Idee Medio Oriente
Stop alle colonie israeliane in Cisgiordania: l’impasse dell’Europa di fronte al diritto internazionale
La risoluzione proposta dai palestinesi è stata accolta dalla maggioranza dei voti all'Onu (ma non ovviamente da Israele e Usa). Dei 27 Paesi membri due hanno votato contro il testo, Ungheria e Repubblica Ceca, 13 a favore e 12 si sono astenuti, fra questi l'Italia. Eppure, sul rispetto del diritto internazionale la posizione dell'Ue è sempre stata inequivocabile. Qual è quindi la posizione dell'Alto Rappresentante per gli affari esteri Kaja Kallas?
Come accade ormai da molti anni a New York, in settembre, inizia l’Assemblea Generale delle Nazioni unite che vede i leader del pianeta sfilare in passerella al Palazzo di Vetro. Questa volta sono 87 i capi di stato e 45 i capi di governo che hanno annunciato la loro partecipazione all’apertura della settantanovesima riunione che si svolge nell’arco della settimana preceduta da un altisonante “Summit del Futuro” destinato a non lasciare traccia se non a gonfiare le tesi degli studenti di Scienze Politiche.
Tutti i 193 Stati Membri a parole sostengono e invocano il multilateralismo; tutti reclamano le riforme per rendere più efficiente il massimo organismo internazionale; pochi, però, sono quelli disposti ad accettarne le deliberazioni e a farle rispettare declassando, di fatto, la presenza ad un vacuo esercizio accademico più ad uso e consumo della propria opinione pubblica che non ad innescare un credibile processo di costruzione di una efficace governance globale. Basta guardare, ad esempio, a quanto avvenuto la scorsa settimana.
Nel 2012 lo Stato di Palestina ha ottenuto lo status di osservatore presso le Nazioni unite che gli consente di partecipare ai lavori dell’assemblea pur senza diritto di voto. Facendo seguito al parere consultivo della Corte di Giustizia Internazionale sulle conseguenze giuridiche derivanti dalle politiche e dalle pratiche di Israele nei Territori palestinesi occupati del 19 luglio 2024 il rappresentante palestinese ha presentato una risoluzione che chiede allo Stato ebraico di rispettare il diritto internazionale e ritirare le sue forze militari, cessare immediatamente tutte le nuove attività di insediamento, evacuare tutti i coloni dalle terre occupate e smantellare parti del muro di separazione che ha costruito all’interno della Cisgiordania occupata.
Sono stati 124 i Paesi che si sono espressi a favore, 14 contro e 43 gli astenuti. Fra i voti contrari, ovviamente, quello di Israele affiancato da quello Usa. Per quanto riguarda gli europei la questione è complessa. In base ai trattati, le missioni dei Paesi dell’Ue presso le organizzazioni internazionali sono tenute a cooperare al fine di garantire il rispetto e l’attuazione delle decisioni e delle posizioni prese congiuntamente; di fatto, tuttavia, ogni Stato agisce per conto proprio infischiandosene della Politica Estera e di Sicurezza Comune (Pesc).
Dei 27 Paesi membri due hanno votato contro il testo, Ungheria e Repubblica Ceca, 13 a favore e 12 si sono astenuti, fra questi l’Italia. Eppure, sul rispetto del diritto internazionale la posizione dell’Ue è sempre stata inequivocabile. Da questo punto di vista l’azione energica di Josep Borrell, l’Alto Rappresentante per la Pesc (Politica estera e di sicurezza comune), è stata ammirevole anche se improduttiva e scarsamente visibile. Nei giorni scorsi Borrell si è recato in vista in Egitto facendo tappa al valico di Rafah dove lunghe colonne di autocarri che trasportano gli aiuti umanitari per la Striscia di Gaza aspettano invano il via libera dalle autorità israeliane. Dopo avere partecipato alla riunione dei ministri della Lega Araba cercando di sviluppare una sinergia di azione diplomatica arabo-europea si è spostato in Libano. Il programma del tour in Medio Oriente avrebbe dovuto concludersi in Israele ma la tappa è stata cancellata per il diniego del visto di ingresso da parte del ministro degli esteri di Tel Aviv Israel Katz. Ufficialmente il ministro ha chiesto a Borrell di posticipare la visita, ma dietro le quinte lo ha accusato di comportarsi come i peggiori antisemiti e di condurre una campagna antisemita piena di odio contro Israele. La colpa di Borrell agli occhi di Katz è quella di avere chiesto l’adozione di sanzioni europee nei confronti di Ben-Gvir e Smotrich, i due ministri del governo di Tel Aviv noti per le posizioni razziste. No comment da parte dell’Alto Rappresentante che ha incassato in silenzio l’attacco e nessuna parola di solidarietà per lo schiaffo diplomatico da parte dei colleghi europei. È opportuno chiedersi, a questo punto, cosa farà l’estone Kaja Kallas (nella foto La Presse insieme alla presidente Ursula Von del Leyen, ndr), designata a subentrare a Borrell nella nuova Commissione europea. Manterrà la linea ferma del predecessore? Se la Corte Penale Internazionale emetterà un mandato di arresto nei confronti di Netanyahu come richiesto dal Procuratore Capo lo rispetterà prendendo pubblicamente le distanze dal primo ministro israeliano? Sarebbe importante che qualche eurodeputato sollevasse la questione durante l’imminente audizione di conferma.
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