Sezioni

Attivismo civico & Terzo settore Cooperazione & Relazioni internazionali Economia & Impresa sociale  Education & Scuola Famiglia & Minori Leggi & Norme Media, Arte, Cultura Politica & Istituzioni Sanità & Ricerca Solidarietà & Volontariato Sostenibilità sociale e ambientale Welfare & Lavoro

Giovani e violenza

Col coltello in tasca, gli analfabeti emotivi

Un quindicenne accoltellato a Pieve Emanuele oggi, all’uscita da scuola. Una professoressa accoltellata a Varese ieri. Gli autori della violenza sono giovanissimi. «Se un ragazzo arriva ad accoltellare un’altra persona quanto può soffrire? La gravità del gesto violento è direttamente proporzionale al malessere che un giovane ha dentro di sé.». A parlare è Daniel Zaccaro, educatore della comunità Kayros

di Ilaria Dioguardi

Nel giro di 24 ore un ragazzo di 15 anni è stato accoltellato alla coscia a Pieve Emanuele, in provincia di Milano (è in gravi condizioni) e un’insegnante è stata accoltellata a Varese. Nel primo episodio il presunto aggressore è un diciottenne, nel secondo è stato fermato un diciassettenne. Che cosa rappresenta questo ritorno delle “lame”? Lo abbiamo chiesto a Daniel Zaccaro, educatore della comunità Kayros.

Zaccaro, perché questi ragazzi girano con il coltello in tasca?

Questi gesti estremi richiamano una fragilità che è altrettanto estrema di questi ragazzi. Sono ragazzi che non riescono a empatizzare con le altre persone. Sono analfabeti dal punto di vista emotivo. Quindi, arrivano a fare un gesto così estremo perché, a volte, hanno una sofferenza così estrema, talmente inaudita che poi esplode in questo grido, che si trasforma in violenza pura.

Questo grido si sarebbe potuto ascoltare prima?

Sì, si tratta di un grido che, a volte, non viene ascoltato da tanti adulti. Quei piccoli comportamenti che lasciano presagire un sintomo, un malessere non vengono ascoltati. Perciò il rischio, a partire dal non ascolto, è di arrivare a fare azioni così estreme. Però bisogna partire anche da un presupposto, con una prospettiva un po’ più ampia. Questi ragazzi non conoscono le conseguenze, non sanno cosa può succedere loro domani.

Se un ragazzo arriva ad accoltellare un’altra persona quanto può soffrire? La gravità del gesto violento è direttamente proporzionale al malessere che un ragazzo ha dentro di sé

Ci spieghi meglio…

Un ragazzino sa benissimo che se fa un’azione del genere, se accoltella una persona, va in carcere. Ma non riesce a vedere il domani. Per molti di questi ragazzi il presente è brutto e il futuro non permette una prospettiva bella, di speranza. Anzi, il futuro viene visto come una minaccia. Nel momento il futuro rappresenta una minaccia, un ragazzo si interroga, ma non ha tutte le facoltà intellettive complete, maturate e si chiede: “Perché mi devo impegnare oggi, imparare a guadagnarmi il rispetto e le cose, se il domani è brutto?”. Allora ecco che, a volte, questi ragazzi che non credono nel futuro si avvicinano alle droghe, per “scassarsi” nel presente e viverlo in maniera assoluta. E a volte arrivano anche a fare gesti violenti come un accoltellamento. A questi ragazzi non interessa il domani. C’è un problema di proiezione di sé di questi ragazzi nel futuro, non si riescono a vedere in qualche modo realizzati nella società. Possiamo tirare in ballo tante cose che la società non fa e non vede per questi ragazzi…

Ma perché i coltelli?

Un coltello si trova ovunque, non devi andare a cercarlo, apri il cassetto della cucina e lo prendi. Questi ragazzi fanno gesti premeditati, non sono raptus di rabbia e non rispondono a reazioni violente al momento. C’è un pensiero dietro a questi accoltellamenti, non sono solo gesti impulsivi, ma pensati ed eseguiti. Fanno capire quanto sono a disagio molti ragazzi oggi, non hanno la cognizione della gravità di quello che succede. Emotivamente, non hanno nessuna paura. Se un ragazzo arriva ad accoltellare un’altra persona quanto può soffrire? La gravità del gesto violento è direttamente proporzionale al malessere che un ragazzo ha dentro di sé.

Come si recuperano ragazzi a cui non interessa il domani, che non hanno prospettive e arrivano a fare gesti così violenti?

Bisogna iniziare facendo credere loro nel futuro, nel domani. È importante far capire a questi giovani che non è tutto esaurito nel presente, che non bisogna vivere la giornata come se fosse l’ultima della vita. Anzi, c’è anche una prospettiva bella del futuro, che viene non solo con strumenti, con progetti, ma con la testimonianza di vita delle persone.

Siamo tutti chiamati in causa?

Sì, un genitore, un adulto, un insegnante devi dimostrare con la propria vita, prima di tutto, che la vita vale e che vale la gioia viverla. E poi, bisogna dimostrare che il domani può essere bello. Tanti giovani mi dicono: “Guadagno due stipendi in 10 minuti, cosa mi interessa di andare a lavorare?”. Questo è possibile solo attraverso adulti credibili, che fanno credere davvero in una vita migliore.

La foto in apertura è di Luigi Innamorati per Agenzia Sintesi.


Qualsiasi donazione, piccola o grande, è
fondamentale per supportare il lavoro di VITA