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Ricerche

Avere un figlio con disabilità: qual è l’impatto sulla famiglia?

Il lavoro, le spese sanitarie, il tempo libero, il benessere dei fratelli... è facile capire che la disabilità di un figlio impatta su tutta la famiglia. Ma quanto? Per la prima volta una ricerca di Fondazione Paideia mette in fila dei numeri. «Una fotografia che dice chiaramente che dobbiamo ripensare cosa significa oggi occuparsi di famiglie dove c’è una disabilità», dice il segretario generale

di Sara De Carli

Storie e testimonianze ne abbiamo e ne abbiamo sempre avute moltissime. Storie di diritti calpestati, di un’inclusione scolastica che c’è solo sulla carta, di informazioni nascoste come se fosse una caccia al tesoro, di un mondo del lavoro ostile, dell’impossibilità di un sollievo e di un tempo per sé, della solitudine. Quello che mancava erano i numeri: i numeri dell’impatto della disabilità sull’ecosistema familiare. I numeri, lo sappiamo bene, mancano in realtà anche per tratteggiare la realtà dei minori con disabilità, che dal punto di vista statistico per l’Italia è come se non esistessero (il Gruppo CRC che monitora l’attuazione in Italia della Convenzione Onu per l’infanzia e l’adolescenza nel suo report lo indica ogni anno come una priorità, finora inascoltato). Men che meno, quindi, esisteva una “mappa” che guardasse non solo ai bambini e ai ragazzi con disabilità ma anche alle loro famiglie e provasse a raccontarci con l’oggettività dei numeri che cosa succede quando in famiglia fa ingresso la disabilità.

Oggi questo vuoto ha una prima parziale risposta, grazie all’indagine realizzata da BVA Doxa e Fondazione Paideia, presentata nell’ambito di Inclusì, un festival dedicato all’inclusione, ai bambini con disabilità e a chi si cura di loro in corso a Torino in occasione dei 30 anni di Paideia.

Gli esiti più rilevanti? Partiamo dalla salute e dall’out of pocket: l’81% dei genitori di bambini o ragazzi con disabilità dichiara di aver acquistato prestazioni sanitarie private per i propri figli nell’ultimo anno, contro il 60% delle famiglie in cui non c’è un figlio con disabilità. Tra i primi, il 27% dichiara di aver speso più di 2mila euro, contro il 2% delle famiglie del secondo campione. Dalla salute al lavoro, le mamme e i papà che ritengono che l’essere genitore abbia “condizionato moltissimo” i loro possibili avanzamenti di carriera sono il 34% fra chi ha un figlio con disabilità: il doppio di quelli che non lo hanno (17%). E ancora, nel campione di genitori con un figlio con disabilità uno su due (51%) dichiara di aver vissuto un’esperienza di discriminazione sul luogo di lavoro, contro il 40% delle famiglie in cui non è presente un figlio con disabilità. Luci e ombre sulla scuola: da un lato quasi un genitore su tre, fra quanti hanno un figlio con disabilità (31%), ritengono che la scuola aiuti poco o nulla il figlio a sviluppare una maggiore autonomia e uno su quattro (26%) ritiene che la scuola aiuti poco o nulla nella socializzazione, ma più positivo di quanto si potesse immaginare è invece il dato relativo a ciò che pensano le altre famiglie della presenza nella classe dei propri figli di un alunno con disabilità. Il 9% dei genitori ritiene infatti che questa presenza condizioni negativamente le attività, o perché rallenta la didattica (4%) o perché rende più faticoso il clima in classe (5%), mentre ben il 77% ritiene che condizioni positivamente le attività scolastiche.

Il perimetro della ricerca

La ricerca è stata condotta attraverso 988 interviste online e telefoniche, a famiglie italiane con bambini e ragazzi fino a 18 anni di età. Hanno partecipato 295 famiglie con bambini con disabilità e 693 famiglie senza bambini o ragazzi con disabilità. L’indagine quindi, ove possibile, ha posto a confronto le evidenze provenienti dai due campioni. Il questionario è stato costruito a partire dal lavoro fatto da Paideia con dei focus group che hanno coinvolto operatori sociali, professionisti sanitari e familiari di bambini con disabilità. Da qui sono emerse le sette aree da indagare: rete e percezione di aiuto, scuola, servizi socio-sanitari, informazioni, tempo libero, lavoro, futuro dei figli.

La ricerca ha coinvolto 988 famiglie, di cui circa un terzo con un figlio con disabilità. Proprio la possibilità di mettere a confronto le risposte di questi due campioni mi pare sia una novità interessante del nostro lavoro.

