Minori e salute
Quando l’estate vuol dire abbuffata di alcol. Anche a 12 anni
Da inizio giugno a inizio agosto sono stati 24 i minori ricoverati all’ospedale Bambino Gesù di Roma per abuso soprattutto di bevande alcoliche. «L’età media si abbassa sempre di più, alcuni hanno 12 anni», dice Sebastian Cristaldi, responsabile del Pronto soccorso dell’ospedale pediatrico Bambino Gesù di Roma. Marco Marano, responsabile Centro Antiveleni Bambino Gesù: «I giovanissimi bevono tra binge drinking, riti di iniziazione e drunkoressia». Massimiliano Zano, comunità Il Ponte di Civitavecchia (Roma). «Oltre all’abuso di alcol, tra le droghe la fanno da padrone la cocaina e il crack»

Con la chiusura delle scuole, come ogni anno, aumentano gli accessi al pronto soccorso dell’ospedale Bambino Gesù di Roma per abuso di alcol e, in alcuni casi, di altre sostanze: da inizio giugno a inizio agosto sono stati 24. «Negli ultimi quattro anni, abbiamo registrato ogni estate, rispetto alla precedente, un aumento di accessi di due-tre casi», dice Sebastian Cristaldi, responsabile del Pronto soccorso dell’ospedale pediatrico Bambino Gesù di Roma. «In questo periodo il fatto che manca la scuola, che gli adolescenti sono più liberi e hanno una maggiore autonomia rispetto a un po’ di anni fa, si arriva più facilmente all’abuso di alcol, alla bevuta oltre misura. È molto preoccupante l’abbassamento dell’età: alcuni sono bambini di 12 anni».
Due terzi degli accessi per intossicazione alcolica
Su 24 ingressi in pronto soccorso per abuso di sostanze, 16 sono arrivati in ospedale per intossicazione alcolica. In sei casi gli alcolici sono stati associati all’uso di sostanze stupefacenti, in particolare cannabinoidi. In un caso l’alcol è stato associato alla cocaina e in un altro caso il ricovero c’è stato per uso solo di cocaina. Tre minori sono arrivati in coma etilico, uno di essi aveva abusato di alcol insieme a sostanze stupefacenti. «Il dato realmente preoccupante è quello dell’età. Fino a quattro anni fa, la media era di 14-17 anni, quindi il caso anagraficamente più significativo aveva 14 anni. Adesso, purtroppo, abbiamo casi di ragazzini di 12 anni, che non partecipano alla movida, ma vengono lasciati da soli in casa e hanno accesso agli alcolici, che nessuno di noi pensa ovviamente di tenere sotto chiave», continua Cristaldi.
«Negli ultimi due casi è successo proprio questo. L’ultimo accesso al pronto soccorso ha riguardato un dodicenne, arrivato in stato di pre-coma, che era stato lasciato in casa con due amici, quando i genitori sono rientrati l’hanno trovato completamente ubriaco».
I danni da adulti
Cosa fa il pediatra di pronto soccorso quando arriva un ragazzo con intossicazione alcolica? «Ne valuta le condizioni, lo recupera da un punto di vista clinico con la terapia necessaria, quando si riprende spesso non lo ricovera. Il coma etilico è la condizione clinica peggiore con cui possono arrivare, ma ci sono situazioni che da un punto di vista clinico che hanno un impatto meno significativo in acuto», prosegue Cristaldi. «L’uso cronico dell’alcol in età adolescenziale porta a danni nell’età successiva, da adulti si ammaleranno prima: compariranno prima le problematiche cardiovascolari, le situazioni di disfunzioni d’organo in termini di alterazioni del metabolismo. Al di là del danno organico, del fatto che è un soggetto che ha un maggior rischio di obesità, anche da un punto di vista neurologico c’è un decadimento precoce: avremmo dei giovani adulti che avranno più difficoltà nell’apprendimento universitario».
«Il vero problema sono i ragazzi che non arrivano in ospedale»
D’estate ai ragazzi capita più di frequente di bere oltre misura «ma d’inverno non è che non succede, capita nel weekend. Ai ragazzi che arrivano da noi e alle loro famiglie un’azione di informazione, se non preventiva almeno in termini di prospettiva, gliela diamo, spiegando cosa abbiamo fatto per trattarlo, come l’abbiamo tirato fuori da quella situazione, fosse anche solo l’idratazione di un minore che vomita. La mia preoccupazione più grande, il vero problema, sono i ragazzi che non arrivano in ospedale», afferma Cristaldi.
«Spesso la sintomatologia clinica è tale per cui l’adolescente torna a casa il venerdì o il sabato sera ubriaco, si mette a dormire, si sveglia a mezzogiorno e i genitori neanche hanno la percezione di quello che è successo. L’assistenza, se non vengono a chiedere aiuto, è impossibile. A mio avviso, scuola, social (che spesso sono veicolo di informazioni sbagliate) e medicina del territorio dovrebbero essere i tre canali più importanti che dovrebbero, a tamburo battente, lavorare su questa problematica».
La degenerazione organica per la continuità delle abbuffate alcoliche
Secondo Cristaldi il problema non sono i ragazzi che hanno «una sbornia o sbronza una volta nella vita, quella che qualcuno di noi si ricorda perché è stato un episodio. Qui parliamo di adolescenti che lo fanno in maniera costante, che hanno presente quali sono i limiti per cui spesso fanno la buffata alcolica, ma non arrivano ad avere una sintomatologia clinica che li porti ad essere accompagnati in ospedale. Con uno-due giorni di recupero apparentemente ripartono in maniera normale, ma in realtà la continuità di questi comportamenti porta a una degenerazione organica significativa, tra l’altro dimostrata». I ragazzi arrivano in ospedale portati dai genitori o dagli amici. «Un fatto molto brutto che vediamo è che gli adolescenti che vengono accompagnati al pronto soccorso dagli amici spesso sono lasciati da soli. Questo dà una sensazione della precarietà rispetto alla stabilità dei rapporti».
Il binge drinking
«Quando un adolescente abusa di alcol il pericolo è per lui e per le persone che gli stanno intorno, ad esempio se guida una minicar o uno scooter, oppure se ha dei comportamenti aggressivi. L’abuso di alcol porta ad un’alterazione dei riflessi, con un’incapacità di coordinazione motoria», dice Marco Marano, responsabile del Centro Antiveleni dell’ospedale Bambino Gesù di Roma.

