Nicolas Schmit

«Così costruirò il Piano d’Azione per il Pilastro sociale europeo»

di Redazione

Nella prima puntata de "I dialoghi con l'Europa", Luca Jahier incontra il Commissario europeo per l'Occupazione e i Diritti sociali in vista del Summit di Porto del 7 maggio: «Il Pilastro Sociale segna un principio importante su come dovrebbe essere organizzato il nostro sistema di protezione sociale. Il Piano d'Azione è il modo in cui possiamo tradurre questi principi in politiche concrete». L'economia? «Se non sarà sociale, servirà a ben poco»

Luca Jahier, ex Presidente del Comitato Economico e Sociale Europeo (Cese), l'organo dell'Unione Europea che rappresenta la voce della società civile europea, incontrerà con il ciclo di interviste "I dialoghi con l'Europa" personalità e autorità politiche dell'Unione. La prima puntata, dal titolo "Le sfide del Piano d'azione sul Pilastro sociale dell'UE in vista del Summit di Porto del 7 maggio", è una conversazione con Nicolas Schmit, parlamentare europeo lussemburghese, del gruppo dell'Alleanza Progressista dei Socialisti e dei Democratici (S&D) che nella Commissione Von Der Leyen è Commissario per l'occupazione e i diritti sociali. All'interno del testo è disponibile il video integrale del dialogo in lingua inglese.


Luca Jahier: La dimensione sociale della costruzione dell'UE per lei è sempre stata una priorità. Vorrei ricordare alcune iniziative chiave che ha intrapreso durante la Presidenza lussemburghese nel secondo semestre del 2015, come, anche il forte sostegno fornito all'iniziativa Junker per l'adozione del Pilastro per i diritti sociali a Göteborg, nel novembre 2017.

Lo scorso 4 marzo lei ha presentato l'iniziativa del Piano d'azione sul Pilastro Sociale. Sappiamo tutti che senza una forte dimensione sociale, non ci saranno una transizione verde e digitale sostenibili. Come lei ha ricordato molto spesso, uno degli ultimi barometri afferma che l'88% dei cittadini dell'UE considera questa dimensione come la propria priorità principale. Quali sono quindi i principali orientamenti, gli obiettivi e le azioni che propone nel suo ampio Piano d'Azione che diventerà il fulcro del dibattito in Europa nelle prossime settimane in vista del summit di Porto di inizio maggio?
Nicolas Schmit: Premetto innanzitutto che l'adozione del Pilastro Sociale, da parte della precedente Commissione, si è rivelata una svolta: ha aperto un nuovo approccio alle politiche europee. Anche questa Commissione, sin dall'inizio, ha dato segnali molto forti sullo sviluppo della dimensione sociale, come il salario minimo e il Piano d'Azione per attuare il Pilastro Sociale. Il Pilastro Sociale segna un principio importante su come dovrebbe essere organizzato il nostro sistema di protezione sociale. Il Piano d'Azione è il modo in cui possiamo tradurre questi principi in politiche concrete. Quali sono le priorità? In primo luogo, l'occupazione. Poiché siamo in crisi, siamo in un momento in cui la disoccupazione è aumentata, in particolare la disoccupazione giovanile; molti cittadini europei temono per il loro lavoro. L'occupazione resta quindi al centro delle nostre politiche. Questa è la nostra prima priorità, e quindi vogliamo incoraggiare gli Stati membri a fare di più, ad avere politiche occupazionali attive: abbiamo, fatto una proposta su come queste politiche occupazionali dovrebbero essere organizzate. Poi c’è la gender equality, un tema molto legato alle politiche per l'occupazione, perché alcuni Stati membri – compresa l'Italia – hanno ancora un tasso di occupazione femminile molto basso. Questi Paesi devono essere incoraggiati ad aumentare questo tasso, il che implica la necessità di ridisegnare le politiche sociali: migliore assistenza all'infanzia, migliori equilibri tra vita professionale e vita privata e via dicendo: tutto ciò contribuisce a ridurre il divario di genere nell'occupazione. Terzo punto: investire nelle persone. Siamo nel mezzo di una grande trasformazione: economica, ma soprattutto ci riferiamo alla trasformazione verde, al green deal e alla rivoluzione digitale. Molti posti di lavoro cambieranno, e molti scompariranno, ma ci saranno anche molti posti di lavoro nuovi. Un esempio? Le batterie. In quel settore verranno creati migliaia di posti di lavoro. E una delle principali preoccupazioni dei produttori è: riusciremo a trovare i talenti necessari a questa nuova industria? Abbiamo le persone giuste? Quindi, c'è bisogno di investire di più sulle competenze, c'è bisogno di riqualificazione, c'è un bisogno di miglioramento delle competenze, c'è bisogno di apprendimento permanente. Altro punto: in Europa il livello di povertà è ancora troppo elevato. Dobbiamo fare di più per combattere la povertà, perché la posta in gioco è la coesione della nostra società. Abbiamo la sensazione che la disuguaglianza stia aumentando, che molte persone siano escluse, proprio nel momento in cui abbiamo bisogno di tutti. Pertanto, la Commissione insisterà molto sulla lotta alla povertà e, in particolare, alla povertà infantile.

