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Il decreto sul gioco d’azzardo online? Un pericoloso passo indietro

Il Consiglio dei ministri ha approvato il decreto legislativo che riordina il settore dei giochi online. «La novità più clamorosa e pericolosa è l’esautoramento dell’Osservatorio presso il ministero della Salute. Sarà sostituito da una Consulta permanente gestita dal Mef. Ma il primo interesse, dal punto di vista dello Stato, deve essere quello della salute: qui si sta capovolgendo tutto, tornando al 2012», dice il sociologo Maurizio Fiasco

di Ilaria Dioguardi

Il Consiglio dei Ministri del 19 dicembre 2023 ha approvato lo schema di decreto legislativo che riordina le disposizioni vigenti in materia di giochi. «La scomposizione della normativa in due decreti legislativi, quello dei giochi online e quello dei giochi fisici, è strumentale per saltare il parere della Conferenza Unificata Stato–Regioni ed Enti Locali sulle regole dell’azzardo digitale. Aver anticipato il decreto legislativo su tale, prevalente comparto si rivela un astuto escamotage». A parlare così è Maurizio Fiasco, sociologo, presidente di Alea, esperto della Consulta nazionale antiusura e, dal 2016, componente dell’Osservatorio del ministero della Salute per il contrasto della diffusione del gioco d’azzardo e il fenomeno della dipendenza grave.

Fiasco, ci parli della novità del decreto che lei ritiene più importante, anzi «clamorosa». Perché, a suo avviso, è un grande problema l’esautoramento dell’Osservatorio presso il ministero della Salute in favore di una nascente “Consulta permanente dei giochi pubblici”?

L’Osservatorio presso il ministero della Salute è un organismo consultivo del ministro, che lo supporta nelle politiche e nelle decisioni che riguardano gli aspetti socio sanitari correlati. Questo dicastero, negli anni del boom del gioco d’azzardo, è stato emarginato da tutti i governi e, quindi, si è espresso molto poco nei fatti. L’unica voce, oltre alle indagini dell’Istituto Superiore di Sanità, è consistita appunto nell’Osservatorio, pur con tutte le limitazioni che ha un organismo consultivo. Con molto scrupolo e competenza, l’Osservatorio ha valutato, e quindi fornito indicazioni concrete sui piani delle regioni, sugli effetti della pandemia e anche sulla condizione dei pazienti. Per concludere con un documento finale, approvato all’unanimità, con sette raccomandazioni al governo, per il tramite del ministro della Salute.

Nel decreto legislativo appena licenziato non vi è traccia del lavoro fatto dall’Osservatorio, anzi si compiono scelte opposte. Capisco adesso perché l’Osservatorio non è stato più reinsediato, nonostante le nomine siano state fatte da almeno sei mesi dal nuovo Governo

Nel decreto legislativo licenziato non vi è traccia di quel lavoro, anzi si compiono scelte opposte. Capisco adesso perché l’Osservatorio, che concluse i lavori nel dicembre 2022, non è stato più reinsediato, nonostante il perfezionamento degli atti (Decreto interministeriale, selezione dei componenti, decreto del direttore generale della Prevenzione). Da almeno sei mesi è tutto pronto. Penso che non piaccia – agli estensori del decreto legislativo sull’azzardo online – che in esso la componente socio sanitaria, correttamente, prevalga, con sei clinici del Servizio Sanitario Nazionale, quattro rappresentanti delle regioni, un rappresentante delle associazioni scientifiche, un rappresentante del Terzo settore, uno delle famiglie e uno dei consumatori. Se nella prima edizione (2016) c’era soltanto una figura di clinico, nel decreto interministeriale del 2023 il focus è sugli aspetti di salute, in senso non solo sanitario ma come completo stato di benessere fisico, psichico e relazionale. L’Osservatorio si preparava ad assolvere un compito molto importante: dare le linee dei piani per le regioni, valutare i risultati delle politiche territoriale, misurare l’impatto dei sulla salute e, di conseguenza, fornire dei pareri al ministro della Salute. Adesso dal cilindro esce questo coniglio: la Consulta permanente dei giochi pubblici. La questione è molto seria e pericolosa.

Maurizio Fiasco – Foto di Barbara Rigon

Perché, a suo avviso, la questione è molto seria e pericolosa?