Valeria Reda, BVA Doxa

«È stato molto interessante il lavoro di messa a punto dello strumento di indagine», racconta Valeria Reda, ricercatrice senior di Doxa, che ha condotto la ricerca. «Inizialmente avevamo pensato a un’indagine circoscritta alle famiglie con ragazzi con disabilità, individuate attraverso i canali della Fondazione Paideia: circa 200. Poi invece insieme abbiamo deciso di allargare l’indagine ad un campione generico di famiglie con figli minori e proprio la possibilità di mettere a confronto le risposte di questi due campioni mi pare sia una novità interessante della ricerca. Annoto peraltro che nel nostro panel di circa 800 famiglie, di cui a monte non sapevamo nulla rispetto alla presenza o meno di figli con disabilità, durante l’intervista è emerso che c’era un altro centinaio di famiglie con figli minori con disabilità».

Foto di Fondazione Paideia

L’obiettivo della ricerca

«Abbiamo scelto di promuovere questa indagine per allargare la visione e il dibattito oggi esistente sulla disabilità infantile e portare alla luce l’impatto che la nascita di un bambino o una bambina con disabilità genera su tutto il sistema familiare: madri e padri, ma anche fratelli, sorelle, nonni», – commenta Fabrizio Serra, segretario generale di Fondazione Paideia. «Siamo partiti dal vissuto dei genitori, mettendo a confronto le esperienze e i bisogni delle famiglie con bambini con disabilità con il resto delle famiglie italiane, per capire i punti di contatto e quelli in cui vivono una maggiore difficoltà, così da individuare gli ambiti più importanti su cui intervenire. Sicuramente la ricerca non è esaustiva, negli anni andremo avanti con l’obiettivo di tenere accesa questa attenzione rispetto all’impatto della disabilità sulla famiglia, consapevoli di quanto tutti questi fattori, sommati fra loro, aumentino il rischio di impoverimento e di solitudine che la disabilità porta con sé e il divario rispetto alle altre famiglie».

Abbiamo voluto verificare se le esperienze che i gruppi di genitori ci raccontano siano generalizzabili e se ci sono differenze nei territori. Il concetto che la disabilità abbia un impatto su tutta la famiglia è facilmente comprensibile, ma è molto più complesso dare una dimensione concreta a questa affermazione.

Fabrizio Serra, Paideia

Serra sottolinea proprio la volontà, con questa ricerca, di passare «dalla dimensione delle singole esperienze raccontate e una dimensione più generale. Abbiamo voluto vedere se c’era corrispondenza tra i racconti che raccogliamo e un quadro nazionale, se queste esperienze dei gruppi di genitori possono essere considerate generalizzabili e se ci sono o meno differenze nei territori. Il concetto che la disabilità abbia un impatto su tutta la famiglia è facilmente comprensibile, ma è molto più complesso dare una dimensione concreta a questa affermazione. Noi pensiamo che questa ricerca aiuti a fare dei passi in questa direzione: che cosa significa che la disabilità impatta su tutta la famiglia? Che impatta sul lavoro, sul tempo libero, sul portafoglio… Ecco, oggi abbiamo dei dati e speriamo che da questi dati si crei un dibattito su che cosa deve comportare oggi l’occuparsi di famiglie dove c’è una disabilità, come ripensare i servizi, come aumentare la sensibilità sui luoghi di lavoro… Questa fotografia dell’impatto dice chiaramente che oggi è necessario iniziare a pensare nuove forme di supporto alla genitorialità quando c’è un figlio con disabilità».

Questa fotografia dell’impatto dice chiaramente che oggi è necessario iniziare a pensare nuove forme di supporto alla genitorialità quando c’è un figlio con disabilità

Fabrizio Serra, Paideia

Sette aree di indagine, i principali esiti

RETE E PERCEZIONE DI AIUTO – Alla domanda “quanto si sente supportato da nonni, amici o altre persone (baby-sitter o figure esterne) nella gestione delle sue attività pratiche quotidiane?”, il 63% dei rispondenti che hanno figli con disabilità dichiara di sentirsi “molto” (29%) o “abbastanza” (34%) supportato, con valori simili che vengono rilevati per la parte di famiglie in cui non è presente un minore con disabilità. Rispetto alla risposta “molto”, i padri di bambini o ragazzi con disabilità si sentono più supportati (41%) delle madri (24%), le quali invece dichiarano nel 17% dei casi “per nulla” contro il 2% dei padri. La percezione di supporto, inoltre, risulta più forte a Sud e isole, con il 75% di genitori di bambini con disabilità che dichiarano di essere “molto” o “abbastanza” supportati rispetto al 59% del Nord Ovest.

