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Welfare regionale

Caregiver e non autosufficienza, le associazioni lombarde scendono in piazza

Dopo quattro mesi di trattative e confronto con la Regione dai risultati insoddisfacenti, le associazioni lombarde scendono in piazza il 23 marzo e i 16 aprile con due manifestazioni di protesta contro il programma operativo regionale per la non autosufficienza. Ma il problema non riguarda solo la Lombardia né solo il 2024: per cui urge un ragionamento politico

di Sara De Carli

donna con disabilità in carrozzina

Le associazioni lombarde scendono in piazza per protestare contro il programma operativo regionale per la non autosufficienza. Due i problemi, messi in evidenza già a fine dicembre, appena la delibera è stata approvata ma che in questi medi di confronto non hanno portato a risultati che le associazioni giudicano adeguati. Il primo problema è la rimodulazione del contributo mensile previsto dalla Misura B1 per i caregiver familiari che assistono persone con grave e gravissima disabilità (inizialmente era previsto un taglio del contributo monetario tra i 200 e i 350 euro mensili, spostati su un aumento dei servizi, mentre ora la riduzione dell’erogazione monetaria ammonta a circa 65 euro mensili). Il secondo problema è il fatto che, essendo state le risorse regionali messe tutte sulla riduzione del taglio ai contributi, non vi sono più risorse per rispondere a tutte le nuove richieste di accesso alla Misura B1: cosa che comporterà la creazione di liste d’attesa.

I nodi tornano al pettine ora perché il 18 marzo la Giunta della Regione Lombardia ha approvato definitivamente la delibera “Modifica del programma operativo regionale a favore di persone con gravissima disabilità e in condizioni di non autosufficienza a e grave disabilità”, atto i cui contenuti erano stati già presentati alle associazioni lo scorso 28 febbraio (ne abbiamo dato conto qui e qui).

La soddisfazione della Regione

«Questa modifica giunge dopo un percorso che in questi mesi ha messo al centro una costante interlocuzione con le associazioni che rappresentano il mondo della disabilità, gli Enti locali sempre più pilastri del welfare di territorio e le parti sindacali. Dopo una trattativa, iniziata a dicembre, abbiamo condiviso con il Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali un percorso che ci ha consentito di raggiungere un obiettivo per noi essenziale», ha detto l’assessore alla Famiglia, Solidarietà sociale, Disabilità e Pari opportunità, Elena Lucchini. «Da un lato vogliamo salvaguardare il contributo economico a favore dei caregiver, dall’altro intendiamo procedere con il necessario potenziamento dei servizi di sollievo e assistenza. Rispettiamo così quanto richiesto dalla riforma dell’attuazione dei Leps (Livelli essenziali prestazioni sociali) di erogazione. Un risultato importante, che testimonia come la Lombardia abbia fatto da apripista nel giungere a una interpretazione più efficiente e meno vincolante».

La critica delle federazioni

«Regione Lombardia ha fatto un tentativo di mitigare le conseguenze dei tagli decisi dal Piano Nazionale. Riconosciamo quindi un’apertura, che però non è stata in grado di sopperire interamente al disagio acutissimo legato alle condizioni di vita delle persone con gravissima disabilità», replicano invece Alessandro Manfredi, presidente di Ledha e Angelo Achilli, presidente Fand Lombardia, che nella giornata del 19 marzo hanno incontrato l’assessora Lucchini. «Nonostante le nostre richieste, a oggi non ci sono elementi che ci possano portare a modificare la valutazione che abbiamo espresso in merito alle modalità con cui Regione Lombardia ha attuato il Piano nazionale per la non autosufficienza. A fronte di questa situazione siamo costretti a scendere in piazza».

Le due federazioni pertanto, insieme a 18 altre associazioni regionali di persone con disabilità e loro familiari, convocano una manifestazione per giovedì 16 aprile alle ore 11 in piazza Duca d’Aosta, davanti al Grattacielo Pirelli. «La manifestazione si rivolge tanto al Consiglio regionale, affinché trovi le risorse mancanti, quanto al Governo nazionale affinché apporti quelle modifiche al Dpcm del 2022 che renderanno possibile il reperimento delle risorse necessarie a sviluppare i servizi previsti dal Piano nazionale senza privare le persone con disabilità ed i loro familiari del modesto sostegno garantito fino a oggi. Senza le adeguate risorse e senza la necessaria flessibilità quello a una vita libera e dignitosa per le persone con disabilità è un diritto sancito solo sulla carta. Invitiamo tutte le associazioni di persone con disabilità a unirsi a noi».

Il flash mob

Altre 50 realtà, fra associazioni e federazioni (tra loro Famiglie Sma, Gabry Little Hero, Mondo Charge, Nessuno è Escluso e Rete Italiana Disabili) hanno organizzato invece già per il  23 marzo alle ore 11 un flash mob sotto il Palazzo di Regione Lombardia: parteciperanno le persone con disabilità, le famiglie e le associazioni, con l’invito esteso non solo a cittadini e realtà lombarde ma anche di altre regioni «che presto si ritroveranno nella stessa situazione».