Perché si torna al 2012, quando venne creato un Osservatorio assai bizzarro: lo presiedeva il vice direttore dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli. Ed è questo il tratto più inquietante: si torna ad affidare al ministero dell’Economia e delle Finanze e ai Monopoli la politica della salute sul gioco d’azzardo. Un’assurdità che cessò per l’appunto nel 2016, quando l’Osservatorio fu incardinato nel ministero della Salute. Al suo posto, dovrebbe subentrare una cosiddetta «Consulta permanente dei giochi pubblici ammessi in Italia, con lo scopo di monitorare l’andamento delle attività di gioco, incluse quelle illecite non autorizzate, i loro effetti sulla salute dei giocatori nonché il proporre al governo misure e interventi idonei allo scopo di contrastare lo sviluppo della ludopatia». Si legge così, testualmente, nel decreto legislativo. L’incompetenza dell’estensore dell’articolato è rivelata anche da una “perla”, quel lemma “ludopatia” che – prescrive la legge 9 agosto 2018, n. 96 – va sostituito in tutti gli atti pubblici dalla  dicitura “disturbo del gioco d’azzardo”. Non è una questione lessicale, ma la volontà di chiarire la rilevanza del tema quale problema di sanità pubblica e dunque la primazia del dicastero della Salute. Con il “cavallo di Troia” della parola gergale “ludopatia” si aprono le porte alla rappresentanza dei concessionari e dei gestori dei giochi d’azzardo. Sconcertante.

Con il “cavallo di Troia” della parola gergale “ludopatia” si aprono le porte alla rappresentanza dei concessionari e dei gestori dei giochi d’azzardo. È sconcertante

Ci spieghi meglio.

L’Osservatorio – come tutti gli organismi di rilievo analogo per la Salute (sul tabagismo, sulle patologie da alcol, ma anche sui farmaci) – categoricamente non può includere le parti che perseguono il profitto (perché in patente conflitto di interessi). Dunque, in questo caso non devono esserci né i concessionari né le associazioni dei gestori. Il precedente decreto interministeriale, infatti, lo vieta esplicitamente. Per intendersi con una analogia: sarebbe come se a valutare l’impatto del siderurgico di Taranto sulla salute delle persone fosse competente il ministero dell’Industria e quello della Salute. È un fatto di una gravità inaudita.
Per questo, insisto, l’aspetto più allarmante di questo decreto è lo svuotamento dell’Osservatorio quale organismo consultivo del ministro della Salute, perché dall’Osservatorio sono escluse esplicitamente le entità che abbiano avuto interessi di tipo commerciale o che abbiano avuto sponsorizzazioni, sovvenzioni e incarichi con le società che esercitano attività for profit sul gioco d’azzardo. È una situazione scandalosa, è uno sfregio che viene fatto al Servizio Sanitario Nazionale tanto più che lo stesso ministero dell’Economia delle Finanze e i Monopoli non hanno ottemperato a un’altra norma di legge che rendeva imperativa la trasmissione dei dati sul gioco d’azzardo al ministero della Salute e all’Osservatorio. Il tutto mentre il gioco d’azzardo online compie un ulteriore balzo.

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Quali dati non sono stati resi noti? Può darci qualche dato recente sul gioco d’azzardo?

Non sono mai stati resi noti i dati a consultivo nel 2022. Nemmeno il Libro Blu (dell’Agenzia delle Dogane dei Monopoli, ndr) è stato pubblicato, come solitamente avviene tutti gli anni, a settembre-ottobre. Questi dati il ministero della Salute non ce li ha, mentre i concessionari ne dispongono tranquillamente per i loro piani di marketing. Anche questo è un altro scandalo. Comunque, secondo stime ben fondate, il gioco d’azzardo online nel 2023 supererà la cifra di ben 80-85 miliardi. Nel primo trimestre 2023, erano circa 20 i miliardi giocati dagli italiani, se si considera che di mese in mese c’è un incremento, ecco che si arriva al calcolo del volume. Oltretutto da questa impressionante mole di giocate, lo Stato non ricava più dell’1% delle somme. A un così irrisorio introito relativo, si pone rimedio (per ottenere almeno le stesse somme assolute) aumentando a dismisura i volumi lordi del gioco d’azzardo.  È una spirale perversa e obbligata che crea un doppio legame, quindi un impatto pesantissimo sulla salute.
Ecco perché – per scongiurare un serio bilancio di salute di tale tendenza – si istituisce tale grottesca “Consulta permanente”. Ma ce n’è anche per l’impatto dell’azzardo sull’ordine pubblico. Un volume di transazioni online pari a 85 miliardi pone a rischio la stessa sicurezza dell’economia pubblica, per il dilagare del riciclaggio. Tant’è che negli Stati Uniti, dove lo hanno rilevato da molti anni, il gioco d’azzardo online viene scoraggiato, l’unico Stato in cui lo si può praticare è il Nevada.

Questo decreto riguarda solo il gioco online.

La scomposizione della normativa in due decreti legislativi, quello dei giochi online e quello dei giochi fisici, è strumentale per saltare completamente, almeno sul primo comparto, il passaggio nella Conferenza Unificata Stato Regioni Enti Locali. È così che si escludono dalla partita le rappresentanze degli enti territoriali e dunque il Servizio Sanitario di loro competenza. Le regioni dovrebbero adesso farsi sentire con energia, perché le conseguenze socio sanitarie ricadono sul servizio che viene da esse programmato, sovvenzionato e regolato. Regioni e Comuni subiscono le ricadute sulle loro politiche di sicurezza sociale e di presidio delle comunità degli effetti del gioco d’azzardo, sia quello fisico sia quello online. Appare del tutto illogico limitare con un altro decreto sulla rete fisica (slot machine, gratta e vinci e altri) la potestà complessiva delle autonomie regionali e locali.

