Testimoni
Don Mattia Ferrari: «Ostacolare le ong nel Mediterraneo è la rinuncia all’umanità»
Parla il cappellano della Mediterranea Saving Humans. Dice: «La strage del gommone ha precise responsabilità. Il rischio è che con accordi come quelli con Tunisia e Libia si affidi ad altri Paesi il controllo dei flussi di migranti. Ignorando le continue violazioni dei diritti umani»
L’appuntamento è presso lo Spin Time di Roma, il centro sociale di via Santa Croce in Gerusalemme diventato famoso perché cinque anni fa il cardinal Konrad Krajewski vi riattaccò l’elettricità, togliendo i sigilli dello stabile occupato. Ora in alto sull’ingresso c’è un legno del relitto naufragato a Cutro. Don Mattia Ferrari, il cappellano di Mediterranea Saving Humans, incontra qui VITA per parlare dell’ultima tragedia nel mar Mediterraneo. «Il parente di un mio amico ha perso la vita su quel gommone finito alla deriva», ci dice, «e questa volta la morte non è stata per naufragio ma per fame e sete».
Che cosa ci dice questa nuova tragedia?
Questa ennesima tragedia di fatto è una strage. In quanto le persone che si sono ridotte in quelle condizioni non ci si trovavano per caso ma perché non hanno avuto la possibilità di migrare in modo sicuro e quindi sono state costrette a intraprendere questo viaggio su rotte estremamente pericolose. i superstiti hanno raccontato di aver visto passare sopra le loro teste elicotteri ed aerei. Inoltre, quell’area di mare era rimasta scoperta dalle operazioni di soccorso. Mentre c’erano tre navi umanitarie, la Sea Watch quattro, la Sea Watch cinque e la Humanity uno, che erano bloccate e sottoposte a fermi amministrativi. Fermate perché avevano rifiutato di farsi coordinare dalla cosiddetta Guardia costiera libica, quando sappiamo bene che farsi coordinare dai libici è una scelta che chiunque abbia a cuore l’umanità e abbia a cuore la Costituzione non può fare. Perché catturano le persone in mare e le deportano nei lager libici. Questi fermi amministrativi imposti ingiustamente alle navi delle ong causano il fatto che in mare non ci siano operazioni di soccorso.
Non è una fatalità…
No, non è una fatalità che le persone naufraghino, che le persone anneghino o, come è successo in questo caso, che restino alla deriva per giorni e che vengano poi uccise dalla sete e dalla fame. Quello a cui stiamo assistendo è un un collasso, un collasso di umanità. Alcuni mesi fa Papa Francesco lo ha denunciato molto bene a Marsiglia: siamo a un bivio di civiltà. Da una parte c’è la strada dell’umanità, la strada della fraternità e dall’altra parte invece la strada dell’indifferenza. L’indifferenza uccide e tutti quanti, quindi, dobbiamo sentirci in qualche modo colpevoli di queste vittime. Se questa strage nel Mediterraneo continua da più di dieci anni, è anche per colpa della nostra indifferenza. Solo un riscatto della nostra coscienza può vincere questa indifferenza che uccide e salvarci da questo collasso di civiltà.
Mediterranea Saving Humans, insieme ad altre otto associazioni, ha chiesto agli europarlamentari di respingere il patto Ue sui migranti che è stato appena approvato…
Quello che noi chiediamo è che si esca da una logica finalizzata semplicemente alla gestione dei numeri, intesa come respingimento. Una logica il cui obiettivo è bloccare le persone, appaltando ad altri Paesi, come è avvenuto con la Libia, come sta avvenendo con la Tunisia, come sembra che si stia cercando di fare in queste ore con l’Egitto, il controllo dei flussi. Un controllo che comporta poi la violazione dei diritti umani. Tutto questo non è umano. Tutto questo non è degno della nostra umanità, non è degno di ciò che noi siamo e che noi possiamo essere. La migrazione certamente è un fenomeno che chiede di essere gestito, ma di essere gestito in modo umano e civile. In modo veramente fraterno, come sarebbe dovere dell’Europa.
Che cosa chiedete?
Anziché scrivere patti e fare tavoli di discussione in cui gli unici assenti sono i soggetti veri, cioè i migranti, si accolga il dato della fraternità e insieme ci si sieda, ci si ascolti guardandosi negli occhi. Si discuta insieme e allora si troveranno le strade per gestire anche questo fenomeno. La dinamica non può restare squilibrata come ora, in cui c’è un soggetto potente (gli Stati, la Ue) che decide e gli interessati vengono relegati nella posizione di oggetti. Oggetti che fatalmente vengono esposti a trattamenti disumani.
Oggi sono criminalizzate anche le ong e viene messo sotto accusa lo stesso soccorso in mare…
La criminalizzazione delle ong va di pari passo con la criminalizzazione della solidarietà, come viene chiamata. Che si eserciti in mare o a terra, sulle rotte migratorie o nelle città. In realtà se si fermano le navi delle ong al massimo si rischia di aumentare il numero delle vittime, ma non si diminuisce affatto il numero di persone che arrivano. Criminalizzare le ong i movimenti popolari e tante altre realtà punta a impedire che la gente segua questa strada. Ma noi abbiamo fiducia nell’uomo, abbiamo fiducia nelle persone. Noi siamo convinti che è ancora possibile un riscatto di umanità, un riscatto della nostra coscienza umana e quindi, per quanto si provi a criminalizzare la solidarietà, non si riuscirà mai a distruggerla.
Dopo le dure polemiche su Luca Casarini, sui finanziamenti dei Vescovi a Mediterranea, la pubblicazione dei vostri messaggi, qual è la sua posizione?
La risposta che ha voluto dare papa Francesco, pubblicamente all’udienza generale del 20 dicembre scorso («Saluto anche il gruppo di Mediterranea Saving Humans che è qui presente e che va in mare a salvare i poveretti che fuggono dalla schiavitù dell’Africa. Fanno un bel lavoro questi, salvano tanta gente» ndr) mi sembra sia molto chiara, così come i comunicati della Conferenza episcopale italiana. Sono state presentate varie querele ed esposti. Sarà la magistratura a commentare e a dire l’ultima parola.
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