«La temporanea concessione da parte del Ministero sulla quota da destinare alla implementazione dei Leps, che ha permesso alla Regione Lombardia di recuperare 15 dei 20 milioni di euro inizialmente previsti allo scopo, non risolve la questione, poiché i tagli dei contributi all’ assistenza indiretta non si annullano, ma si riducono in percentuale variabile, e rimanda il problema al 2025, senza alcuna prospettiva su quanto avverrà negli anni successivi», hanno scritto in una lettera inviata al Governo. «A questo si aggiungono due questioni gravi: l’utilizzo del Fondo Caregiver Nazionale (oltre 4 milioni di euro) che verrà usato per compensare le mancate risorse aggiuntive regionali per ridurre ulteriormente la sforbiciata ai contributi delle misure B1 e B2; il blocco delle liste per l’accesso alla misura B1 (disabilità gravissima) per nuove domande comporterà la formazione di una lista di attesa infinita che permetterà nuove entrate solo a fronte di uscite, cioè a fronte di decessi. Ciò è per noi inaccettabile oltre che eticamente deplorevole».


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Servizi o cash, questo è il problema?

Nella vicenda lombarda tanti nodi sono venuti al pettine. La diversità dei bisogni assistenziali delle persone, il principio vs l’attuazione, la scelta (eminentemente politica) tra erogare servizi o erogare contributi monetari. C’è tutto questo dentro la protesta contro il taglio al contributo in favore dei caregiver familiari di persone con disabilità gravissime, che dovrebbero avere quelle risorse in forma di voucher per servizi. I tempi verbali sono cruciali, perché se potessimo scrivere con certezza che le persone con disabilità e le loro famiglie avranno i servizi di cui hanno bisogno, sarebbe diverso. I Comuni però hanno già detto che non sono pronti.

Per capire meglio serve quindi andare all’origine, a quel Piano Nazionale Non Autosufficienza varato dal ministro Orlando per il triennio 2022-2024. Era il maggio 2021 quando il ministro del Lavoro Andrea Orlando istituì un gruppo di esperti, denominato “Interventi sociali e politiche per la non autosufficienza” con il compito di svolgere attività di esame e approfondimento, «propedeutiche alla stesura del Piano sociale nazionale, nonché alla definizione del Piano per la non autosufficienza per il triennio 2022-2024». Nel gruppo, presieduto da Livia Turco, figuravano tra gli altri don Vinicio Albanesi, Pietro Vittorio Barbieri, Fabrizio Barca, Aldo Bonomi, Cristiano Gori, Nerina Dirindin, Cristina Freguja, Alessandro Goracci, Angelo Marano, Paolo Onelli, Francesco Poli, Alfonsina Rinaldi, Nino Santarelli, Miriam Tomis e Tiziano Vecchiato.

Il Piano – lo ricordiamo – ebbe un percorso travagliato: Fish e Fand per esempio subito dissero che «una riforma dell’attuale sistema di welfare non potrà che passare attraverso un forte ancoraggio ai paradigmi della Convenzione Onu sui diritti delle persone con disabilità, della piena ed effettiva attuazione del secondo programma biennale del governo sulla disabilità, della ridefinizione dei rapporti tra Stato-Regioni ed Autonomie Locali, chiarendone, in questo senso, i compiti, i vari livelli di governo e le responsabilità» e chiesero che il gruppo fosse integrato con i rappresentanti delle due principali federazioni delle persone con disabilità. Tuttavia alla fine si trovò una quadra e il Piano – pur con il limite della carenza risorse, ancora inferiori rispetto ai bisogni della platea dei destinatari – venne apprezzato perché andava nella direzione di dare attuazione ai livelli essenziali di prestazione sociale.

Oggi quindi è necessario tornare lì: quel Piano e quella scelta di aumentare la quota proporzionale di assistenza erogata in forma diretta, come servizi, è stata o no una scelta corretta? Forse quel piano è da rivedere? O forse, il punto è che i bisogni delle persone con disabilità pregressa e quelli delle persone che giungono alla non autosufficienza in età anziana soni differenti e richiedono risposte differenti?

Forse è questo uno dei nodi, dal momento che empiricamente le persone con disabilità tendono a prediligere la risorse monetarie, necessarie per la costruzione di una vita indipendente mentre le persone anziane non autosufficienti e le loro famiglie chiedono prevalentemente servizi? L’alternativa tra cash e servizi, d’altronde, è un falso aut aut: è chiaro che ci vorrebbero entrambe le cose e soprattutto la possibilità di scegliere, per ciascuno, la via per trovare le risposte più appropriate per la propria vita. È una domanda di non poco conto, a pochi giorni dall’entrata in vigore del decreto anziani e della riforma dei servizi per la non autosufficienza: un percorso che richiederà comunque ancora non solo tanti atti legislativi ma soprattutto tante scelte di visione e di politica.

Foto di Ivan Samkov, Pexels


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