?
Secondo me manca una vera volontà di cambiare le cose da parte di chi è avvantaggiato sia della disparità economica nel trattamento lavorativo di uomini e donne, che dalla semplice convivenza con una fascia della popolazione che vive con meno diritti. A volte probabilmente manca proprio la percezione che sia in atto un’ingiustizia nei confronti delle donne in particolare. Sarebbe importante lavorare con le ragazze e i ragazzi fin dai tempi della scuola per incoraggiare un’interazione più sana e paritaria.

Perché si ha paura di dire: “Sono femminista”?
Il primo modo per attaccare chi rivendica un proprio diritto è sminuire la persona in questione. Per questo motivo il termine femminista è sempre stato considerato da una parte della società anche un insulto, ma soprattutto è stato utilizzato così per togliere forza a questa rivendicazione: in questo modo infatti le persone stesse avrebbe avuto paura di definirsi femminista per non essere attaccate o considerate estremiste o peggio “pesanti”. Invece essere femminista è una cosa bellissima. Di più: è una cosa dovuta. Se vogliamo che le nuove generazioni vivano in un mondo migliore dobbiamo come minimo dichiararci disposti a costruirlo insieme a loro.

Immagine di apertura tratta dalla storia realizzata da Giulia Sagramola "Le mie storie non sono neutre"


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