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Immigrazione

Governo, lo scandalo dei migranti con la cauzione

Quasi 5mila euro è l’importo che un richiedente asilo dovrebbe versare come “cauzione” per evitare di stare nei centri per il rimpatrio - cpr, in attesa dell’esito della sua domanda d’asilo. «Questa è un’espressione di estremismo politico», dice Gianfranco Schiavone dell’ Associazione per gli Studi Giuridici sull'Immigrazione - Asgi. «Il criterio per valutare se applicare o meno una misura di trattenimento amministrativo di un richiedente asilo non può in nessun modo dipendere dalle sue risorse finanziarie»

di Anna Spena

Un Centro per il rimpatrio-Cpr per ogni regione, velocizzazione del riconoscimento dei minori ed estensione del trattenimento fino a 18 mesi, il massimo consentito dall’Unione Europea. «I Cpr», come aveva giustamente sottolineato Mario Morcone, assessore regionale campano alla Sicurezza, legalità e immigrazione, in questa intervista “Morcone: La stretta sui migranti? È pura demagogia che aumenterà l’insicurezza”, «sono pura crudeltà nei confronti delle persone e i rimpatri sono pura demagogia».

Con un decreto del ministero dell’Interno, pubblicato in Gazzetta Ufficiale, il Governo ora rende noto di aver fissato a 4.938 euro l’importo che un richiedente asilo, proveniente da un “Paese sicuro”, può pagare se vuole evitare il cpr o gli hotspot. La cifra potrà essere trattenuta per un massimo di quattro settimane, il tempo necessario per ottenere l’esito della domanda d’asilo. Assieme a questa “garanzia finanziaria” chi richiede asilo deve dimostrare la disponibilità di un alloggio adeguato sul territorio nazionale e della somma che occorre al rimpatrio e di mezzi di sussistenza minimi. 

«Questa è un’espressione di estremismo politico», dice Gianfranco Schiavone dell’ Associazione per gli Studi Giuridici sull’Immigrazione – Asgi. «E lo è per varie ragioni. La prima riguarda il fatto che il Governo italiano vuole colpire e limitare il diritto d’asilo e colpire i richiedenti asilo solo per il fatto di esserlo. Nessuno, ripeto nessuno, dei richiedenti che fuggono dal Paese d’origine a causa di persecuzioni o a causa di guerre può arrivare in Italia nelle condizioni che richiede il decreto, ovvero: essere in possesso di un documento in corso di validità e avere a disposizione risorse economiche che derivano da un conto bancario ancora attivo nel Paese d’origine».

Queste sono due condizioni che non si verificano mai: «mi viene da dire con ironia», aggiunge Schiavone, «che se un richiedente asilo può liberamente attingere a queste risorse economiche questo potrebbe essere un elemento per considerare falsa la domanda». Questa misura non è fattibile e «oltre che assurda», sottolinea Schiavone, «è anche illegittima. L’articolo 8 della direttiva 33 del 2013 – direttiva dell’Unione Europea sull’accoglienza – che presenta un diritto sovraordinato rispetto al diritto interno, stabilisce che il richiedente asilo non può essere trattenuto per il solo fatto di essere richiedente asilo. Siamo davanti a una completa contraddizione del principio fondamentale della ratio della direttiva». Esistono delle ipotesi in cui il richiedente asilo può essere trattenuto: «Ma in questo caso», continua Schiavone, il punto è un altro. Il criterio per valutare se applicare o meno una misura di trattenimento amministrativo di un richiedente asilo non può essere quello di verificare se ha o non ha “garanzie” per il Governo. Capite che la scelta di trattenerlo o meno non può in nessun modo dipendere dalle sue risorse finanziarie».

Foto apertura: Marco Alpozzi/LaPresse


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