Formazione

Dubochet, il Premio Nobel che mette la sua dislessia nel cv

Nel suo cv, il professore dice di essere stato il primo dislessico certificato del cantone di Vaud: «Questo mi ha permesso di andare male in tutto ma anche di capire quelli che hanno difficoltà». Per Carlotta Jesi questo show off è un messaggio bellissimo: «Mio figlio ha detto “magari lo capissero tutti i professori!"»

di Sara De Carli

Jacques Dubochet, 75 anni, professore onorario di biofisica all’Università di Losanna, Premio Nobel per la Chimica 2017, è dislessico. Una notizia che arriva proprio nella Settimana Nazionale della Dislessia, in corso fino all’8 ottobre. Non è il primo dislessico ad arrivare a vincere un Premio Nobel (lui lo ha ricevuto il 4 ottobre 2017 con l’americano Joachim Frank e lo scozzese Richard Henderson per i loro studi in crio-microscopia elettronica): prima di lui c’è stato Einstein, ma Dubochet è vivente e questo per un ragazzo fa molta differenza. Non solo, Dubochet la sua dislessia l’ha messa nel curriculum ufficiale, sul sito dell’Università.

A segnalarlo è Carlotta Jesi, giornalista, fondatrice del di radiomamma.it, autrice di “I miei bambini hanno i superpoteri” (Sperling & Kupfer), in cui condivide la quotidianità di una famiglia alle prese con la dislessia dei due figli: «nel suo cv, il professore ha scritto che nel 1955, a 14 anni, è stato il primo dislessico certificato del cantone di Vaud e aggiunge che “questo mi ha permesso di andare male in tutto ma anche di capire quelli che hanno difficoltà”», sottolinea. «Ci sono altri dislessici famosi, arrivati a traguardi importanti: Leonardo da Vinci, Nicholas Negroponte, il fondatore del MIT, Albert Einstein. Sai che nei viaggi in macchina facciamo il gioco dei dislessici famosi? Rafforza l’autostima. Però la prima volta che ho detto a mio figlio che Einstein da bambino aveva la pagella zeppa di 5 e poi ha vinto il Nobel, lui ha fatto spallucce: a dodici anni del “poi” non te importa niente, conta solo l’adesso. “Già, ma come si sentiva a prendere quei 5 davanti ai suoi compagni?”, mi ha chiesto lui», ricorda Carlotta.

Quindi il fatto che sia un Nobel vivente è importante, lo avvicina, un po’ come Philip Schultz, che ha vinto il Pulitzer e che ha scritto “La mia dislessia. Ricordi di un premio Pulitzer che non sapeva né leggere né scrivere”. La novità vera però sta in quella dislessia messa nel curriculum, quando forse il primo pensiero sarebbe quello di nasconderla, la dislessia, non di esibirla nel cv: «il fatto che Dubochet faccia show off è bellissimo. Quando citi ai ragazzi questi esempi alti, il rischio è che appaiano lontani, lui invece si mette terra a terra, esplicita le difficoltà che ha avuto, non le nasconde. Infine quel dire che grazie alla dislessia “capisco chi ha difficoltà” è meraviglioso, è un messaggio straordinario di un professore ai suoi alunni». Carlotta ha mostrato ai figli il sito dell’Università di Losanna, con questo cv: «Filippo è in prima media, lo ha raccontato a scuola, è orgoglioso. Tommaso invece che è in terza media è stato colpito da quel suo dirsi sensibile a capire difficoltà degli altri. “Magari lo capissero tutti i professori”, ha detto».

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