Dipendenze

Exodus, un cammino lungo 40 anni: la Carovana fa tappa a Roma

In occasione del 40° anniversario della Fondazione creata da don Mazzi, torna la Carovana, che sta attraversando tutta l’Italia. La conclusione è prevista per il 6 ottobre, dopo l’ultima tappa a Palermo. Partecipano 15 ragazzi in bicicletta, provenienti da diverse comunità. Oggi la tappa a Roma. Franco Taverna: «Una provocazione per tutti, a cercare strade diverse e percorribili»

di Chiara Ludovisi

Sono partiti dal Madagascar, poi hanno attraversato il Nord Italia e l’Appennino e oggi si sono fermati a Roma, da cui ripartiranno, diretti verso il Sud, destinazione Palermo. Sono i 15 ragazzi della Carovana di Exodus, che a 40 anni dalla nascita della Fondazione ideata, voluta e creata da don Antonio Mazzi, si è rimessa in marcia. È partita a fine maggio e non si fermerà fino al 5 ottobre, quando è prevista la conclusione di questa «follia». Così l’ha definita don Mazzi, intervenendo da remoto all’incontro avvenuto in Campidoglio, in occasione della tappa romana. «Veramente fino a stamattina ho sperato di riuscire a essere lì con voi. Perché io vivo di follie e voglio continuare a farne! D’altra parte – ha aggiunto – la vita di Cristo è tutta una follia in cammino».

Che sia follia, o «provocazione» – come l’ha chiamata invece Franco Taverna, vicepresidente di Fondazione Exodus – la Carovana è il modo migliore per celebrare i 40 anni di storia della Fondazione: una storia in cui il movimento, il cammino appunto, sono parte integrante e imprescindibile del percorso educativo e di emancipazione da quelle che «allora si chiamavano droghe, poi sono diventate tossicodipendenze e oggi si chiamano, addolcendo ulteriormente il concetto, dipendenze», ha detto Taverna.

Ad aprire l’incontro, l’assessora alle Politiche sociali di Roma Capitale Barbara Funari, che ha ricordato «la folla di giovani che nei giorni scorsi ha riempito Roma di gioia e chiasso, portando un messaggio di speranza: la stessa speranza che guida il cammino che oggi siamo onorati di accogliere in una delle sue tappe». Ha aggiunto quindi che «la vostra speranza diventa il nostro impegno a stare accanto e sostenere Exodus nelle sfide che affronta da 40 anni. Noi vogliamo essere quelle gambe forti che don Mazzi chiede di avere, per poter continuare il cammino».

La vostra speranza diventa il nostro impegno a stare accanto e sostenere Exodus nelle sfide che affronta da 40 anni. Noi vogliamo essere quelle gambe forti che don Mazzi chiede di avere, per poter continuare il cammino

Perché «la Carovana è il nostro pezzo forte – ha detto don Mazzi – e il bello di questa giornata è che Roma non è una meta, ma un momento lungo il percorso. Perché per noi l’educazione è un cammino, non può fermarsi, è sempre in movimento». 

Ragazzi della Carovana al Campidoglio

Una Carovana lunga 40 anni

La Carovana del 40° è partita il 1°giugno con la tappa internazionale in Madagascar, dove è presente una delle sedi storiche di Exodus. A questa prima tappa, dal forte valore simbolico, ha preso parte l’educatore che guida la Carovana, Marco Pagliuca. Una volta rientrato in Italia, il 4 giugno, è iniziato il cammino vero e proprio: 10 ragazzi, tutti provenienti da diverse comunità di Exodus, sono saliti in sella alle mountain bike e stanno pedalando per centinaia di chilometri, attraversando tutta l’Italia e facendo tappa in luoghi significativi e comunità, per incontrarsi e confrontarsi tra loro e con le realtà che li accolgono. Realtà che oggi sono più complesse e variegate rispetto al passato: «40 anni fa era molto chiaro chi fosse fragile e chi no, il problema della droga colpiva determinate categorie di persone», ha detto Luigi Maccaro, responsabile di Exodus Cassino. «Oggi tutta la società, dagli adolescenti ai professionisti, è molto più esposta alle tante forme di dipendenza. È una società che non sta bene, per questo noi vogliamo e dobbiamo dare gambe ai sogni di don Mazzi, facendo rete con tutte le realtà che si occupano di giovani, come Csi e Agesci, con i quali collaboriamo costantemente».

