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La spiritualità che manca all’innovazione sociale

L’impatto, in estrema sintesi, non basta. Per tenere assieme tutto, dal micro comportamento individuale alla governance di sistemi organizzativi complessi passando per le politiche, anche quelle di missione, servirebbe un supplemento di spiritualità che ci sarebbe piaciuto leggere nella “Laudate Deum” di Francesco

di Flaviano Zandonai

Sta facendo discutere “Laudate Deum”, l’esortazione apostolica sulla crisi climatica di papa Francesco sia per i contenuti ma forse ancor di più per l’impostazione e il tone of voice del documento. Mancherebbe in particolare quella dimensione di spiritualità che dovrebbe caratterizzare qualsiasi presa di posizione di un leader religioso. L’esortazione è un documento che poteva essere scritto da un’istituzione pubblica, una fondazione, una ong, un centro di ricerca, ecc. magari da sottoporre a un qualche “tavolo” di discussione per la formazione di nuove politiche di intervento. Un formato che nella sua scansione – descrizione dello scenario sulla base di evidenze, analisi delle soluzioni attuali e dei loro limiti, proposte formulate come un piano di azione – richiama quella “tecnocrazia”, pur votata a ben altri scopi, che secondo Francesco rappresenta il nemico principale verso una trasformazione del paradigma socioambientale.


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La questione potrebbe essere risolta facilmente, evidenziando che “Laudate Deum” costituisce una sorta di addendum all’enciclica “Laudato sì” nella quale i riferimenti a principi e valori teologici sono più espliciti (anche se non troppo va detto). O ancora più semplicemente osservando che in fatto di spiritualità nella chiesa cattolica, come in tutte le religioni, principi e rituali che permettono di coltivarla non mancano. Ma in realtà sono le soluzioni proposte in quella esortazione per uscire da questa crisi epocale che avrebbero bisogno di una ulteriore iniezione di spiritualità. La strada proposta dal pontefice consiste infatti nel rilancio di un approccio multilaterale che riguarda non solo il classico dialogo tra istituzioni statali o rappresentanze formali dei soggetti economici e sociali che peraltro appare in evidente difficoltà nel pieno della «terza guerra mondiale a pezzi». Il multilateralismo di Francesco chiama anche in causa, in senso sussidiario, i tessuti sociali e le comunità dove si formano istanze di advocacy e concrete risposte in termini di contrasto, mitigazione ma soprattutto adattamento al nuovo scenario socio-ambientale.

Anche l’innovazione sociale animata dalle migliori intenzioni e opportunamente accompagnata attraverso luoghi, infrastrutture e strumenti dedicati non sembra essere sufficiente per dar vita a trasformazioni profonde

Forse in molti contesti lo spirito di aggregazione e mobilitazione sociale è ancora vivo, e anzi lo si può considerare un dato costitutivo. Ma in altri come quell’ occidente che, a questo punto non a caso, Francesco individua come causa principale della crisi in atto, l’agire collettivo, anche su base comunitaria, non è semplicemente rarefatto e ridimensionato, ma spesso attivo “al minimo” cioè per finalità di mero coordinamento o per perseguire scopi delimitati che non richiedono ai soggetti coinvolti di andare troppo oltre sé stessi. Anche l’innovazione sociale animata dalle migliori intenzioni e opportunamente accompagnata attraverso luoghi, infrastrutture e strumenti dedicati non sembra essere sufficiente per dar vita a trasformazioni profonde. L’impatto, in estrema sintesi, non basta. Per tenere assieme tutto, dal micro comportamento individuale alla governance di sistemi organizzativi complessi passando per le politiche, anche quelle di missione, servirebbe un supplemento di spiritualità che in questo documento avremmo letto volentieri.

Foto: Pixabay


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