Politica
E quindi, questa riforma dell’assistenza agli anziani?
La legge di riforma dell'assistenza agli anziani non autosufficienti c'è, ma ci sono ben 22 atti da scrivere per renderla concreta. Il tema tuttavia è completamente scomparso dal dibattito pubblico, come se non interessasse a nessuno: in realtà riguarda pressoché tutte le famiglie italiane. Un libro fa il punto
Il tema buca solo sporadicamente il muro della cronaca, ma la realtà sta lì con tutta la consistenza dei numeri e della vita, che ne si parli o che si faccia finta di niente. Della non autosufficienza così dibattiamo quando un uomo arriva ad uccidere la propria madre con Alzheimer, confessa davanti alle telecamere e dice “Non ce la facevo più”, oppure quando una famiglia porta una Rsa in tribunale e la sentenza fa notizia perché pone interamente a carico del Ssn la retta di una donna malata di Alzheimer per l’inscindibilità delle prestazioni erogate rispetto a quelle di carattere più sociale o alberghiero.
Poi l’argomento torna nel buio, a dispetto di una riforma dell’assistenza alla non autosufficienza che il Governo sta portando avanti e di cui nessuno parla e che a nessuno pare importi tenere nel dibattito pubblico: una riforma però necessaria, attesa da un quarto di secolo, che riguarda 4 milioni di persone anziane in condizioni di non autosufficienza più i loro familiari e le persone che le assistono. Il dibattito su questa riforma è inesistente, benché in scrittura ci siano 22 atti, fra decreti attuativi e linee guida, che devono renderla concreta.
Se ci fosse una riforma…
L’articolazione tra sociale e sanitario e di conseguenza il livello di compartecipazione alla spesa da parte delle famiglie è uno dei punti che una vera riforma deve sciogliere: affrontare l’argomento in maniera sistemica – quale che sia la strada che si vuole intraprendere – è ben altra cosa che lasciare che i singoli vadano avanti a colpi di ricorsi in tribunale, con esiti diversi a seconda del giudice che decide. Allo stesso modo la garanzia di risposte appropriate per il bisogno complesso che la non autosufficienza comporta (con la fondamentale dimensione di una filiera di servizi differenti che permettano una presa in carico che duri nel tempo ma con risposte che cambiano a seconda dell’intensità del bisogno assistenziale) ha evidentemente qualcosa di significativo da dire a caregiver che oggi sono soli e sopraffatti dai compiti di cura.
Sui contenuti della riforma immaginata dal Governo con il Decreto Legislativo del 15 marzo 2024 (che dà attuazione alla Legge Delega 33/2023), ci sono giudizi diversi. Quello che invece è trasversalmente riconosciuto è che i contenuti della riforma sono troppo poco noti rispetto alla rilevanza della materia.
A che punto siamo? Un libro
Per tenere acceso il dibattito pubblico, il Patto per un Nuovo Welfare sulla Non Autosufficienza ha da poco pubblicato un volume, scaricabile gratuitamente: si intitola Alla ricerca del futuro e vuole essere una guida per promuovere la conoscenza della riforma, illustrandone gli elementi principali e analizzandone i punti di forza e i punti di debolezza.
Ecco il punto sui tre snodi cruciali della riforma: nuova domiciliarità, nuova residenzialità, nuova indennità di accompagnamento.
Servizi domiciliari
La Legge Delega 33/2023 prevedeva l’introduzione di un servizio domiciliare pensato per la non autosufficienza, che oggi in Italia non esiste. Un servizio caratterizzato da tre elementi: unitarietà delle risposte, interventi di intensità e durata adeguate, coinvolgimento di diverse professioni in base alle specifiche situazioni. La logica sottostante è quella del care multidimensionale. Una “nuova domiciliarità” è necessaria perché i servizi oggi esistenti – l’Adi delle Asl e il Sad dei Comuni – sono utili ma non adeguati a rispondere appieno ai bisogni specifici delle persone non autosufficienti banalmente nella durata del servizio garantito).
Perché non riescono a farlo? Sostanzialmente perché non sono stati pensati per assistere la non autosufficienza, soprattutto con la complessità e con la numerosità che oggi la questione ha assunto per il nostro Paese. L’Adi prevede infatti singole prestazioni di natura medico-infermieristica-riabilitativa, il Sad si rivolge ad anziani non autosufficienti in condizioni di disagio sociale (per esempio carenti di reti familiari e/o di risorse economiche). Un servizio di domiciliarità costruito per rispondere ai bisogni delle persone non autosufficienti invece deve avere uno sguardo che abbraccia complessivamente la condizione dell’anziano, i suoi molteplici fattori di fragilità, il suo contesto di vita e di relazioni.