J: Invito i lettori a visitare il sito web della Commissione, perché è molto ben fatto e fornisce ampi strumenti per capire l’ampiezza e la ricchezza del Piano d'Azione. La Presidenza portoghese dell'Unione Europea con il primo ministro Antonio Costa ha posto il Pilastro Sociale in cima alla sua agenda. Lo scorso gennaio, ha affermato, infatti, che il Pilastro è il miglior vaccino contro le disuguaglianze sociali, il populismo e la paura, ed è per questo che la presidenza portoghese ha pianificato l’iniziativa del Summit di Porto il 7 di maggio, che sarà interamente dedicato al Piano d'Azione sul Pilastro Sociale. La mia domanda è: cosa si aspetta concretamente da questo Vertice, al di là delle parole e delle dichiarazioni, sapendo che ci sono già forze che non condividono questa direzione, o, meglio, che condividono l'obiettivo principale ma sollevano una fortissima opposizione a misure concrete, come ad esempio quella sul salario minimo? Nove Stati membri hanno già avanzato preoccupazioni di natura giuridica, e una parte importante della comunità imprenditoriale si oppone fermamente a questa misura…
S: Il Presidente della Commissione, la signora Von Der Leyen, ha affermato che ora stiamo davvero mettendo l'idea di un'economia sociale di mercato al centro dello sviluppo, e che non c'è opposizione tra il sociale e l'economico; dobbiamo integrare il sociale nelle nostre politiche economiche e di sviluppo. È estremamente importante far passare questo messaggio. Penso che il Vertice di Porto dovrebbe essere il momento in cui, finalmente, l'Europa indica chiaramente questa combinazione di un’economia efficiente, competitiva e innovativa – economia di mercato – e di un’economia sociale, un'economia con obiettivi sociali molto chiari. Penso che questo sia il messaggio che deve emergere da Porto. Mi aspetto che il Consiglio Europeo sosterrà il Piano d'Azione, così come le parti sociali– gli attori dell'economia sociale, ma anche altri stakeholder – che si incontreranno il 7 maggio a Porto. Abbiamo bisogno di infrastrutture sociali, più che mai. Abbiamo bisogno di un buon sistema sanitario, abbiamo bisogno di politiche per l’infanzia, per l'istruzione. Quindi, dobbiamo investire in questi campi per rendere la nostra economia, ma anche la nostra società, più resiliente, più forte. E direi che abbiamo bisogno di vaccini contro il virus, ma dobbiamo anche essere vaccinati contro il populismo, perché il populismo non ha progetti per il futuro, non ha proposte reali. Guardando ai recenti sondaggi sull'Europa sociale, possiamo vedere che i cittadini affermano, con una stragrande maggioranza, l’88% – e una stragrande maggioranza anche in Italia – di ritenere l’Europa sociale importante. Non in modo astratto, ma per loro personalmente, perché capiscono molto bene che se l'Europa non integra la dimensione sociale nelle sue politiche, e lascia questo compito solo agli Stati membri, non funzionerà.


