Politica

Il Pnrr e la disabilità: partire dal sistema o partire dai territori?

Oltre alla legge delega attualmente in discussione alla Camera, nel Pnrr ci sono altri punti che riguardano le persone con disabilità. A cominciare dal ripensamento dei servizi: da luoghi di accoglienza esclusivi e riservati a luoghi che assumano un mandato più largo dell'accoglienza, di accompagnamento della vita. Il Dopo di Noi e la trasformazione che i Centri diurni hanno vissuto in epoca Covid sono due esempi di un percorso possibile

di Marco Bollani

Ragionando su quale opportunità il Pnrr rappresenti per il welfare della disabilità, mi vengono in mente due considerazioni con riflessi molto pratici per la vita delle persone con disabilità, che attengono al tema dell’innovazione sociale: la prima riguarda i servizi e la loro strutturazione ed organizzazione, la seconda riguarda le politiche ed il governo complessivo degli interventi.

Per quanto riguarda i servizi, si tratta di promuovere e favorire una complessiva trasformazione che consenta loro di adeguarsi all’approccio inclusivo della Convenzione Onu sui diritti delle persone con disabilità, ampliando il loro mandato e ripensando ai processi organizzativi che li caratterizzano. Un’evoluzione da luoghi di accoglienza esclusivi e riservati a luoghi di “accompagnamento” e di sostegno alla vita, assumendo un mandato più largo dell’accoglienza, che li porti a lavorare per costruire nuovi contesti di vita co-progettati insieme ai fruitori e alle istituzioni. Una nuova stagione, quindi, di servizi diversi.

Per quanto riguarda le politiche ed il governo degli interventi si tratta di promuovere una strategia più coerente con il paradigma della resilienza, che nasce e si sviluppa tendenzialmente dal basso e può essere favorita e promossa valorizzando le esperienze – anche parziali – di innovazione nate nei diversi contesti territoriali, puntando a farle crescere come vettori di progressiva trasformazione del sistema. Quindi politiche non più e non tanto basate su un ridisegno complessivo del sistema che dalle istituzioni centrali proceda per competenze stratificate verso il basso e la periferia dei singoli territori, ma al contrario politiche in grado di valorizzare le innovazioni sussidiarie prodotte sui singoli territori, spesso anche in risposta ad emergenze, portandole progressivamente e gradualmente a ridisegnare l’architettura del sistema complessivo.

Porto due esempi concreti: la co-abitazione dei progetti di vita “Dopo di Noi” e la trasformazione dei centri diurni per le persone con disabilità sperimentata durante l’emergenza Covid-19.

iInvece di partire dal ridisegno complessivo del sistema, è forse il tempo di valorizzare le innovazioni sussidiarie prodotte sui singoli territori, spesso anche in risposta ad emergenze

Marco Bollani

Le esperienze di coabitazione Dopo di Noi costituiscono ad oggi un esempio di trasformazione dei modelli di sostegno residenziale nella direzione del dettato della Convenzione Onu: un vettore interessante sia nell’ottica di promuovere una de-istituzionalizzazione delle persone con disabilità, sia per promuovere la ricomposizione delle risorse pubbliche e private, istituzionali e comunitarie. Tali esperienze faticano ad emergere, anche a causa delle difficoltà dei servizi sociali territoriali di base ad investire risorse per implementare la figura del case manager. Riconoscendo l’elevato impatto trasformativo che sussidiariamente tali esperienze stanno portando in dote al sistema istituzionale, perché non investire parte delle risorse del Pnrr per potenziare la funzione del segretariato sociale comunale, prevedendo che l’ambito territoriale in cui sono presenti percorsi di coabitazione innovativi promossi nell’applicazione della legge 112/2016 possa disporre di un assistente sociale dedicato al Dopo di Noi, in capo al Piano di Zona? Tale figura avrebbe il compito di potenziare i percorsi di innovazione sociale avviati sui territori in applicazione della legge 112 e permetterebbe di sperimentare la figura del case manager proprio nella ricomposizione unitaria delle risorse e dei percorsi di vita delle persone. Il tutto all’interno di una dinamica virtuosa già emersa nelle buone prassi territoriali, in cui i fruitori dei servizi sono portati ad investire risorse personali, private e comunitarie in un rapporto di co-progettazione e corresponsabilità con le istituzioni, con effetti domino di matrice sussidiaria che già oggi stanno portando molti servizi istituzionali, diurni e residenziali, a cambiare in chiave più inclusiva e meno istituzionalizzante.

Analogo processo riguarda la trasformazione dei servizi diurni, che durante le fasi acute della pandemia hanno dovuto rimodulare la loro offerta de-strutturandosi. Non sono rare le esperienze in cui i servizi diurni hanno inventato modalità operative innovative, sperimentando percorsi di teleassistenza ma anche occupando sedi esterne all’edificio del centro diurno: in biblioteca, negli orti sociali, nei conventi e negli oratori, nei luoghi di vita della comunità. Queste pratiche innovative sono proseguite anche oltre la fase acuta dell’emergenza, avviando processi di trasformazione dei servizi. Perché non investire risorse del Pnrr per potenziare iniziative di riorganizzazione dei servizi diurni? Per sostenere la destrutturazione della loro offerta, trasformandoli in luoghi diffusi e non solo esclusivi, sperimentando azioni di sostegno oltre i muri del Centro Diurno?

Tali interventi trovano appropriata collocazione all’interno dell’investimento 2.1 della componente 2 della Missione 5 e degli investimenti 1 e 2 della componente 1 della Missione 6 del Pnrr. Possono rappresentare una proposta concreta di innovazione sociale del sistema di welfare per la disabilità, con immediati impatti positivi sulla vita delle persone con disabilità. Questa costruzione potrebbe rappresentare un cambiamento importante nell’attuazione del programma applicativo della Convenzione Onu, ancora incentrato su una logica top down di pianificazione istituzionale delle politiche dal centro alla periferia e dall’alto verso il basso. Questo processo appare più coerente con la storia e la struttura del nostro sistema di welfare, caratterizzato da una forte matrice sussidiaria, soprattutto – ma non solo – nell’area della disabilità. Un sistema che però necessita di essere rivitalizzato dopo decenni di implementazione istituzionale che ha finito per burocratizzarlo, frammentando eccessivamente le risposte e dividendo troppo rigidamente l’ambito del sociale e del sanitario.

Marco Bollani, Federsolidarietà Lombardia; Anffas Lombardia

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