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Sanremo

Con Allevi sul palco dell’Ariston sono saliti tutti i malati

Un monologo potente che ha commosso l'Italia intera. Claudia Borreani, responsabile della psiconcologia clinica dell’Istituto Nazionale dei Tumori di Milano: «Allevi ha parlato da paziente, si è messo dalla loro parte, li ha portati sul palco e lì li rappresentava tutti». Pino Toro, presidente Ail: «La profonda emozione che ha suscitato è un’occasione straordinaria per ribadire l’importanza di investire sul futuro sostenendo la ricerca»

di Nicla Panciera

«La mia presenza a Sanremo non significa certo una vittoria, dal mieloma non si guarisce, ma la gioia immensa di vivere il presente» aveva detto in conferenza stampa il musicista compositore Giovanni Allevi, facendo capire che la sua sarebbe stata un’esibizione potente, nonostante l’evidente fragilità fisica. «Se qualcuno mesi fa mi avesse detto che oggi sarei stato qua non ci avrei creduto. Con la mia presenza, intendo dare forza e speranza agli altri pazienti, perché loro la danno a me e voglio ricambiare».

Nella seconda serata del festival, nell’introdurre l’esibizione al pianoforte, la prima dopo due anni in cui la malattia lo ha costretto ad abbandonare le scene, Giovanni Allevi ha rivolto alcune parole al pubblico. Il suo monologo ha parlato alla mente e al cuore di tutti, indistintamente, con o senza una diagnosi oncologica, invitati dall’artista ad apprezzare la vita nel suo presente, vivendola con gratitudine e riconoscenza per quanto ha da offrire. E, questo è il sottotesto non detto, ci invita a farlo subito, senza attendere che a farci cambiare sguardo su di noi e sul mondo sia una malattia o una tragedia. Allevi racconta che un tempo, «durante un concerto in un teatro, davanti a una poltrone vuota, mi sono sentito mancare: come era possibile? Oggi, dopo la malattia, non so cosa darei per suonare davanti a 15 persone. I numeri non contano. Ogni individuo è unico irripetibile e a suo modo infinito».

La diagnosi di tumore è un trauma e un momento di frattura, ma trovare le risorse per andare avanti è possibile, ciascuno con i propri tempi e con un po’ di aiuto. «All’improvviso mi è crollato tutto. Non suono più il pianoforte in publico da quasi due anni. L’ultima volta, alla konzerthaus di Vienna, il dolore alla schiena era così forte che non riuscivo ad alzarmi dallo sgabello e ancora non sapevo di essere malato. Poi è arrivata la diagnosi, ho guardato il soffitto con la sensazione di avere la febbre a 39 per un anno consecutivo. Ho perso molto il mio lavoro, i miei capelli e le mie certezze ma non la speranza e la voglia di immaginare».

I doni inaspettati

«Era come se il dolore mi porgesse anche degli inaspettati doni» confessa, sorridendo nonostante l’evidente dolore fisico. Il cambiamento di prospettiva verso la vita, la natura e gli altri gli ha dato «la gratitudine nei confronti della bellezza del creato. Non si contano le albe e i tramonti che ho ammirato dalle stanze dell’ospedale. La riconoscenza per il talento dei medici, degli infermieri e di tutto il personale ospedaliero [Allevi è in cura in un istituto pubblico, l’Istituto nazionale dei tumori di Milano, che oggi ha risposto dichiarando che il grazie del paziente è il punto più alto della sua propria missione – Allevi nei parla anche nel suo profilo instagram ndr]; per la ricerca scientifica senza la quale non sarei qui a parlarvi; per il sostegno della mia famiglia. Per la forza, l’affetto e l’esempio che ricevo dagli altri pazienti. Li ho portati tutti qui con me sul palco. Sono un esempio di vita autentica».