La videointervista integrale in lingua inglese

J: L’Italia non è stata solo il Paese più colpito in Europa dalla pandemia, per numero di morti e contagi – ma anche i dati sulla disoccupazione, la disoccupazione giovanile e di genere in primis, e quelli sulla povertà, sono da tempo molto negativi. L'Italia è già stata il primo destinatario di uno degli strumenti più innovativi messi in campo dall'Europa per rispondere alla pandemia, SURE, possiamo dire il primo Eurobond sociale nella storia d'Europa, che è stato un successo. Roma ha ottenuto 27 miliardi, più di un quarto del pacchetto globale. L’Italia dovrà però concentrarsi nei mesi a venire per affrontare queste sfide sociali, questi squilibri, questa mancanza di coesione, anche nel quadro del piano nazionale di ripresa e resilienza, che deve essere anche sociale. Quale strada prendere?
S: Come ha ricordato lei, l'Italia è stata molto colpita da questa pandemia, ma è anche vero che ha avuto, per troppo tempo, una crescita molto bassa, un'economia stagnante. Penso che ora ci sia un'opportunità – anche per altri Stati membri, ma in particolare per l'Italia – per rilanciare importanti investimenti, per modernizzare l’economia, per modernizzare i sistemi sociali e la pubblica amministrazione. L'Europa ha scelto la via della solidarietà, ha costruito questa struttura di recupero e resilienza, e ora ogni Stato membro deve lavorare per usare davvero in modo utile ed efficiente questi fondi, per rilanciare l'economia ma anche per rafforzare il tessuto sociale. Penso che investire nell'istruzione, investire nelle competenze, investire nella formazione professionale, cercare di ridurre i divari regionali, siano tutti sforzi estremamente importanti per l'Italia, ma che siano importanti anche per l'Europa. Il programma SURE è stato lanciato per affermare che esiste un modello in cui è possibile salvare posti di lavoro, aiutare le aziende e anche preservare i redditi delle persone. Per ragioni sociali, ma anche per ragioni economiche. Questa era l'idea di SURE, che è stato un successo, 19 Stati membri lo hanno utilizzato: l'Italia è stato uno dei principali beneficiari. Ci proponiamo ora di proseguire con SURE laddove è necessario e di implementare politiche attive per aiutare le persone che hanno perso il lavoro, o che stanno per perderlo, a passare a nuove occupazioni. Esiste un nuovo progetto che l'Europa ha lanciato, chiamato EASE (Sostegno attivo ed effettivo per l’occupazione), che può essere integrato anche nei piani di ripresa nazionali, per investire in competenze, per aiutare le aziende ad assumere giovani o persone senza più occupazione.

J: Vorrei ricordare che per sua iniziativa, la Presidenza lussemburghese del Consiglio Europeo ha adottato importanti conclusioni sull'economia sociale, il 7 dicembre 2015, che rimangono, per il momento, uniche. Lei ha anche annunciato e avviato il processo di consultazione che, per l'autunno di quest'anno, dovrebbe portare a un Piano d'Azione per l'economia sociale. Quale dovrebbe essere il legame tra questo Piano d'Azione e il Piano d'Azione per il Pilastro Sociale che è già stato messo in atto?
S: Mi piace la formula usata dal presidente Usa Joe Biden, che dice: "Ricominceremo meglio" (“We’ll build back better”). Ci sono molte e forti richieste sociali nella nostra società e penso che l'economia sociale possa rispondere a queste richieste. L'economia sociale è già, in molti Paesi – e l'Italia certamente è uno di questi – un attore importante, in termini di occupazione, in termini di contributo al PIL, ma anche in termini di innovazione. La presidentessa Von Der Leyen ha detto: "Voglio un'economia che lavori per le persone". Ebbene, se c'è un'economia che lavora per le persone, è l'economia sociale. Allora cosa possiamo fare con il Piano d'Azione? In primo luogo, mostrare chiaramente che l'economia sociale in Europa non è un settore marginale, bello, ma in fondo poco rilevante. Questo è un impegno politico e un segnale politico che dobbiamo dare. Dovremo quindi individuare le misure concrete per facilitare lo sviluppo delle organizzazioni sociali e delle imprese sociali. Dobbiamo acquisire competenze in molte aree, perché ci sono molte entità più piccole, che devono crescere, che devono diversificarsi, che devono innovare, perché la dimensione digitale non è solo per le aziende ad alte prestazioni, ma spetta anche all'economia sociale innovare e utilizzare gli strumenti digitali. Solo un esempio: parliamo molto di piattaforme e ci lamentiamo del fatto che, molto spesso, le piattaforme non rispettano i diritti sociali fondamentali e i diritti del lavoro. Ebbene, ora ci sono cooperative che creano piattaforme, garantendo diritti sociali a chi vi lavora. Quindi, c'è una chiara alternativa possibile che sta funzionando bene economicamente e, allo stesso tempo, promuove il rispetto dei diritti sociali fondamentali. Ci sono però delle difficoltà per il settore dell'economia sociale nel trovare i giusti finanziamenti, in alcuni Stati membri più che in altri. Dedicheremo quindi 1 miliardo di euro attraverso InvestEU per il settore dell'economia sociale e per le imprese sociali attraverso la Banca europea per gli investimenti. Per farlo dobbiamo studiare come anche le entità più piccole possano avere accesso a questo denaro, perché molto spesso i fondi ci sono, ma non è facile ottenerli. Questi sono alcuni elementi del “mio” Piano d'Azione, ma soprattutto, ancora una volta, sono un segnale politico del fatto che l'economia sociale è la nostra economia. E per farlo contiamo sulla partecipazione effettiva di tuti gli attori interessati, attraverso le consultazioni che sono in corso.


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