Idee Policy
Terzo settore e amministrazione pubblica: come costruire patti per il welfare territoriale
L'intervento del presidente della Diaconia valdese ripropone il modello toscano che si configura come un primo, significativo tentativo di istituzionalizzare la mobilitazione sociale, traducendola in impegni politici e finanziari definiti e misurabili

L’attuale configurazione del welfare italiano manifesta una progressiva asimmetria tra l’evoluzione dei bisogni sociali e l’adeguatezza delle risposte istituzionali. Tale scollamento è il prodotto congiunto di politiche restrittive, tanto sul piano decisionale quanto allocativo, che hanno eroso il perimetro dell’universalismo, e delle profonde trasformazioni demografiche che attraversano il Paese. In questo scenario, i modelli di rappresentanza tradizionali si dimostrano inefficaci.
Esperienze recenti, quali il convegno promosso a Torino il 12 giugno da numerose realtà del Terzo Settore e il “Patto per il welfare in Toscana” (sottoscritto nel febbraio 2025), indicano l’urgenza di un rinnovamento paradigmatico. Quest’ultimo, in particolare, si configura come un primo, significativo tentativo di istituzionalizzare la mobilitazione sociale, traducendola in impegni politici e finanziari definiti e misurabili.
Il Patto toscano trascende la natura di semplice intesa per qualificarsi come un autentico dispositivo istituzionale, una “tecnologia sociale” concepita per attivare processi stabili di co-governance. Il suo valore risiede nell’architettura metodologica, articolata su principi fondanti chiari e replicabili, che strutturano la conversione delle istanze sociali in politiche concertate: un modello strutturato, misurabile e replicabile, che traduce rivendicazioni in politiche pubbliche condivise.
I fondamenti principali del Patto toscano sono cinque:
- Visione e analisi condivisa. Il Patto parte da una visione comune di welfare universalistico e inclusivo per contrastare le diseguaglianze ed è sottoscritto da Regione Toscana, confederazioni sindacali (Cgil, Cisl, Uil), cooperazione sociale (Confcooperative, Legacoop, Agci), Aziende Pubbliche di Servizi alla Persona (Aret) e Diaconia Valdese. Innovativo è il coinvolgimento congiunto di produttori di welfare e sindacati, che tutelano sia i lavoratori che gli utenti. Questa convergenza rafforza la legittimità del Patto, concepito come un processo aperto a ulteriori adesioni.
- Integrazione delle policy. Per favorire l’integrazione delle policy, il Patto abbandona la logica settoriale e promuove azioni trasversali. Queste riguardano l’assistenza agli anziani non autosufficienti e lo sviluppo di servizi residenziali e semiresidenziali per la disabilità, ma anche la creazione di percorsi di cura per le dipendenze e il potenziamento delle misure di contrasto alla povertà. L’approccio integrato si concretizza infine attraverso l’istituzione di un Tavolo permanente per minori e famiglie e la valorizzazione delle Asp quali centri di innovazione per i servizi.
- Qualità del lavoro e dei servizi. La qualità dei servizi è legata alla dignità del lavoro. Il Patto contrasta il dumping contrattuale con impegni precisi per la Regione Toscana nel riconoscimento dell’applicazione del trattamento economico e normativo dei contratti collettivi più rappresentativi nell’adeguamento degli accordi/convenzioni. Ciò garantisce che i rinnovi contrattuali non penalizzino i servizi o i lavoratori.
- Investimenti strategici. Il welfare non è un costo ma un investimento. Il Patto prevede risorse pubbliche aggiuntive per il triennio 2025-2027, a copertura dei maggiori costi derivanti da rinnovi contrattuali e aggiornamento delle tariffe. Si consolida così il welfare come leva di coesione e benessere.
- Governance multilivello. Si istituiscono tavoli stabili per la co-progettazione e il monitoraggio delle policy, con mandato su: contratti di lavoro, compartecipazione alla spesa, tariffe, modelli innovativi nelle strutture pubbliche. Il confronto permanente sostituisce la gestione emergenziale.
