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Dipendenze

Droghe, così una sostanza può renderci schiavi

Dal numero di VITA magazine appena uscito, anticipiamo nella versione estesa l'intervista alla tossicologa Veleria Petrolini, del Centro Antiveleni Maugeri di Pavia, che offre consulenza a tutti i pronto soccorso d'Italia anche nel trattamento delle intossicazioni da stupefacenti. Ci spiega come funziona il meccanismo per cui una sostanza, assunta in maniera crescente, diventa indispensabile per l'organismo

di Giampaolo Cerri

A Pavia, il Centro Antiveleni dell’IRCCS Maugeri è riferimento per i casi di intossicazione di tutti i pronto soccorso e dipartimenti di emergenza-urgenza d’Italia: con i suoi tossicologi in servizio tutti i giorni, 24 ore su 24, offre ai medici degli ospedali, da un capo all’altro del Paese, consulenza spesso anche per casi di intossicazioni da droghe. Ed è nei laboratori collegati a questo servizio che si identificano le nuove molecole di droghe sintetiche immesse sul mercato, via Internet, dietro la facciata di fertilizzanti, profumi per ambienti, energizzanti, individuando gli effetti acuti e rischi legati al loro consumo. Valeria Petrolini, medico tossicologo, ci lavora da molti anni.

Dottoressa, come nasce una dipendenza?

È sempre un fenomeno che si sviluppa su una base multifattoriale. Ci sono componenti di tipo ambientale socioculturale, educazionale, che dipendono dal contesto in cui la persona è vissuta, da quello che ha visto, dai modelli che ha avuto. C’è poi una componente genetica, che determina una predisposizione individuale allo sviluppo di dipendenza. Infine c’è sicuramente una componente dovuta alla sostanza, per cui alcune sono più legate allo sviluppo di dipendenza rispetto ad altre.

Sostanze che sono ovviamente molto diverse una dall’altra.

Sono molto diversi gli effetti che gli assuntori vi cercano e molto diversi i meccanismi d’azione che queste sostanze hanno sull’organismo umano.

Valeria Petrolini, medico tossicologo Centro Antiveleni Maugeri Pavia

Come lavorano?

Il nostro organismo funziona attraverso la trasmissione di segnali veicolati da alcune molecole, i neurotrasmettitori, che, agendo su dei recettori, provocano un determinato effetto. Quello che fanno le sostanze è entrare in questo equilibrio, alterandolo. Questo lo fanno aumentando il numero di alcuni di questi neurotrasmettitori, oppure agendo direttamente sui recettori, o alterando la capacità del nostro organismo di ricevere o rispondere a questi segnali.  

L’organismo reagisce? E come reagisce?

Ricercando l’equilibrio. Quindi se io assumo una sostanza, come per esempio l’alcol, che ha un effetto di potenziare il sistema neuro-depressivo, il nostro organismo si difende, potenziando la ricettività degli altri recettori e diminuendo la ricettività di quelli che sono sempre iperstimolati. È come se io dovessi raccogliere dell’acqua piovana:

Ossia?

È ovvio che, se piove poco, mi bastano dei contenitori di una certa larghezza, se dovesse piovere tantissimo, e devo raccogliere la stessa quantità di acqua, userò dei contenitori di una grandezza diversa, più piccola, e quindi mi adatterò a questo stimolo continuo che arriva dall’esterno.

E che succede quando questo stimolo cessa?

Che il mio organismo ha un equilibrio completamente diverso da quello iniziale, nel caso dell’alcol sarà in uno stato di iper-eccitazione. Si sviluppa la sindrome di astinenza.

Facciamo il caso degli oppiodi, dottoressa?

