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Cop28

Africa, il cambiamento climatico sta spazzando via le infrastrutture

«L’Africa sub-sahariana è la zona più colpita dal cambiamento climatico, ed anche la più povera del continente», spiega Martin Muchangi, direttore per la salute della popolazione e l'ambiente di Amref Health Africa, che ha partecipato alla Cop28. «Le infrastrutture di questi Paesi si stanno deteriorando, quindi viene meno anche l'accesso ai servizi sociali come la salute. Bene il fondo "Loss & Damage" per le perdite e i danni irreparabili provocati dalla crisi climatica per le popolazioni più fragili e povere, ma non basta»

di Anna Spena

La conferenza delle nazioni unite sui cambiamenti climatici del 2023, Cop28, è stata la XXVIII conferenza delle parti della Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici e si è tenuta all’Expo City di Dubai, sotto la presidenza degli Emirati Arabi Uniti, dal 30 novembre al 12 dicembre 2023. Quali sono stati i risultati raggiunti? Intervista a Martin Muchangi, direttore per la salute della popolazione e l’ambiente di Amref Health Africa, la più grande organizzazione umanitaria che si occupa di salute in Africa. 

Lei ha partecipato come delegato di Amref alla Cop28. Quali sono stati gli aspetti positivi e quali quelli negativi?

Ho partecipato alla Cop28 e più specificamente mi sono concentrato sulle iniziative sanitarie e sull’agenda sanitaria presentata in convocazione. Quindi voglio iniziare dicendo che è stata la prima Cop in cui la giornata della salute è stata interamente dedicata alla discussione di questioni relative al cambiamento climatico e di come questo influisce sulla salute. E in quel giorno sono emerse molte cose che valuto come positive. Abbiamo avuto la possibilità di ascoltare diverse proposte dei ministri della sanità di tutto il gruppo. E una cosa fondamentale che è emersa è che i ministeri della salute sono pronti a lavorare a stretto contatto con altri settori per garantire che la salute sia integrata nelle azioni per il clima.


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La seconda è che c’è sempre più consapevolezza del fatto che il clima sta influenzando il settore salute. Devo ammettere che però gli eventi programmati durante la giornata della salute erano congestionati. E quindi alcuni messaggi si incrociavano più o meno. E così, in termini di coerenza, in termini di riunire tutti i messaggi, in termini di parlare di un cambiamento comune, quell’opportunità è andata persa. 

È stato raggiunto un accordo per rendere operativo il piano “Loss&damage”, per risarcire i Paesi più poveri e vulnerabili del mondo per le perdite e i danni subiti a causa del cambiamento climatico. Come commenta questo segnale? Lo stanziamento non è irrisorio rispetto ai bisogni? Come verranno utilizzati questi fondi?

Apprezzo gli impegni assunti da diversi Paesi, e soprattutto da quelli del Nord: sono fondamentali. E vorrei dire che siamo grati, soprattutto dal Sud del mondo, a tutti quei Paesi che si sono impegnati a fornire una sorta di finanziamento. Sfortunatamente, se si considera l’importo totale degli impegni rispetto alla domanda, non siamo all’altezza. Esiste una semplice analisi che ha dimostrato che se prendi tre giocatori di calcio più pagati come Ronaldo, Messi e Neymar dal Brasile, hanno un portafoglio totale di guadagni che è superiore a tutto ciò che è stato impegnato dal Brasile. E questo è un peccato. Ma dà anche il beneficio del dubbio che si tratti di un fondo in crescita, e quindi prevediamo che con il tempo questo fondo per perdite e danni crescerà. Il secondo punto che vorrei sollevare sul tavolo è che si propone che il fondo per perdite e danni venga amministrato attraverso le istituzioni di Bretton Woods (gli accordi di Bretton Woods sono un compromesso tra i due piani, in cui ha avuto più peso il piano White. Tali accordi prevedevano: la creazione del Fondo monetario internazionale, a cui fu affiancata la creazione della Banca internazionale per la ricostruzione e lo sviluppo ndr). E questa è una buona cosa. Ma sfortunatamente, le istituzioni di Bretton Woods, come la Banca Mondiale, normalmente funzionano attraverso meccanismi multilaterali, cioè accordi di tipo governativo. Sebbene questa sia una buona opportunità, c’è il pericolo di escludere altri attori, in particolare gli attori della società civile, gli attori del settore privato, dall’accesso ai finanziamenti e dall’utilizzo di tali finanziamenti nel modo più efficace ed efficiente che possa fornire risultati per le comunità che stanno già subendo perdite e danni. Quindi, andando avanti, dobbiamo tutti  porci la domanda: le istituzioni di Bretton Woods e i meccanismi che stanno mettendo in atto per amministrare questo fondo sono il modo migliore per farlo?

Il continente africano è il meno colpevole del cambiamento climatico e tuttavia è quello che lo subisce di più. A farne le spese sono sempre i più poveri. Qual è il rapporto tra salute e clima e tra clima e povertà?

Il cambiamento climatico colpisce il Sud del mondo in modo maggiore rispetto al Nord del mondo. L’Africa sub-sahariana è addirittura la zona più colpita. È qui che i livelli di povertà sono più alti. È qui che l’indice generale di sviluppo umano e le economie di quei Paesi sono generalmente poveri o bassi. E quindi, in questo caso, gli impatti dei cambiamenti climatici, come siccità o inondazioni, stanno aggravando le sacche di povertà perché, in primo luogo, influenzano le basi della produttività economica. Quando si guarda all’agricoltura, alla creazione di posti di lavoro e tutto il resto, questo viene seriamente influenzato dal cambiamento climatico. Voglio fare un esempio molto rapido dei Paesi del Corno d’Africa, tra cui Kenya, Somalia ed Etiopia. In larga misura, questi Paesi hanno affrontato la siccità per anni consecutivi. E durante queste siccità, la maggior parte delle comunità, soprattutto quelle dedite alla pastorizia, hanno perso il proprio bestiame. Ciò significa che perdono i loro mezzi di sussistenza e non sono in grado di produrre qualsiasi forma di guadagno economico, che potrà poi essere investito in settori sociali come la sanità, l’istruzione e altri.

Quindi, in questo caso, voglio dire che l’Africa sub-sahariana è seriamente colpita. E i mezzi per adattarsi a questo tipo di impatti sono estremamente scarsi. I governi al loro interno non sono preparati a facilitare l’adattamento delle comunità a questi eventi di cambiamento climatico. Gli investimenti del settore privato sono così bassi che non possono aiutare queste comunità a uscire da questo tipo di sfide. E questo include questioni legate anche alla fornitura di assicurazioni di base per garantire che una volta che si verificano queste perdite, le comunità siano coperte.

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Poi l’altro problema che voglio menzionare è che se si guarda alle infrastrutture nei paesi sub-sahariani il cambiamento climatico sta effettivamente diventando un grave disgregatore di queste infrastrutture, soprattutto quando piove. Arrivano le inondazioni, distruggono le strade, distruggono gli edifici, e questo ha conseguenze importanti in termini di accesso ai servizi sociali, tra questi l’accesso alla salute. Infatti se le strade sono invase le comunità non possono accedere alle strutture sanitarie. Semplicemente perché il cambiamento climatico sta davvero spazzando via le infrastrutture.

AP Photo/Kamran Jebreili


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