Una proposta replicabile
L’esperienza toscana e l’avvio della riflessione piemontese sottolineano che per costruire un welfare partecipato e sostenibile sono necessari strumenti istituzionali innovativi, fondati su alleanze ampie e trasversali a livello territoriale. La trasformazione di queste pratiche positive in un modello replicabile richiede la definizione di un percorso strategico e operativo, che mantenga però la flessibilità necessaria per adattarsi ai bisogni e alle specificità di ogni contesto locale.
I presupposti per un’alleanza strategica
- Cambiare prospettiva: dal costo all’investimento. È fondamentale partire da una scelta condivisa: considerare il welfare un sistema universalistico e inclusivo. Questo significa superare la visione del welfare come costo per riconoscerlo come investimento strategico nel futuro del Paese. Un simile cambio di prospettiva deve fondarsi su una diagnosi rigorosa e oggettiva dei problemi, così da legittimare le richieste e creare un terreno comune per l’alleanza.
- Garantire la dignità del lavoro. La qualità del welfare è legata alla qualità del lavoro di cura. È necessario “curare i salari di chi cura” per evitare che il settore scivoli nel lavoro povero. Muovendosi nella direzione di un contratto unico di settore, va inoltre considerato che il rinnovo contrattuale dei circa 700.000 lavoratori del Terzo Settore non è una questione marginale, ma un perno finanziario e qualitativo dell’intero sistema.
- Costruire un’alleanza allargata verso la co-governance. È essenziale promuovere un’alleanza stabile tra enti del Terzo Settore, organizzazioni sindacali e rappresentanze degli utenti e dei loro familiari. Una governance condivisa è la chiave per un welfare realmente partecipato, un approccio che trova solido fondamento giuridico negli articoli 55 e 56 del Codice del Terzo Settore.
Un percorso operativo in tre fasi
- Fase 1: forgiare la coalizione regionale. Il processo deve partire da un nucleo coeso di promotori che rappresentino i tre pilastri del welfare: erogatori, lavoratori e utenti. Questo nucleo, cercando di coinvolgere la Regione, deve avviare una mappatura degli attori rilevanti e lanciare un “appello all’azione” per aggregare il maggior numero di adesioni, come avvenuto in Toscana e sta accadendo in Piemonte.
- Fase 2: elaborare la piattaforma per la co-governance. La coalizione deve elaborare un documento di analisi rigoroso sullo stato del welfare regionale. Su questa base, vengono definiti obiettivi strategici e identificate le leve finanziarie e di policy necessarie per raggiungerli: quali leggi modificare e quali capitoli di bilancio incrementare.
- Fase 3: ottenere la sottoscrizione del patto. L’obiettivo finale è ottenere una firma pubblica e formale del patto da parte del Presidente della Regione, così da trasformare la proposta in un impegno istituzionale vincolante. In assenza di tale firma, il documento diventa una piattaforma rivendicativa per costruire alleanze e influenzare l’orientamento regionale.

Il welfare come scelta collettiva
I Patti territoriali non sostituiscono, ma integrano, le grandi reti di coesione nazionale come, per esempio, il Patto per un nuovo welfare sulla non autosufficienza, l’Alleanza contro la Povertà e l’ASviS, a cui gli stessi promotori dei patti spesso aderiscono. Il loro focus è sul territorio perché il welfare non è un bene comune per natura, ma lo diventa attraverso una scelta collettiva: quella di una comunità che, a partire dalle proprie specificità, decide di investirvi risorse, di gestirlo in modo partecipato e di proteggerlo.
I Patti per il Welfare rappresentano quindi lo strumento più evoluto per trasformare questa scelta in una realtà istituzionale. Diventano il luogo in cui la comunità si fa co-autrice del proprio sistema di benessere, dando voce a chi oggi è marginale nel dibattito pubblico e fondando una nuova alleanza sociale. Costruire un patto, in quest’ottica, non è solo un modo per difendere i servizi, ma un atto fondativo di democrazia, la condizione essenziale per garantire a tutti voce, dignità e partecipazione. Difendere e riformare il welfare oggi significa rifondare la cittadinanza e gettare le basi per una società giusta. Una società da proteggere con tenacia e innovare con coraggio.
Credit foto Pixabay: il Duomo di Firenze
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