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Conferenza di inizio anno

Immigrazione, Meloni: sulle domande d’asilo siamo in grande ritardo

I momenti più salienti del confronto fra la Presidente del Consiglio e i giornalisti accreditati. Meloni ammette di non essere soddisfatta dei risultati finora raggiunti sul tema delle migrazioni

di Alessandro Banfi

I giornalisti italiani sono notoriamente di bocca buona. E dunque non solo hanno incassato due rinvii. Ma hanno atteso stamattina con pazienza l’arrivo di Giorgia Meloni alla Sala dei gruppi parlamentari per la tradizionale conferenza stampa di fine d’anno. Che si è tramutata in un appuntamento di inizio d’anno. Nella coda formatasi prima di entrare nel Palazzo i cronisti hanno scherzato in vario modo su pistole e detector, visto che il caso del giorno è quello di Emanuele Pozzolo, il deputato pistolero di Fratelli d’Italia che ha sparato alla fine dell’anno. Fra gli accreditati erano stati sorteggiati coloro che avrebbero fatto domande alla premier e avevano il posto fissato a favore di telecamere per la diretta tv. Non ci crederete ma è dovuto passare un’ora e mezza prima che la premier Giorgia Meloni dicesse la sua sul caso del giorno che fino a poco prima aveva tenuto banco. Forse ha ingannato la lunga preparazione all’evento, durata due settimane, o forse pesa maledettamente quell’automatico riflesso di auto censura dei giornalisti che devono occuparsi abitualmente di Palazzo Chigi.


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E quindi per così dire la conferenza stampa è partita a rilento (qui la potete vedere tutta) anche a causa della diretta televisiva in Rai, che un po’ intimorisce. Alla fine, alle 12,32 circa, il collega di Fanpage.it ha formulato la domanda su Pozzolo. E Giorgia Meloni si è mostrata “rigida”. E ha detto: «Ho chiesto che Pozzolo venga deferito alla commissione dei probiviri del partito indipendentemente dal lavoro che fa l’autorità competente e che nelle more del giudizio sia sospeso da Fdi (…) Sulla classe dirigente del mio partito, c’è sempre qualcuno che non ti aspettavi e fa errori o cose sbagliate. Però non sono disposta a fare questa vita se persone intorno a me non sentono la responsabilità. Non sempre accade ma per la responsabilità che abbiamo, e io vivo quella responsabilità, su questo intendo essere rigida. (…) Chiunque detenga un’arma ha il dovere legale e morale di custodire quell’arma con responsabilità e serietà. E per questo c’è un problema con quanto accaduto perché quello che è successo, non conosco la dinamica, dimostra che qualcuno non è stato responsabile e chi non lo è stato è quello che detiene l’arma. Vale per qualsiasi cittadino, figuriamoci per un parlamentare, figuriamoci per uno di Fratelli d’Italia».

Sull’Europa e sul Mes Meloni ha voluto essere positiva. «Il governo si è rimesso all’Aula e la ratifica della riforma è stata bocciata. Il Mes è uno strumento che esiste da tempo e io penso che nella reazione dei mercati alla mancata ratifica si legga una consapevolezza rispetto al fatto che è uno strumento obsoleto. Forse questo voto può diventare un’occasione per trasformarlo in qualcosa di più efficace».

Sui migranti ha ammesso le difficoltà e rispondendo al collega di Avvenire si è detta consapevole che c’è un’enorme massa di domande di asilo da analizzare.  Non ritiene soddisfacenti i risultati ottenuti sull’immigrazione «soprattutto rispetto alla mole di lavoro che ho dedicato a questa materia, penso che se non l’avessi fatto le cose sarebbero andate molto molto peggio».

Sull’altro caso giudiziario che rischia di investire la politica e cioè l’arresto di Tommaso Verdini, figlio di Denis, Giorgia Meloni, dopo aver sottolineato che Verdini figlio è stato iscritto al Pd, ha detto: «Penso che sulla questione bisogna attendere il lavoro della Magistratura, gli sviluppi, se necessario commentare quelli e non i teoremi. Da quello che ho letto le intercettazioni fanno riferimento al precedente governo, Salvini non è chiamato in causa e ritengo che non debba intervenire in Aula su questa materia».

Ed eccoci alla vicenda della cosiddetta legge bavaglio. La mettiamo qui alla fine, ma la questione è stata posta un po’ ritualmente all’inizio. Giorgia Meloni ha spiegato così il suo punto di vista: «La norma è frutto di un emendamento parlamentare che arriva da un esponente dell’opposizione su cui c’è stato parere favorevole del governo ma non è un’iniziativa del governo per cui la manifestazione sotto Palazzo Chigi, quando iniziativa non è del governo doveva essere sotto il Parlamento visto che le Camere si sono assunte le responsabilità. L’emendamento riporta l’articolo 114 del codice di procedura penale al suo perimetro originario. La riforma Orlando fece un’eccezione consentendo la pubblicazione delle intercettazioni. Qui non si toglie il diritto del giornalista ad informare io non ci vedo un bavaglio a meno che non si dica che la stampa sia stata imbavagliata fino al 2017. A me pare un’iniziativa valida, forse non l’avrei presa, io non l’ho fatto, ma mi pare una norma di equilibrio tra il diritto di informare ed il diritto alla difesa del cittadino».

La stampa in Italia è meno libera che in altri Paesi, davvero per le leggi? O per la formazione professionale ed umana dei colleghi? Per la loro posizione culturale? Bisognerà una volta chiederselo seriamente.

Foto: governo.it


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