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È un mondo difficile, felicità a momenti e futuro incerto

Nel 2024 due italiani su tre non si aspettano miglioramenti della situazione complessiva del Paese; preoccupano conflitti e cambiamenti climatici; cresce di 5 punti (al 46%) la quota di chi si sente escluso dalla società. Sono i dati contenuti nel report FragilItalia “Uno sguardo al futuro”, elaborato da Area Studi Legacoop e Ipsos

di Sabina Pignataro

«Il Paese rallenta e l’umore degli italiani peggiora; necessario un rilancio ad ogni costo, recuperando la spinta positiva del post-pandemia; sempre più urgente un intervento per la riduzione dei tassi, un’accelerazione nell’attuazione del PNRR e Piano europeo per gli investimenti delle imprese in transizione ecologica e digitale». È il commento del presidente di Legacoop, Simone Gamberini, a proposito dei dati contenuti nel report FragilItalia “Uno sguardo al futuro”, elaborato da Area Studi Legacoop e Ipsos.

Nuove guerre, inflazione e aumento del costo della vita, nonché l’annuncio di nuove politiche restrittive, osserva «sembrano avere soffocato definitivamente quello slancio iniziale». Dopo un costante rallentamento nell’ultimo biennio, ora il paese si è praticamente fermato ed è tornato ai soliti tassi di crescita da zero virgola.

Come reagire?

Questa situazione, aggiunge Gamberini, «rende sempre più urgente un intervento per la riduzione dei tassi, un’accelerazione nell’attuazione del PNRR e un Piano europeo per sostenere gli investimenti delle imprese per la transizione ecologica e digitale. C’è una cappa che pesa sull’opinione pubblica che ora sa, però, di quali slanci è capace l’Italia se adeguatamente indirizzata. Infine, un dato deve essere da monito sull’esigenza, oltreché sull’opportunità, di rilanciare il Paese ad ogni costo: la quota crescente di chi si sente ‘escluso’ dalla società, nei ceti meno abbienti ha raggiunto percentuali davvero preoccupanti».

I dati del report FragilItalia “Uno sguardo al futuro”

Dall’indagine elaborata da Area Studi Legacoop e Ipsos emerge come gli italiani siano decisamente poco ottimisti sulle prospettive del nostro Paese nel 2024. Due su tre (il 67%) non si aspettano un miglioramento della situazione complessiva dell’Italia, in parallelo con le aspettative di segno negativo sull’evoluzione dello scenario internazionale, con una forte preoccupazione per i conflitti in corso (85%), i rapporti tra occidente e Russia (83%), i cambiamenti climatici(81%) e il terrorismo (80%). Va un po’ meglio per la situazione familiare, che per l’anno da poco iniziato 4 su 10 prevedono “altalenante”, ma con aspettative di segno positivo per l’andamento delle relazioni familiari (81%), l’amore, gli affetti e le relazioni con gli amici (77%), la salute (71%), il lavoro (61%).

Le tendenze evidenziate in modo specifico per il 2024 trovano conferma anche nelle opinioni relative ad una più generale valutazione del prossimo futuro. Se per la situazione dell’economia italiana, ad esempio, 2 intervistati su 3 (il 67%, con un picco dell’86% nel ceto popolare) esprimono aspettative negative e 1 su 3 la prevede in peggioramento, scendono a 4 su 10 quelli che manifestano preoccupazione (il 29% abbastanza, l’11% molto) sull’evoluzione della situazione economica familiare. Su questo sfondo di aspettative di tono meno negativo sul contesto familiare si inserisce il dato della percezione relativa al proprio lavoro: 3 intervistati che lavorano su 4 ritengono poco o per niente probabile la perdita del proprio posto di lavoro o che l’azienda per cui lavorano possa chiudere.

Cosa preoccupa di più?

Interessante il dato relativo alla classifica delle preoccupazioni per il futuro. Al primo posto le guerre (61%), seguite dai cambiamenti climatici (52%, con un picco del 62% nell’Italia centrale), l’inflazione (33%), un’eccessiva ricchezza concentrata in poche mani (32%; 37% nel ceto popolare). Largamente coerenti con i valori registrati dall’indicazione degli aspetti problematici, quelli relativi alle parole considerate più importanti per il futuro: sicurezza (41%), giustizia sociale (39%), ecologia e stabilità (34%), democrazia (33%), uguaglianza (31%). A questo proposito, è da segnalare il dato relativo alla netta divisione tra chi si sente incluso nella società e chi si sente escluso. I primi sono il 48% (con un picco del 69% nel ceto medio), in calo di 8 punti percentuali rispetto alla rilevazione di due anni fa; i secondi sono il 46% (con un picco del 72% nel ceto popolare), in crescita di 5 punti.

Completano i risultati della rilevazione le indicazioni relative agli aspetti problematici che segnano il contesto sociale attuale e suscettibili di produrre criticità anche in futuro. Al primo posto si colloca la perdita di potere d’acquisto delle famiglie (42%, 51% nel ceto popolare), seguita dalla mancanza di prospettive per i giovani e di stabilità nel lavoro (35%), dall’individualismo egoistico (28%) e dalla mancanza di riconoscimento del merito (23%).

Foto in apertura, Emile Guillemot by unsplash


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