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Condanne

In Bangladesh l’accanimento contro Yunus, il “banchiere dei poveri”

Muhammad Yunus, vincitore del premio Nobel per la Pace nel 2006, è stato condannato a sei mesi di prigione. «Questa è la riprova che c’è un attacco verso di lui e che in Bangladesh è percepito come un elemento di disturbo, soprattutto in vista delle prossime elezioni», dice Enrico Testi economista dello sviluppo, esperto di social business e direttore dello Yunus Social Business Centre University of Florence

di Anna Spena

Muhammad Yunus, conosciuto come “il banchiere dei poveri”, “l’inventore del microcredito”, è stato condannato da un tribunale del lavoro di Dacca a sei mesi di carcere.

Il vincitore del Nobel per la Pace nel 2006, 83 anni, era coinvolto in una causa legale relativa all’organizzazione Grameen Telecom, di cui è presidente, con l’accusa di aver violato la legge sul lavoro per non aver istituito un fondo di welfare per i lavoratori. La condanna ha riguardato anche altri tre membri del consiglio di amministrazione di Grameen Telecom.

Yunus si è dichiarato innocente. «Questa è la riprova che c’è un attacco verso di lui e che in Bangladesh è percepito come un possibile elemento di disturbo, soprattutto in vista delle prossime elezioni», dice Enrico Testi, economista dello sviluppo, esperto di social business e direttore dello Yunus Social Business Centre University of Florence.

Il lavoro di Muhammad Yunus ha portato benefici concreti a milioni di bangladesi e ad altre persone in tutto il mondo, e ha ispirato una generazione di giovani a perseguire il modello di business sociale da lui sviluppato e altre forme di promozione del bene comune.

«Yunus», spiega Testi, «ha fatto capire al mondo che se diamo alle persone povere dei fondi, dei capitali – anche senza garanzie – queste in molti casi riescono a far fruttare quei fondi e ad uscire dalla spirale povertà. Ha dimostrato che essere poveri non significa “essere meno bravi” ma solo aver avuto meno opportunità nella vita. Questo suo modo di pensare l’ha portato a creare una banca, la  Grameen Bank, che al contrario delle banche classiche, che concedono fondi solo a fronte di garanzie, lo fa anche in assenza di queste affinché le persone possano far partire la loro impresa. Lui ha dato opportunità a molte persone e molte persone grazie a lui sono uscite dalla povertà».

Tra pochi giorni nel Paese ci saranno le elezioni e «la condanna di Yunus è emblematica dello stato di crisi dei diritti umani in Bangladesh», ha dichiarato Amnesty International, «dove le autorità hanno eroso le libertà e ridotto alla sottomissione i critici. L’insolita rapidità con cui è stato portato a termine il processo contro Mohammad Yunus è in netto contrasto con i lenti progressi di altri casi giudiziari legati ai diritti del lavoro in Bangladesh. L’abuso delle leggi sul lavoro e l’uso improprio del sistema giudiziario per risolvere vendette politiche è una violazione del diritto internazionale dei diritti umani. Amnesty International ritiene che avviare un procedimento penale contro Mohammad Yunus e i suoi colleghi per questioni che appartengono all’ambito civile e amministrativo sia un palese abuso delle leggi sul lavoro e del sistema giudiziario e una forma di ritorsione politica per il suo lavoro e il suo dissenso».

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«In Bangladesh», continua Testi, «non c’è una vera democrazia e Yunus sta scontando la cosa». Yunus è uscito su cauzione e farà appello: «se dovesse perdere in appello», spiega Testi, «c’è il rischio concreto di tornare in carcere. Ma per lui non c’è solo questa accusa, ci sono altri procedimenti aperti per cui sta aspettando il verdetto. Parliamo di un centinaio di accuse pendenti».

In realtà il governo del Bangladesh, sotto la guida della prima ministra Sheikh Hasina, è impegnato da tempo in una persecuzione del professor Yunus. «Come i miei avvocati hanno argomentato in modo convincente in tribunale, questo verdetto contro di me è contrario a tutti i precedenti legali e alla logica», ha dichiarato il professor Yunus in una dopo il verdetto. «Chiedo che il popolo del Bangladesh si esprima all’unisono contro l’ingiustizia e a favore della democrazia e dei diritti umani per tutti i nostri cittadini».

Già nell’agosto 2023, 189 leader mondiali, tra cui 108 premi nobel, si sono opposti al suo ingiusto trattamento in una lettera aperta al primo Ministro. Tra i firmatari, Barack Obama, 44° presidente degli Stati Uniti, e l’ex segretario generale delle Nazioni Unite Ban Ki-moon. La lettera iniziava così: «Le scriviamo in qualità di premi Nobel, funzionari eletti, leader del mondo degli affari e della società civile, e come amici del Bangladesh. Ammiriamo il modo in cui la vostra nazione ha compiuto lodevoli progressi dalla sua indipendenza nel 1971. Tuttavia, siamo profondamente preoccupati per le minacce alla democrazia e ai diritti umani che abbiamo osservato di recente in Bangladesh. Crediamo che sia della massima importanza che le prossime elezioni nazionali siano libere ed eque e che la gestione delle elezioni sia accettabile per tutti i principali partiti del Paese. Le due precedenti elezioni nazionali non erano legittimate».

Ma come è visto Yunus nel Paese? «Ci sono le persone che lo idolatrano da un lato», spiega Testi, «e una fascia di popolazione che non lo vede di buon occhio. La situazione in Bangladesh non è chiara. Ma la vicenda di Yunus è molto amara, è un vero accanimento. Sono situazione pretestuose, costruite ad hoc. E il fatto che arrivino a così poca distanza dalle elezioni dovrebbe preoccupare e far riflettere tutti».

AP Photo/ Mahmud Hossain Opu


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