La ricerca ha indagato anche la percezione rispetto al benessere all’interno del nucleo familiare. Il 36% delle madri di bambini o ragazzi con disabilità dichiara “poco” o “per nulla” soddisfacente il livello di benessere in quanto genitori, rispetto al 16% dei padri. Alla domanda “Nella sua famiglia, come valuta l’attuale livello di benessere di eventuali fratelli o sorelle (siblings)?” il 20% ha dichiarato “molto soddisfacente”, il 65% “abbastanza soddisfacente”, il 14% “poco soddisfacente” e l’1% “per nulla soddisfacente”. Al crescere dell’età dei fratelli con disabilità (e quindi anche dei siblings) corrisponde una diminuzione significativa della percezione del livello di benessere dei siblings (da 9% di risposte “poco o per nulla soddisfacente” nella fascia 0-5 anni del figlio con disabilità a 23% nella fascia 14- 18 anni).

SCUOLA – Per il 77% delle famiglie italiane in cui non è presente un figlio con disabilità, la presenza di bambini con disabilità condiziona positivamente le attività scolastiche, perché favorisce nuove forme di apprendimento (51%) o migliora il clima in classe (26%). Per il 14% la presenza di bambini con disabilità non condiziona in alcun modo le attività scolastiche (dato che si attesta al 7% per i genitori di bambini con disabilità), mentre secondo il 9% delle famiglie che non hanno figli con disabilità condiziona negativamente le attività perché rende faticoso il clima in classe (5%) o rallenta la didattica (4%), una voce che si ferma al 2% per quanto riguarda il Nord Ovest e che raggiunge l’11% per Sud e isole. Per quasi 1 genitore su 3 di bambini con disabilità la scuola aiuta “poco” (26%) o “per nulla” (5%) il figlio a sviluppare una maggiore autonomia, mentre il 26% dei genitori di bambini con disabilità ritiene che la scuola aiuti “poco” (21%) o “per nulla” (5%) nella socializzazione.

SERVIZI SOCIO-SANITARI – L’81% degli intervistati che hanno figli con disabilità ha dichiarato di aver acquistato prestazioni sanitarie private per i propri figli nell’ultimo anno, mentre il dato che riguarda le famiglie in cui non è presente un figlio con disabilità si ferma al 60%. Di questi ultimi, il 41% ha dichiarato di aver speso meno di 500 euro nell’ultimo anno, il 4% tra i mille e i 2mila euro e soltanto il 2% ha dichiarato una spesa superiore a 2mila euro. Tra i genitori di bambini con disabilità, invece, il 27% ha dichiarato di aver speso oltre 2mila euro nell’ultimo anno per l’acquisto di prestazioni sanitarie private per i propri figli e il 14% tra i mille e i 2mila euro.

INFORMAZIONI – Una parte dell’indagine si è concentrata sulla facilità di reperimento delle informazioni in merito a servizi socio-sanitari, scuola, tempo libero e diritti come genitori. La voce più negativa riguarda la facilità di reperimento di informazioni sulle risorse del territorio e l’impiego del tempo libero: per il 59% dei rispondenti che hanno figli con disabilità la facilità è “poca” (41%) o “nulla” (18%), rispetto al 35% delle famiglie in cui non è presente un figlio con disabilità.

TEMPO LIBERO E VACANZA – Alla domanda “quanto spesso riuscite a dedicarvi un’occasione di svago e tempo libero come adulti, senza bambini?”, il 36% delle famiglie con bambini con disabilità dichiara “mai” (40% delle madri rispetto al 25% dei padri), contro il 24% delle famiglie in cui non è presente un figlio con disabilità (29% delle madri rispetto al 18% dei padri). Oltre ai quesiti relativi al tempo libero, è stata formulata una specifica domanda relativa alle occasioni di “vacanza”. Le famiglie che dichiarano di godere di occasioni di vacanza “una volta l’anno” risultano il 57% di quelle in cui sono presenti bambini con disabilità rispetto al 62% di quelle in cui non sono presenti. Risulta identica la percentuale di rispondenti che dichiara di non usufruire “mai” di occasioni di vacanza come famiglia, il 9% di entrambi i campioni. Dato che arriva al 27% per quanto riguarda i genitori di bambini con disabilità con reddito fino a 1.500 Euro (due punti percentuali in più rispetto alle famiglie nella stessa fascia di reddito che non hanno figli con disabilità, al 25%).