In testa alla Carovana, a condurre il gruppo che nel frattempo si è ingrandito – da 10, strada facendo, i partecipanti sono diventati 15 – c’è Marco Pagliuca: «A dicembre don Antonio mi ha chiesto di guidare questo cammino. Avevo tutte le ragioni possibili per rispondere di no, invece ho semplicemente detto sì, perché sentivo di non poter fare diversamente. In questo percorso non c’è niente di certo e definitivo: non sappiamo quanti arriveranno fino alla fine, non sappiamo dove dormiremo e cosa mangeremo, non sappiamo esattamente dove andremo né chi incontreremo: l’unica certezza è che la Carovana rientrerà il 6 ottobre, dopo l’ultima tappa a Palermo. Nel frattempo, le nostre gambe si stanno rinforzando e noi ci stiamo arricchendo di tutti gli incontri che facciamo lungo la strada. La prima tappa in Madagascar mi ha permesso di partire acceso dall’entusiasmo, con la leggerezza e la semplicità indispensabili per affrontare questa esperienza. Siamo in cammino da due mesi, non ci fermiamo mai: è tutto affascinante, abbiamo un fuoco dentro, che vogliamo portare in giro».

Francesco ha 38 anni ed è uno dei partecipanti alla Carovana. A dicembre è entrato nella comunità Exodus di Cassino: «Avevo fretta di finire il percorso, ero incappato nel solito schema: entro, mi sistemo, esco. Poi ti accorgi che il tempo ti serve e allora decidi di dartelo: quando inizi a stare bene, non hai più fretta. Ora, grazie alla Carovana, inizio a sentire che stare con gli altri, magari aiutandoli, è un modo per aiutare me stesso. E voglio continuare a farlo, anche dopo questa esperienza».

La «provocazione», per un mondo migliore

La Carovana, oltre e più che un viaggio, è «una provocazione, che oggi voglio lanciare a tutti e in particolare alla politica», ha detto Franco Taverna: «questi ragazzi sono la testimonianza che anche dalle strade perdute si può rinascere. Intanto, però, il mondo di fuori ci parla di guerra, distruzione, disperazione. Le istituzioni dovrebbero prendere esempio da questi ragazzi e dalla Carovana: anziché rincorrere le risposte ai bisogni, devono immaginare strade diverse e possibili. Questo è il compito della politica: imaginare un mondo libero dalle dipendenze e dalle schiavitù».

La Carovana è una provocazione che oggi voglio lanciare a tutti e in particolare alla politica: questi ragazzi sono la testimonianza che anche dalle strade perdute si può rinascere

Questo significa, per Paolo Ciani, parlamentare e segretario di Democrazia Solidale, cambiare lo sguardo sulla fragilità: «I concetti di educazione e fragilità sono molto cambiati negli anni. Prima le fragilità erano percepite come pezzi di società da recuperare, oggi la “cultura dello scarto” le ha trasformate in orpelli di cui liberarsi. Dobbiamo liberarci di questa visione, così come dell’esaltazione dell’autosufficienza, che è un altro male del nostro tempo. Così come dobbiamo recuperare una visione, una prospettiva, di cui oggi si sente la mancanza, soprattutto nella politica, tutta presa – come si diceva – a rincorrere la risposta al bisogno».

In una parola, ha sintetizzato Mario Morcellini, professore emerito di Comunicazione, «bisogna superare l’individualismo, che uccide la società. E recuperare la dimensione del cammino, come ci indica la Carovana: perché camminare significa pensare». In questo senso, «la giornata di oggi ci indica una via e il vostro coraggio è la dimostrazione che un futuro migliore è possibile e dobbiamo sempre sognarlo e cercarlo», ha detto infine Rosita Pelecca, segretaria di Cisl Roma Capitale.

La foto di apertura (Fondazione Exodus) è stata scattata durante la tappa della Carovana a Sestola

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