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Cutro, il ricordo ha bisogno di onestà

Il 26 febbraio di un anno fa sono morte a poche decine di metri dalla riva, a Steccato di Cutro, 94 persone, tra cui 35 bambini. Quel giorno è stato strumentalizzato per generare provvedimenti nefasti come la cancellazione della protezione speciale. Ora c'è bisogno vera memoria e vero rispetto

di Alessandra Sciurba

Il 26 febbraio di un anno fa sono morte a poche decine di metri dalla riva, a Steccato di Cutro, 94 persone, tra cui 35 bambini. Diverse decine restano ancora disperse. 

Le immagini di quei giorni sono bare marroni e bianche, su così tante file nel palazzetto dello sport di Crotone. Parenti arrivati dalla Germania o dagli Stati Uniti a riconoscere corpi restituiti dal mare. Sopravvissuti senza più mogli, figlie, padri, bambini senza più mamme. Istituzioni in passerella mentre quegli stessi sopravvissuti, per cui tutto il mondo si commuove, sono rinchiusi in due hangar controllati militarmente, senza nemmeno letti. Resti sulla spiaggia. Sommozzatori che trascinano ancora corpi a cui dare un nome. Tentativi istituzionali maldestri di seppellire i feretri, quasi trafugandoli, prima possibile e senza rispettare la volontà delle famiglie. Sit-in delle famiglie per opporsi almeno a questa violenza e sindaci che provano a fare il loro dovere. Volontari e volontarie che non dormono la notte per portare un po’ di ordine in quell’inferno. Le liste di quali bare da fare arrivare dove. Storie che si ricostruiscono, desideri che non si realizzeranno.

E poi quella conferenza stampa della Presidente del Consiglio e dei suoi ministri a Cutro – le bare ancora al Palamilone di Crotone -, in cui senza alcuna pietas inizia la strumentalizzazione del disastro, e si emana un decreto che usa la morte di ciascuna di quelle persone per distruggere la vita di tantissime altre:

  • Cosa c’entra con la strage di Cutro la sostanziale cancellazione della protezione speciale, ovvero il calcolo ragionato per rendere impossibile a migliaia e migliaia di uomini e donne di vivere in Italia con un permesso di soggiorno invece che nella marginalizzazione?
  • Cosa c’entra con quella strage lo svuotamento delle garanzie per i e le richiedenti asilo e l’inasprimento del regime delle espulsioni?
  • E l’estensione del trattenimento di chi chiede protezione nei centri per il rimpatrio e l’imposizione illegittima del pagamento di 5mila euro per evitarlo?
  • E la previsione normalizzata del sovraffollamento nei centri di prima accoglienza, con la possibilità di trattenere lì dentro anche i minori?
  • E l’aver reso molto più difficile ottenere e convertire permessi di soggiorno come quello per cure mediche?
  • E cosa c’entrano anche le pene aumentate per i presunti scafisti, quando è ormai chiaro che “i capitani” delle imbarcazioni che pericolosamente sfidano il Mediterraneo sono quasi sempre capri espiatori, o vittime di tratta essi stessi, o pesci piccolissimi di un sistema in cui chi lucra su questi viaggi agisce in piena continuità, quando non coincide, con le autorità dei paesi di transito finanziati proprio dall’Italia e dall’Europa in nome del controllo delle frontiere?

Il bilancio di questi 12 mesi, guardando dalla spiaggia di Steccato di Cutro, è questo.

E niente è stato fatto per dare alternative ai viaggi terribili e obbligati, e per colpire davvero il traffico di esseri umani, cose che presuppongono innanzitutto l’apertura di canali di ingresso legali e realmente percorribili.

Niente è stato fatto per evitare che altre persone annegassero, ed è stato invece l’anno dei porti lontani e lontanissimi assegnati alle Ong e dei fermi amministrativi e delle multe per le navi che scelgono di effettuare più di un soccorso non lasciando tutto il mare vuoto troppo a lungo. Più di 2.500 vite sono andate a fondo nel Mediterraneo nel 2023.

E ancora, come non ha mai smesso di denunciare la rete 26 febbraio, che racchiude molte realtà della società civile che a Cutro e da Cutro hanno iniziato a unire le proprie battaglie per la verità e la giustizia, il governo italiano non ha in questo anno mantenuto nemmeno le promesse fatte alle persone sopravvissute e ai e alle familiari delle vittime.  

Nel frattempo, proprio per quella strage, si profila il rinvio a giudizio per omissione di soccorso per alcuni membri della Guardia di Finanza e della Guardia costiera ed emergono dettagli sempre più precisi che dimostrano fino a che punto le autorità europee ed italiane avrebbero potuto (e dovuto) intervenire in tempo, e invece sono rimaste a guardare per poi prendere decisioni i cui effetti hanno portato a quelle conseguenze irrimediabili. Molto più celeri, ovviamente, i procedimenti contro i cinque presunti scafisti, in carcere da quando sono stati identificati come tali.

Che Cutro in questo anniversario sia luogo di rispetto. Che la memoria sia resistenza e promessa di non accettazione. La rete 26 febbraio ha costruito un percorso di iniziative che in questa direzione muovono e sperano. Che ogni forma di ricordo abbia la stessa onestà. 

Foto: omaggi alle vittime del naufragio sulla spiaggia di Cutro/La Presse


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