LAVORO – Il 64% delle madri di bambini o ragazzi con disabilità ha dichiarato di aver chiesto la riduzione dell’orario di lavoro da quando è diventato genitore, rispetto al 42% delle madri che non hanno figli con disabilità. Divergente anche il confronto tra i padri: il 38% di chi ha un figlio con disabilità ha richiesto una riduzione di orario rispetto al 19% dei padri di figli che non hanno una disabilità. Il 34% dei genitori di bambini con disabilità intervistati ha dichiarato che l’essere genitore “ha condizionato moltissimo” (voto da 9 a 10) i possibili avanzamenti di carriera, con un picco che riguarda le madri (41%) rispetto ai padri (15%), a confronto con il 17% riferito alle famiglie in cui non è presente un figlio con disabilità. Un rispondente su due del campione di genitori di figli con disabilità ha vissuto una esperienza di discriminazione sul luogo di lavoro, con il 17% che ha dichiarato “moltissime volte”. Anche in questo caso il dato che riguarda le madri di figli con disabilità che hanno dichiarato di essersi sentite discriminate “moltissime volte” (voto 9 e 10) è superiore (21%) a quello dei padri (9%). Quali sono i motivi per cui i rispondenti non lavorano o non hanno mai lavorato? Il 25% delle madri di figli che non hanno una disabilità dichiara che “il carico familiare non mi permette di avere tempo per un lavoro”, dato che raggiunge il 44% se si prende in considerazione il campione riferito alle madri di bambini con disabilità.

FUTURO DEI FIGLI – Una sezione finale dell’indagine è stata dedicata al tema della preoccupazione per il futuro dei figli. Il 61% delle famiglie in cui è presente un figlio minorenne con disabilità si dichiara “molto” preoccupata, rispetto al 38% delle famiglie in cui non è presente un figlio con disabilità. In particolare le madri di bambini o ragazzi con disabilità si dichiarano “molto” preoccupate nel 70% dei casi o “abbastanza” preoccupate nel 25% dei casi, rispetto al 38% (“molto”) e 50% (“abbastanza”) dei padri. Le preoccupazioni maggiori riguardano, per 1 famiglia su 2 che ha un bambino o ragazzo con disabilità, la “capacità dei figli di sopravvivere ai genitori, anche quando questi non ci saranno più” (voce che si ferma al 10% per il campione riferito alle famiglie in cui non sono presenti minori con disabilità). A seguire, tra i genitori di figli con disabilità, la voce riferita alla “salute” (20%, rispetto al 27% delle famiglie in cui non è presente un figlio con disabilità), “relazioni amicali e sentimentali” (11%, rispetto al 6%), “lavoro” (7%, voce invece al primo posto con il 30% per quanto riguarda le famiglie in cui non è presente un figlio con disabilità), “indipendenza economica dai genitori” (7% rispetto al 15%) e, in ultima posizione, i “fattori esterni” (cambiamento climatico, guerre, ecc.) che si attestano al 4% rispetto al 13% percepito dalle famiglie in cui non sono presenti figli con disabilità.

Quando i gap si sommano

«Del livello dell’out of pocket in sanità avevamo contezza, ma vederlo scritto e quantificato è impressionate… Speriamo si generi un po’ di attenzione, perché il rischio è che il ricorso alle risorse private delle famiglie aumenti, anche in ragione del fatto che sarà sempre più necessario un intervento precoce. Colpiscono molto i dati in relazione al lavoro: la disabilitò genera isolamento e discriminazione rispetto alle opportunità di carriera, con una differenza significativa dell’impatto su padri e madri, quindi con una questione di genere che si somma alla questione della disabilità», dice Fabrizio Serra.

Valeria Reda, invece, sottolinea il dato positivo della scuola, con quel 77% di famiglie che non hanno un figlio con disabilità che giudicano positivamente la presenza in classe di un alunno con disabilità: «Molte delle risposte provenienti dal panel di famiglie che non hanno un figlio con disabilità sono state online, dove non c’è “l’effetto cortesia” nei confronti dell’intervistatore. Online sappiamo che è facile dare anche le risposte meno socialmente accettabili, perché non ti senti giudicato», spiega. Al contrario invece sottolinea il gap in termini di possibilità di svago, del tempo libero e delle vacanze: qui si vede proprio quanto impatti la somma tra la presenza di un figlio con disabilità e il basso reddito».

In apertura foto di Andrea Guermani (da ufficio stampa Fondazione Paideia)


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