Le regioni dovrebbero adesso farsi sentire con energia, perché le conseguenze socio sanitarie ricadono sul servizio che viene da esse programmato, sovvenzionato e regolato

Nel decreto si parla di «promozione del gioco responsabile»?

Sì. Ricorre l’espressione «sviluppo del gioco sicuro». Un’impostura semantica, immediatamente rivelata da quel riferimento allo «sviluppo delle reti di gioco secondo modelli che assicurano competitività» e di «promozione di gioco responsabile diretto a evitare forme anomale e distorte delle giocate». Ma cosa c’è di più distorto e anomalo di un volume da 85 miliardi? Non c’è bisogno di alcuna prova ulteriore, è la certificazione inoppugnabile di una patologia di massa che è stata veicolata sia dalla distribuzione sul territorio sia da queste dimensioni anomale e iperboliche del gioco online.

Perché il gioco d’azzardo online è quello più impattante sulla dipendenza?

Da una parte, perché le tecnologie digitali consentono l’altissima frequenza, quindi un coinvolgimento più veloce della persona nella dipendenza, nella patologia. Dall’altra parte, l’online è il settore del gioco d’azzardo che fornisce allo Stato i ricavi più risibili. Di questi 80-85 miliardi lo Stato ricava 800-850 milioni. La diffusione delle dipendenze da gioco d’azzardo (ancora più alta della diffusione nei territori del gioco fisico) ha un alto impatto. Le tecnologie digitali, poiché non sono semplicemente un supporto ma una struttura che si modifica, si evolve, si regola sui comportamenti dell’utilizzatore, hanno una capacità di attivare la dipendenza enormemente superiore alle forme di distribuzione del gioco d’azzardo su una rete fisica. A fronte di un boom del gioco online, che non accenna a diminuire anzi tende a incrementarsi esponenzialmente, si riduce la sorveglianza sanitaria, fino a estinguerla. 80-85 miliardi spesi online per il gioco d’azzardo sono una cifra enorme, i dati sono tenuti riservati ma le proiezioni sono attendibili.

Secondo stime ben fondate, il gioco d’azzardo online nel 2023 supererà la cifra di 80-85 miliardi

Dopo questo decreto, cosa si potrebbe fare?

Il ministero della Salute deve battere un colpo al più presto e anche la Conferenza delle Regioni. Così come deve intervenire il ministero del Welfare. C’è anche un elemento che riguarda il sistema territoriale di sicurezza sociale, in base alla riforma del 2000 (legge 382) con il ruolo preminente delle regioni, dei comuni e del Servizio sanitario.

A suo avviso, cosa avrebbe dovuto esserci in un decreto in tema di riordino del settore dei giochi online?

Una gerarchizzazione corretta dal punto di vista istituzionale degli interessi. Il primo è quello della salute, che è un principio di rango costituzionale: la protezione del cittadino da ogni fattore che va ad interferire con la salute, intesa non in termini strettamente sanitari. Il secondo criterio è la prevenzione quale politica di sicurezza pubblica. Il gioco è di per sé un fattore che induce comportamenti criminali, e anche un settore di interesse delle forme associative della criminalità. Segue, al terzo posto, l’interesse fiscale dello Stato. Questo come si giustifica, nel comparto dei giochi online, quando da 85 miliardi lo Stato ricava l’1 per cento? Il quarto criterio è l’esercizio riconosciuto dallo Stato dell’attività di impresa nel settore del gioco legale. Quest’ultima, l’iniziativa privata, si svolge sotto l’egida della concessione, che è la facoltà di un privato di utilizzare a fini di lucro un bene che è di monopolio dello Stato, a determinate condizioni. Questo è il punto: il privato che viene chiamato a rispondere a una gara per la concessione deve attenersi al rispetto dei tre criteri che ho citato. Nel gioco online tutto viene capovolto: il rapporto tra entrate dei concessionari e entrate dello Stato è rovesciato. I primi trattengono una quota che è il doppio di quella incamerata dallo Stato. Quindi, l’interesse fiscale è subordinato all’interesse privato, al profitto dei gestori delle piattaforme dei giochi online.

Il decreto contiene accenni al gaming?

No, il settore del gaming è totalmente escluso. Vorrei precisare la differenza tra gaming e gambling. Nel gaming il denaro è il mezzo attraverso cui continuare a giocare, nel gambling (giochi d’azzardo, in questo caso online) il denaro è lo scopo che crea la motivazione per giocare d’azzardo. Le procedure di fidelizzazione sono identiche nel gaming e nel gambling. Di quest’emergenza vera e propria, di cui ormai si sta prendendo coscienza su scala europea, non c’è traccia, come non ce n’è traccia nell’articolo 15 della delega fiscale.

Foto di apertura Aidan Howe su Pixabay

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