Gli oppioidi si indirizzano a dei recettori su cui normalmente agiscono delle molecole endogene, cioè dei neurotrasmettitori presenti nell’organismo, tra cui le endorfine. Questo sistema ha molte funzioni: lenisce la sensazione di dolore, regola l’umore e anche l’attività gastrointestinale. Mano a mano che si assume un oppioide, l’organismo riduce il numero e la sensibilità di questi recettori e anche il numero di neurotrasmettitori. In pratica, sempre per ricercare l’equilibrio, mette in stand by il sistema. Quando si smette di assumere oppioidi, cessando cioè di dare lo stimolo dall’esterno, ecco che vengono meno gli effetti del sistema endogeno che nel frattempo è stato inibito e si verifica l’astinenza, caratterizzata da dolore, effetti gastrointestinali, irrequietezza e tutto il corredo di sintomi estremamente sgradevoli tipici.  

Si parla di quali sostanze, comunemente note?

Si usa dividere le sostanze oppioidi in naturali (morfina, codeina) semisintetiche, come l’eroina, e sintetiche. La cosa interessante è che, mentre l’eroina esiste solo come sostanza d’abuso, la maggior parte degli altri oppioidi sono molecole sintetizzate per scopi terapeutici e che vengono comunemente utilizzate per il controllo del dolore e per la sedazione. Questi farmaci, cosiddetti pain killer, (che “uccidono” il dolore, ndr) come Fentanyl o ossicodone, indispensabili per le cure mediche, sono entrati anche nel mondo dell’abuso. Un problema aggiuntivo è la possibilità che soggetti in trattamento terapeutico con oppioidi in modo non sufficientemente controllato, diventino inconsapevolmente dei tossicodipendenti. Questo fenomeno ha raggiunto dimensioni enormi negli Stati Uniti.

La dipendenza produce astinenza. I sintomi sono tutti eguali?

Quella da oppioidi è caratterizzata da dolori diffusi dolori addominali ma anche da manifestazioni come vomito, irrequietezza, sudorazione, malessere generale. È molto dolorosa ma, dal punto di vista medico, non è pericolosa.

Non si muore cioè di astinenza.

Nel caso degli oppioidi no. È una crisi estremamente dolorosa, ma si può superare, come molti hanno fatto. Negli anni passati alcune comunità non adottavano nessuna terapia sostitutiva: la persona doveva gestire la propria astinenza, superare questa fase per poi ripulirsi; cosa diversa per esempio per altre forme di astinenza, come per esempio quella da alcol, che non può essere gestita autonomamente dalla persona perché molto pericolosa.

Come mai?

Perché l’astinenza da alcol coinvolge dei neurotrasmettitori e dei recettori tali per cui l’organismo arriva in uno stato di ipereccitabilità. Questo porta a manifestazioni cliniche che possono aggravarsi fino al delirium tremens, all’ipertermia, e ad altre manifestazioni molto pericolose. Di astinenza alcolica si può morire. Quindi l’etilista deve essere sempre seguito in modo molto attento nella disassuefazione, perché deve essere somministrata una terapia sostitutiva dell’alcol nel momento in cui decide di smettere di bere. Questo unitamente ad altra terapia e trattamenti di supporto perché, come abbiamo detto, la dipendenza ha molte componenti e l’approccio terapeutico è sempre multimodale tenendo conto anche delle componenti psicologiche e ambientali.

Si parla spesso anche di dopamina.

Sì perché nel nostro cervello funziona quello che si chiama meccanismo di ricompensa, per cui, quando tu provi qualche cosa di piacevole, tendi a reiterare questa cosa.

Dal cibo al sesso.

Esattamente. È il meccanismo che ha garantito sin qui la sopravvivenza della specie umana, le dicevo, poi in linea con quella che è l’evoluzione culturale, questi stimoli piacevoli sono andati sempre più raffinandosi. Per cui io viaggio, e mi piace, guardo un quadro, parlo con una persona, vedo gli amici, insomma qualche cosa che mi dà piacere e io tendo a reiterare. A questo ovviamente si associano i nostri costrutti sociali, culturali, educazionali, per cui non sempre reiteriamo quello che ci fa piacere ma lo filtriamo.

Come funziona il meccanismo di ricompensa nel cervello?

