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Nuovo capitalismo

La finanza sostenibile ha conquistato le maggiori business school del mondo. Buona o cattiva notizia?

Tanto i rivoluzionari quanto i riformatori o i semplici innovatori non hanno scelta. Devono confrontarsi con la finanza e quest’ultima si presta al gioco perché si alimenta di innovazione, cambiamenti di sistema e crisi. Le future èlites mondiali si stanno formando in questo contesto

di Filippo Addarii

Sono cresciuto professionalmente lavorando alle politiche per lo sviluppo del Terzo settore e dell’impresa sociale di Londra e Bruxelles imbevuto dalla retorica su una finanza alternativa che non persegue semplicemente la massimizzazione del profitto individuale, ma che è determinata a generare valore tanto quanto un impatto sociale e ambientale positivo. La finanza che avrebbe cambiato il capitalismo e realizzato la giustizia sociale. Una finanza che avrebbe trasformato il Terzo settore nella nuova forza economica capace di cambiare le regole del mercato e realizzare uno sviluppo sostenibile. 

Il lettore mi perdonerà il condizionale passato ma se la giovinezza si nutre di entusiasmo, la maturità richiede una verifica delle aspetative in un confronto serrato con i fatti. 

Ora che inizio il mio primo corso di finanza alternativa all’Istituto di Finanza e Technologia di University College London (Ucl), sono molto perplesso sull’opportunità di armare una nuova generazione di studenti a intraprendere una strada che oggi risulta senza prospettive allettanti. Quantomeno sento il dovere di condividere la mia esperienza equipaggiandoli con quegli strumenti interpretativi che gli permettano di compiere scelte consapevoli. Non tollero l’idea di ispirare kamikaze o martiri, come neppure potrei incoraggiarli a scegliere la pillola blu del conformismo. 


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Francesca Medda, fondatrice e capo dell’istituto (e direttore dell’agenda digitale di Consob), mi ha invitato a insegnare chiedendomi  di proporre ai suoi studenti una lettura originale, filosofica della finanza. Sono studenti che vengo da tutto il mondo attratti dal mito della City di Londra e dalle prosepttive di successo dei banker. Non sono attivisti in sandali. 

Questi futuri banker devono poter comprendere la finanza e praticare la professione avendo acquisito un’orizzonte di senso che travalica la retorica di settore e le interpretazioni semplicistiche che ne spiegano il funzionamento.  

Ciò significa smontare i luoghi comuni, mettere in discussione i canoni sociali che si attribuiscono alla finanza. Ugualmente, la sfida che mi si pone è di selezionare quella parte di patrimonio genetico della finanza sociale che può essere integrata nell’industria, nelle sue regole e dinamiche. Solo così può espandersi globalmente percolando in una delle infrastrutture istituzionali globali più diffuse e determinanti. Mi ha sempre intrigato l’interpretazione che le idee siano come dei virus che contaminano il corpo sociale modificandone i comportamenti collettivi. 

È stato anche riprendendo in mano il libro di Alessandro Messina e Dario Carrera “Money for nothing. Guida civica alla finanza per comprendere, discutere e scegliere” uscito quest’anno, che ho cominciato a riflettere in questa modalità. Messina e Carrera compendiano con una sintesi magistrale le tante possibilità che la finanza ci offre.  L’effetto è liberatorio rispetto al conformismo intellettuale che impera dentro il settore e nel dibattito pubblico. 

Così procedo nel dare corpo a questo nuovo insegnamento sulla base di alcune considerazioni fondamentali. Linee guida utili anche per una revisione strategica della finanza sociale. Di qui in sintesi. 

Le monete digitali, tanto quelle statali che quelle derivate da blockchain, e il commercio dei beni smaterializzati sono l’essenza del capitalismo contemporaneo

Denaro e finanzia generano un sistema che è un soggetto misterioso e contradditorio e combina in sé le espressioni dell’egoismo più ottuso con un sistema di fiducia impersonale testato nei secoli che ha dato vita a un’infrastruttura per la cooperazione globale. Il denaro come la finanza sono in continua evoluzione. Siamo partiti nei primi millenni Avanti Cristo con le prime forme  di “pagherò” scambiati in forma di tavolette di argilla incise con ideogrammi, la prima forma di denaro utilizzato nell’impero babilonese, per arrivare  ai più recenti sviluppi della finanza digitale: le monete digitali, tanto quelle statali che quelle derivate da blockchain, e il commercio dei beni tokenizzati (smaterializzati). Questo è il capitalismo contemporaneo ed il mondo in cui operiamo. Qualunque processo di trasformazione parte da questo contesto e non ci sono ideologie alternative che hanno una chance di prevalere nel breve periodo. Il resto è retorica, ingenuità o strumentalizzazione. 

Questi però non sono fatti naturali soggetti alle leggi immutabili dell’universo. Sono fatti istituzionali creati dall’azione umana e soggetti a questa. L’emergere negli ultimi anni della finanza sostenibile grazie all’azione combinata di mercati, governi e attivisti aiutati da congiunture storiche agevolanti, ci dimostra che le alternative sono possibili quando perseguite con ferrea determinazione, spietato realismo e il benvolere del fato. Tanto i rivoluzionari quanto i riformatori o i semplici innovatori non hanno scelta. Devono confrontarsi con la finanza e quest’ultima si presta al gioco perché si alimenta di innovazione, cambiamenti di sistema e crisi. 

Pertanto la finanza sociale è oggi più che mai una possibilità attuabile  ma sempre e solo se non si richiude nella torre eburnea della moralità e purezza verginale, ma si confronta che le regole del mondo che, per quanto bruto e sporco, è reale e rilevante. 

Chiudo osservando con soddisfazione che soltanto qualche anno fa sarebbe stato inconcepibile persino immaginarsi che le più grandi università e business school del mondo, facessero a gara per offrire dei corsi di finanza alternativa. Oggi le top 3 del ranking mondiale, nell’ordine Oxford, Harvard, e Cambridge (UCL è decima) fanno carte false per attrarre l’élites internazionali di domani anche su questo terreno.

Foto: Tetiana Shyshkina su Unsplash


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