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Leggi e norme

Armi, così il Governo fa saltare la trasparenza

Rete italiana pace disarmo e Banca etica si mobilitano contro le modifiche alla legge 185/1990: sia preservata la trasparenza sulle esportazioni di armi

di Alessio Nisi

armi

Via i dettagli sulle forniture di armi italiane a paesi terzi, via l’elenco di quali banche e con quali cifre finanziano l’industria delle armi. Stop al confronto tra istituzioni e ong informate sulle violazioni di diritti umani nei paesi terzi. Stop alla possibilità di accompagnare le aziende nella conversione della produzione di armamenti in altro. Sono alcune delle modifiche alla legge 185/1990 sull’export di armi italiane ad opera di un disegno di legge del Governo. Le modifiche alla normativa sono già state approvate al Senato e, se lo fossero alla Camera, svuoterebbero la norma delle sue prerogative. Per questo un fronte di organizzazioni della società civile chiede, anche attraverso una petizione al Parlamento, di non peggiorare i meccanismi di autorizzazione e controllo e i presidi di trasparenza della legge.

Una norma di trasparenza

In particolare, spiega Anna Fasano, presidente di Banca Etica (tra i promotori della mobilitazione della società civile in difesa della legge 185/90), «si vuole eliminare l’articolo 27 che elenca gli istituti bancari autorizzati a finanziare l’industria delle armi», e «le cifre di tali finanziamenti». Una norma di trasparenza che negli anni, ricorda Fasano, «ha prodotto vari risultati tra cui le policy relative al commercio di armi, nate proprio su richiesta dei risparmiatori».

Una riforma che viaggia veloce

Una riforma, che sta procedendo rapidamente e potrebbe essere approvata entro luglio, che «non solo è anacronistica, ma anche in controtendenza rispetto alle richieste delle istituzioni europee, che sollecitano maggiore trasparenza da parte degli istituti bancari». Rimarca Fasano: «Non dimentichiamo poi che il nostro parlamento ha approvato l’educazione finanziaria nelle scuole» come elemento interno «all’educazione alla cittadinanza globale».

Da sinistra Laura Boldrini, Anna Fasano, presidente di Banca Etica e Francesco Vignarca,

Sono alcuni dei passaggi dell’allarme lanciato da Fasano in un incontro alla Camera alla presenza di Francesco Vignarca, portavoce della Rete italiana pace e disarmo, e di Laura Boldrini, deputata Pd e presidente del comitato permanente della Camera sui diritti umani nel mondo. Un appuntamento nato con l’obiettivo di richiamare l’attenzione sul tema, sulla petizione “Basta favori ai mercanti di armi”, per illustrare quanto espresso durante tre diverse audizioni presso le commissioni riunite Affari Esteri e Difesa. E per lanciare l’incontro pubblico in programma 17 aprile nella sede di Libera a Roma, in cui esponenti di tutte le forze politiche sono stati invitati a confrontarsi sul tema con la società civile.

Oltre le logiche del business e del fatturato

Per Vignarca «la legge 185 del 1990 era già una legge imperfetta, eppure è stata punto di riferimento a livello internazionale perché per la prima volta sanciva che la produzione di armi è atipica per l’impatto che ha su guerre, vite e diritti umani. Perciò, si stabiliva che va regolamentata con criteri che vanno oltre le logiche del business e del fatturato», vietando esplicitamente le autorizzazioni all’export ai Paesi coinvolti in guerre e violazioni dei diritti umani.

I meccanismi di controllo e trasparenza

Invece, secondo il portavoce della Rete italiana pace e disarmo, la riforma svuota la norma «dei meccanismi di controllo e trasparenza», a vantaggio di «guerre, violazioni dei diritti e corruzione a livello globale», in un’epoca in cui cresce l’allarme per il conflitto russo-ucraino, la guerra condotta da Israele nella Striscia di Gaza, le crescenti tensioni nel mar Rosso oppure la guerra civile in Sudan.

I dettagli del disegno di legge

Nel merito delle modifiche contenute nel disegno di legge proposto dal governo, Vignarca spiega: «Impediranno di conoscere tutti quei dettagli che, ad esempio, ci hanno permesso di intraprendere una causa legale contro l’Italia per la vendita armi ad Arabia Saudita e Emirati», e che sono state impiegate nella guerra nello Yemen. Un processo, ricorda Vignarca, che «si è concluso con una condanna: la sentenza ha riconosciuto che l’Italia, autorizzando la vendita di quegli armamenti, ha violato il Trattato internazionale sul commercio di armi». Per questo è anche importante che «il nuovo ddl contenga riferimento esplicito a quel Trattato, elemento che ora è assente».

L’accesso ai dati

Il ddl impedisce poi «l’accesso e la disponibilità di informazioni della Relazione fornita al Parlamento», e per questo chiede ai legislatori di far sì che tale Relazione contenga «indicazioni analitiche per tipi, quantità, valori monetari e Paesi destinatari delle armi autorizzate» non solo nell’interesse dei cittadini, ma del Parlamento stesso: «Se la vendita di armi è funzionale alla nostra politica estera, il Parlamento deve essere messo in condizioni di conoscere come si muove il settore per fornire il suo indirizzo politico».

La concorrenza e i numeri
dell’industria italiana di armi

Vignarca spiega che «l’industria delle armi contesta che la legge italiana pone un problema di concorrenza, ma questo non è vero: un’azienda francese non ha meno regole di una italiana, perché vincolata al rispetto dei trattati internazionali sul commercio di armi. Magari li applica in modo diversa, ma allora è un problema di applicazione, non di regole. Secondo, è falso sostenere che negli ultimi anni l’industria militare italiana è in sofferenza: la relazione del Parlamento relativa al 2023 rende conto di una crescita delle autorizzazioni alle vendite per un valore di 6,3 miliardi di euro, ossia il 24% in più del 2022.

Nell’ultimo quinquennio, stando a dati Sipri, l’industria militare italiana ha esportato l’86% in più». Ancora dati Sipri, denuncia Vignarca, «avvertono che il comparto dell’industria militare mondiale è responsabile del 40% della corruzione, pur rappresentando il 2-3% dell’industria globale». Favorire l’opacità, evidenzia, «genera un impatto maggiore in termini di violazioni di leggi e regole».

In apertura foto di Kevin Schmid per Unsplash. Nel testo immagine di Alessio Nisi


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