Uno dei meccanismi principali si basa sulla liberazione di un neurotrasmettitore, la dopamina, in una determinata parte del cervello, che è il nucleo accumbens. Questo causa una sensazione di piacere che l’individuo tende a riprodurre. La cocaina determina un abnorme rilascio di dopamina in questa sede, causando momentaneamente sensazioni molto positive. Anche altre sostanze eccitatorie e performanti hanno questo effetto. Per vie meno dirette, anche gli oppioidi o la stessa nicotina determinano aumento di dopamina in questa sede.  

In questo caso come si difende l’organismo?

Riducendo la sua capacità dei recettori di ricevere questa pioggia di stimoli. Per tornare all’esempio di prima, riducendo i contenitori.

E questo che cosa porta?

Al fatto che gli stimoli “fisiologici” non mi generano più lo stesso interesse e piacere di prima, perché il mio organismo non ha più la stessa ricettività per questa che, al confronto con gli stimoli generati dalle sostanze, è diventata una “piccola pioggerella di dopamina” Così parlare con un amico, ma anche fare sesso, mangiare qualcosa di buono, vedere un bel film non mi dà più quel piacere che provavo prima. Per avere il piacere a cui ora sono abituato, devo cercare nella sostanza, in qualche cosa che mi determini un rilascio, non fisiologico ma abnorme, di dopamina. Questo è uno delle dei meccanismi a base della dipendenza e del craving, ovvero la continua ricerca della sostanza per ritornare a riprodurre le sensazioni che questa può dare.

Momenti di lavoro al Centro Antiveleni di Pavia, di fronte Valeria Petrolini col direttore, Carlo Locatelli

Come si osservano queste reazioni da un punto di vista clinico?

Adesso, grazie al neuroimaging (la diagnostica per immagini di ultimissima generazione, ndr) si possono segnare i recettori con dei marcatori radioattivi e in un cocainomane, osservare come ci sia la netta riduzione del numero recettori. Il mio meccanismo normale di piacere non basta più, il piacere non riesco più a goderlo, a percepirlo. E guardi che non è solo questione di sostanza?

E cioè?

Questo stesso meccanismo, legato alla dopamina, è stato riconosciuto anche nelle dipendenze da videogiochi, da Internet, da shopping compulsivo, da gioco d’azzardo: sono situazioni che determinano questo rilascio abnorme di dopamina e che quindi vengono continuamente ricercate.

Torniamo alla dipendenza, Petrolini. Ci sono particolari differenze fra le varie sostanze? Per esempio fra la cocaina rispetto a l’ossicodone?

C’è una grossa distinzione delle sostanze d’abuso tra quelle che sono diciamo “performanti”, cioè quelle che vengono assunte nell’illusione di aumentare le proprie prestazioni. E poi ci sono le sostanze che una volta si chiamano le cosiddette sostanze “down”, quelle che invece hanno un effetto neurodepressivo, che non sono funzionali all’inserimento in un contesto sociale, di festa, di accettazione. Sono “down” gli oppioidi o anche in parte l’alcol. Il suo uso “ricreazionale”, può sembrare facilitare le relazioni, ma ad alte dosi e nel suo abuso cronico è una sostanza che isola la persona.

Dipendenza cioè danno.

Ovviamente. E tendiamo a parlare sempre degli effetti che le sostanze hanno sul sistema nervoso centrale ma, dal punto di vista tossicologico, il problema sono anche gli effetti che queste sostanze hanno su tutti gli apparati perché, questi stessi neurotrasmettitori, queste stesse alterazioni dei segnali di trasmissione, avvengono nell’apparato cardiovascolare, in quello respiratorio, muscolare, gastroenterico, ovunque. Quindi vi sono effetti a carico del  sistema nervoso centrale, che sono sia acuti che cronici: ormai è nota la correlazione tra abuso di sostanze performanti e insorgenza di psicosi. Ma, oltre agli effetti sul cervello, ci sono gli effetti a carico invece di altri organi e apparati dell’organismo. Questo vale sia per gli effetti cronici della sostanza che per gli effetti acuti. I decessi da cocaina sono dovuti a infarti, aritmie, ipertermie, infarti intestinali e altre gravi complicanze a carico dell’intero organismo.