Nel passaggio dalla Legge Delega 33/2023 al Decreto Attuativo 29/2024 la riforma dell’assistenza al domicilio è stata di fatto cancellata e ci si limita a prevedere delle linee guida per l’integrazione socio-sanitaria. Quali le ragioni di questa scelta? L’impressione è che nella scrittura del decreto non si sia voluto ambire a ridisegnare complessivamente la domiciliarità, cosa che avrebbe comportato un lavoro complesso di messa in discussione e abbandono dell’esistente.
Tuttavia è passato il concetto che in Italia non esiste un servizio domiciliare per la non autosufficienza e che i servizi esistenti – ADI e SAD – hanno effettivamente altre funzioni. Si ripartirà da qui.
Indennità di accompagnamento
La Legge Delega prevede la riforma dell’Indennità di accompagnamento e la sua trasformazione nella Prestazione universale per la non autosufficienza. L’Indennità di accompagnamento è stata introdotta in Italia nel 1980 e da allora è rimasta immutata. La possibilità di ricevere la nuova Prestazione, nella legge delega discende esclusivamente dal bisogno di assistenza, indipendentemente dalle disponibilità economiche del richiedente, com’è oggi per l’indennità: in altre parole, si conferma il diritto legato al solo bisogno assistenziale. Inoltre, mentre oggi la cifra ricevuta è la stessa per tutti, l’ammontare della Prestazione viene graduato secondo il livello di fabbisogno assistenziale, in modo che chi ha maggiori necessità possa ricevere cifre più elevate. Infine, i beneficiari della nuova Prestazione universale avrebbero potuto scegliere tra due opzioni per l’utilizzo: a) un contributo economico senza vincoli d’uso, come adesso; b) la fruizione di servizi alla persona, svolti in forma organizzata (per esempio da soggetti del Terzo Settore) o individuale, da assistenti familiari regolarmente assunte. L’opzione per la seconda alternativa comporta una maggiorazione dell’importo, dato che lo Stato incentiva l’impiego di servizi.
Tuttavia, il Decreto 29 ha cancellato la riforma dell’indennità di accompagnamento e ha tramutato la Prestazione in una misura di cifra fissa (850 euro mensili) che si aggiunge all’indennità, che viene lasciata immutata. A ricevere la Prestazione sperimentale sarà solo un piccolo gruppo di persone che già percepiscono l’indennità nel 2025 e 2026: appena 25/30mila persone, per un solo biennio. Ci si colloca così nell’antica tradizione italiana di non riformare, ma di aggiungere qualcosa all’esistente, stratificando il nuovo sopra il vecchio.
Servizi residenziali
La Legge Delega 33/2023 indica i punti chiave su cui agire, coincidenti con le indicazioni prevalenti a livello internazionale. La Delega, infatti, affida al decreto attuativo il compito di definire gli interventi necessari affinché i servizi residenziali garantiscano un’intensità assistenziale adeguata alle esigenze e alla numerosità degli anziani residenti, dispongano di personale con le competenze necessarie e offrano ambienti familiari e sicuri, strutturati per favorire qualità di vita, socialità e continuità delle relazioni. Il decreto 29/2024, però, non fornisce nessuna indicazione concreta in materia e rimanda ad un ulteriore decreto.
Il lavoro per la definizione della necessaria strategia nazionale per la residenzialità non è ancora partito. Evidentemente, affrontare il tema è qualcosa di complicato per la necessità di confrontarsi con l’estrema complessità tecnica del settore, che richiederebbe di mettere mano ad assetti legislativi molteplici, mal collegati e suddivisi fra competenze statali e regionali.
Conclusioni
Su domiciliarità e accompagnamento nel dibattito tecnico e nel confronto con le istituzioni in questi mesi sono stati fatti dei passi avanti: in particolare è stato riconosciuto che in Italia non esiste una domiciliarità “a misura” degli anziani non autosufficienti e si è diffusa l’idea che l’indennità di accompagnamento si possa riformare. Sono novità sostanziali nel dibattito, anche se per ora non hanno avuto ricadute concrete. Sul capitolo residenzialità invece l’elaborazione sta ancora a zero. Su tutti i tre capitoli, aprire il dibattito pubblico è un tassello essenziale per il successo della riforma.
In foto, anziani ospiti della Fondazione Sacra Famiglia, foto da ufficio stampa
17 centesimi al giorno sono troppi?
Poco più di un euro a settimana, un caffè al bar o forse meno. 60 euro l’anno per tutti i contenuti di VITA, gli articoli online senza pubblicità, i magazine, le newsletter, i podcast, le infografiche e i libri digitali. Ma soprattutto per aiutarci a raccontare il sociale con sempre maggiore forza e incisività.