Bisogna evolvere per trovare un senso

«Allevi ha parlato da paziente, si è messo dalla loro parte, li ha portati sul palco e lì li rappresentava tutti. È stato molto coraggioso ad affrontare un tema simile in quel contesto, forse leggero, ma emotivamente molto difficile, invece di limitarsi a suonare. Ha deciso di condividere in modo autentico la propria evoluzione personale degli ultimi anni» spiega Claudia Borreani, responsabile della psiconcologia clinica dell’Istituto Nazionale dei Tumori di Milano. «Certo, ha portato il suo modo di affrontare il tumore e sappiamo che ciascuno ha il proprio stile e i propri tempi. Non tutti riescono a focalizzarsi sulle opportunità, che può fornire la malattia, di crescita personale e di una nuova lettura del mondo, di sé e delle proprie fragilità». La psiconcologa, a questo proposito, ricorda la recente partecipazione dello scrittore Alessandro Baricco a “Che tempo che fa”, dove ha raccontato a Fabio Fazio della sua leucemia. E invita a considerare il cambiamento che è già avvenuto nella società, visto che in passato non si poteva parlare di tumore se non in termini di sofferenza. «Pur essendo immerso nella sua difficile realtà, Allevi non si è limitato a portare il suo vissuto personale ma ha rappresentato una condizione, l’accettazione, le opportunità che possono essere colte per evolvere. Perché, che si tratti di tumore o altro, se la situazione è complessa e difficile, spesso non ci resta che evolvere, proprio per trovare un senso che ti consenta di stare nell’esperienza».

Se la situazione è complessa e difficile, spesso non ci resta che evolvere, proprio per trovare un senso che ti consenta di stare nell’esperienza

Claudia Borreani, psicologa Istituto Nazionale Tumori

Ail: un paese solidale aiuta i pazienti

«Il messaggio più importante di Allevi è quello relativo alla speranza nella vita e anche alla fiducia verso il nostro servizio sanitario nazionale, patrimonio importante da tutelare per il suo essere universale e quindi impegnato a farsi carico di chiunque abbia bisogno» ha commentato Pino Toro, presidente nazionale dell’Associazione italiana contro leucemie, linfomi e mieloma. «La profonda emozione che ha suscitato in tutti noi la presenza del Maestro Allevi a Sanremo è un’occasione straordinaria per ribadire l’importanza di essere accanto ai pazienti e di investire sul futuro sostenendo la ricerca; uno stimolo a impegnarci sempre più per costruire un domani migliore per chi si ammala, come ci suggerisce il brano Tomorrow eseguito dal Maestro, un brano carico di speranza in un “domani [dove] ci sia sempre ad attenderci un giorno più bello”». Il mieloma multiplo è il secondo tumore del sangue in Italia, colpisce ogni anno circa 2700 donne e 3000 uomini. Nonostante i numerosi progressi nella diagnosi e nella terapia che hanno portato a un aumento dell’aspettativa di vita e a lunghi periodi di controllo della malattia, la quotidianità resta un percorso a ostacoli. Allevi parla dei suoi dolori alla schiena: «Alcuni pazienti hanno dolori fortissimi, che impediscono loro di uscire di casa. Hanno bisogno di assistenza psicologica e di un accompagnamento; è importante che se ne parli, anche in occasioni come queste, perché un paese solidale aiuta i pazienti ad andare avanti».

Essere e accettare sé stessi

«Quando tutto crolla e resta in piedi solo l’essenziale, il giudizio che riceviamo dall’esterno non conta più. Io sono quel che sono, noi siamo quel che siamo. Voglio accettare il nuovo Giovanni. Com’è liberatori essere sé stessi» conclude e, dirigendosi verso il pianoforte mette in guardia la sala tutta occhi e orecchi: «Ho una neuropatia e due fratture vertebrali. Non potendo più contare sul mio corpo suonerò con tutta l’anima».

Quando tutto crolla e resta in piedi solo l’essenziale, il giudizio esterno non conta più. Com’è liberatorio essere sé stessi

Giovanni Allevi

In apertura photo by Marco Alpozzi/Lapresse


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