Uno dei laboratori del Centro Antiveleni Maugeri di Pavia

E questo riguarda tutte le droghe?

Riguarda sia le sostanze classiche, che sono quelle di cui abbiamo parlato fino adesso, ma anche le nuove sostanze psicoattive. Queste sono quell’insieme di molecole, numerosissime, in continua presentazione sul mercato, molto spesso commercializzate in Internet. Non sono consumate in contesti caratterizzati come i vari “boschetto di Rogoredo” a Milano, ma assunte in contesti sociali tra i più svariati, dalle feste alle scuole, dai ritrovi tra amici a casa. Queste sostanze sono pericolosissime, con rischi, sia acuti che cronici, che purtroppo sono molto poco noti ai consumatori: vengono consumate molto spesso pensando di non assumere vere sostanze psicoattive.

Le cosiddette smart drugs.

Esatto, sono molecole che continuano a comparire sul mercato, e non c’è talvolta il tempo di identificarle e di “tabellarle” per cui possono essere sostanze vendute liberamente. Questo contribuisce a ridurre la consapevolezza della loro pericolosità, che invece è molto elevata. Stiamo parlando di sostanze che possono avere effetti eccitatori, come i catinoni e i cannabinoidi sintetici o allucinatori come le fenetilamine, vendute su piccoli francobolli, come la vecchia Lsd. Vale il discorso fatto prima.

E cioè?

Gli effetti tossici coinvolgono tutto l’organismo, in primis il sistema nervoso centrale e cardiovascolare. Ma la pericolosità di queste sostanze attiene anche alle profonde alterazioni comportamentali causate dalla loro assunzione. Qui mi riferisco al rischio di incidenti, comportamenti violenti, ma anche a esposizione a situazione di rischio.  Le alterazioni causate dagli allucinogeni, per esempio, possono portare una persona a sentirsi capace di fare cose abnormi come fermare un treno in corsa, volare oppure nuotare in un fiume gelido in inverno. Ricorda Pesciolino rosso?

Certo, l’associazione fondata a Brescia dal papà di un ragazzo che, dopo aver assunto una sostanza allucinogena a una festa, si è buttato in un fiume gelido in dove ha perso la vita.

Un ragazzo come tanti altri, con una vita comune a tanti fatta di scuola amici e interessi vari. Quando parliamo delle NPS (nuove sostanze psicoattive), quindi, ci riferiamo a contesti molto diversi, non legati a storie di tossicodipendenza. Spesso si tratta di assunzioni saltuarie o addirittura occasionali, ma non per questo meno pericolose.

Chi li prende in cura?

Non si tratta di soggetti che afferiscono ai servizi per le dipendenze – Serd, Spesso, il primo contatto con il mondo sanitario è in un Pronto soccorso in occasione di un’intossicazione acuta o in un servizio di psichiatria per l’insorgenza di una psicosi. Come ci riferiscono i colleghi psichiatri, l’età dei pazienti che accedono ai Servizi psichiatrici di diagnosi e cura -Spdc è sempre più bassa e i ragazzi sono aumentati. Questi sono i pericoli che non possiamo ignorare di queste sostanze meno note, ma non per questo meno dannose.

La foto in apertura è di Avalon/Sintesi, le altre degli archivi Ics Maugeri/Stefania Malapelle.

Questo articolo è la versione estesa di un articolo che appare nell’inchiesta che abbiamo dedicato al consumo di sostanze, in particolare da parte dei giovani, nel numero di VITA magazine Droga, apriamo gli occhi. Se sei abbonata o abbonato a VITA puoi leggerlo subito da qui. E grazie per il supporto che ci dai.

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