«I ragazzi che abusano di alcol, durante una festa, in discoteca o al bar, a volte bevono in maniera smodata attraverso un comportamento abbastanza diffuso che è il binge drinking, la modalità di incontrarsi e bere il più possibile, per cercare di stordirsi. Le conseguenze di un’esposizione alle sostanze alcoliche nell’età evolutiva, dal punto di vista fisio-patologico, sono date dal fatto che durante l’adolescenza la regione del cervello è in fase di sviluppo e di maturazione. Questa maturazione può essere bloccata o rallentata oppure alterata a seguito dell’esposizione all’alcol».
Tra alcol e energy drink, riti di iniziazione e drunkoressia
Per reggere meglio l’alcol, gli adolescenti fanno anche un uso associato di energy drink «perché all’interno ci sono degli eccitanti, come la caffeina e il guaranà. Il problema è che i ragazzi li usano nella speranza di reggere meglio l’alcol, ma in realtà diminuisce la percezione, rallenta un po’ l’effetto down delle bevande alcoliche e, di conseguenza, assumono quantità maggiori di alcol», continua Marano. Tra i 10 e i 12 anni «è l’età in cui i ragazzi possono essere indotti a bere, per essere accettati devono adeguarsi ai comportamenti di un gruppo. Quindi si tratta di comportamenti rituali di iniziazione. In alcuni casi, si verifica la drunkoressia: gli adolescenti evitano di mangiare alimenti per continuare a bere alcolici senza il rischio di ingerire troppe calorie e ingrassare».
In comunità da 14 anni, soprattutto per alcol, cocaina e crack
«Le richieste nella nostra comunità le riceviamo anche per quattordicenni. Noi accogliamo minori e giovani adulti di massimo 22 anni, con problemi di dipendenze», dice Massimiliano Zano, responsabile della comunità Il Ponte di Civitavecchia (Roma). «Attualmente ospitiamo circa 40 ragazzi. Oltre all’abuso di alcol, tra le droghe la fanno da padrone la cocaina e il crack, che è la cocaina fumata, “cotta” come dicono i ragazzi. L’uso della cocaina associata all’alcol spesso porta a stati di agitazione. Se prima il rischio era l’overdose, che è pericoloso, mortale però non dà stati di agitazione psicomotoria, cocaina e alcol associati diventano un’altra sostanza ancora, portano allo sviluppo di paranoie e soprattutto di psicosi».
Il delivery delle sostanze
Oltre ad alcol e cocaina, arrivano in comunità ragazzi che abusano di farmaci, «benzodiazepine in particolare perché sono facilmente reperibili, anche a pochi euro per strada. Le benzodiazepine devono essere prescritte da un medico sotto controllo, ma ci sono delle ricette che vengono rivendute e si crea un commercio. Oggi con internet ordini quello che vuoi, c’è un delivery molto organizzato delle sostanze in alcune città, ad esempio a Roma, e si scende anche poco in piazza».

Tra astinenza, non gestione del comportamento e autolesionismo
Zano sottolinea che «nei giovani c’è un grosso problema anche di uso di thc (tetraidrocannabinolo) che non va sottovalutato, le canne: il thc di oggi è molto più concentrato di quello degli anni ’70-’80, spesso si innescano episodi di psicosi. Oggi è diventato sempre più complicato gestire l’arrivo in comunità dei ragazzi. Un tempo, anche con l’aiuto del metadone e delle famiglie che spingevano per aiutare i figli, avevamo una rete e riuscivamo in qualche modo a contenere la forte astinenza iniziale. Adesso non si parla solo di astinenza, ma di compulsione, non gestione del comportamento, atteggiamenti dirompenti, autolesionismo», prosegue Zano. «A causa dell’evoluzione del fenomeno delle dipendenze, attiviamo continuamente dei percorsi di revisione, aggiornamento e rivalutazione delle pratiche terapeutiche, e di organizzazione dei modelli gestionali».

Foto di apertura di Tobias Tullius su Unsplash e, nel testo, della comunità Il Ponte di Civitavecchia (Roma)
Nessuno ti regala niente, noi sì
Hai letto questo articolo liberamente, senza essere bloccato dopo le prime righe. Ti è piaciuto? L’hai trovato interessante e utile? Gli articoli online di VITA sono in larga parte accessibili gratuitamente. Ci teniamo sia così per sempre, perché l’informazione è un diritto di tutti. E possiamo farlo grazie al supporto di chi si abbona.