Welfare regionale

In Toscana arriva la legge sul caregiver familiare: ma quella nazionale dov’è?

Il presidente Giani ha promulgato la nuova legge regionale sui caregiver familiari. Sono più di 10 le regioni che si sono date una legge ad hoc, mentre quella nazionale si fa attendere ancora. Servizi psicologici e corsi di formazione possono migliorare le condizioni di vita di queste famiglie? Improta: «Così non usciamo dal recinto della cura, a cui siamo obbligati per destino e per amore». Ligabue: «Importante il riconoscimento del caregiver familiare all’interno di un nuovo sistema di cura, per l’assistenza a lungo termine»

di Chiara Ludovisi

Il destino del caregiver familiare è nelle mani delle regioni. Sono ormai più di una decina quelle che hanno approvato una normativa propria, per venire incontro ai bisogni di una popolazione sempre più numerosa, ogni giorno più necessaria, ma ancora troppo invisibile e decisamente poco sostenuta: quella, appunto, dei caregiver familiari. La regione Toscana ha approvato le “Disposizioni per la promozione ed il riconoscimento della figura del caregiver familiare” (legge 55/2025), che viene definita «di fondamentale importanza all’interno della rete del sistema di welfare» e «componente informale della rete di assistenza che ruota intorno alla persona, coinvolto a pieno titolo nel sistema integrato dei servizi sociali, socio-sanitari e sanitari».

La legge, oltre a riconoscere il caregiver familiare come parte integrante del sistema di welfare e cura, prevede il suo coinvolgimento nella stesura dei progetti personalizzati di assistenza e di vita e individua una serie di servizi e supporti destinati proprio a chi, ogni giorno, si prende cura di un familiare non autosufficiente: tra questi, una rete di sostegno integrata tra servizi sociali, sanitari, enti locali, associazioni e Terzo settore; un centro di ascolto regionale con servizio telefonico per orientamento, supporto e informazione; interventi di promozione per diffondere la conoscenza della figura del caregiver. Per la realizzazione di quanto previsto, la Regione stanzia 175 mila euro annui fino al 2027.

Grande soddisfazione viene espressa dal presidente della Regione, Eugenio Giani: «Era importante inquadrare nella normativa regionale, in particolare nel rapporto con la rete dei servizi sociosanitari, una figura che in tante famiglie svolge un compito prezioso e difficile e lo fa in maniera gratuita e volontaria. Rafforziamo così il nostro impegno a sostegno delle famiglie e delle persone più fragili, offrendo loro strumenti reali di aiuto e di attenzione finalizzati anche a contrastare solitudine e isolamento». Per l’assessora al Welfare, Serena Spinelli, si tratta di «un passaggio importante per far sì che questa figura, decisiva per la qualità di vita e il benessere della persona assistita, possa svolgere al meglio i suoi compiti, potendo contare sul supporto di tutti i soggetti sociali, sanitari e socio-sanitari con cui si trova a interagire».

Un plauso arriva anche Acli Toscana: «Con questa legge la Regione Toscana compie un passo fondamentale. Particolarmente significativo è il coinvolgimento del Terzo settore, con le reti di solidarietà, il volontariato e l’associazionismo che, insieme alle istituzioni, costruiscono una rete di prossimità capace di sostenere i caregiver, contrastarne l’isolamento e valorizzarne l’impegno quotidiano», spiega la presidente Elena Pampana. Per la vicepresidente con delega al Welfare, Manuela Pisaniello, la nuova normativa «è un atto di civiltà che restituisce dignità a un impegno troppo spesso invisibile. Come Acli ci impegneremo perché le misure previste abbiano ricadute concrete in tutta la Toscana, lavorando a fianco delle comunità locali e delle famiglie che vivono questa realtà. La sfida ora è tradurre la legge in azioni concrete di sostegno, formazione e ascolto, in collaborazione con enti locali, associazioni e reti sociali». 

La sfida ora è tradurre la legge in azioni concrete di sostegno, formazione e ascolto, in collaborazione con enti locali, associazioni e reti sociali

Manuela Pisaniello, vicepresidente Acli Toscana con delega al welfare

«La legge regionale non apre il recinto di cura in cui siamo rinchiusi»

Ma quali cambiamenti rende realmente possibili ed effettivi una legge regionale, in assenza di una legge nazionale attesa da un decennio e di cui non giungono più notizie? In che misura le leggi regionali – sono più di dieci quelle approvate finora, dopo la strada aperta dall’Emilia Romagna nel 2014 – possono rispondere adeguatamente ai bisogni espressi da una popolazione sempre più numerosa e ogni giorno più aggravata dai costi economici, emotivi e sociali che la cura di un familiare non autosufficiente posta con sé?

Elena Improta, fondatrice dell’associazione Oltre lo sguardo aps, vive a Orbetello, dove ha fondato “La casa di Mario”, un cohousing per persone con disabilità prive di supporto familiare. Si è trasferita qui esattamente cinque anni fa, dopo aver lasciato il Lazio per la Toscana: una scelta dettata dal fatto che qui la legge per il Dopo di noi offriva più risorse e più speranze. «Che oggi però si sono rivelate comunque insufficienti, le une come le altre. La Casa di Mario è finanziata per soli quattro mesi l’anno, mentre il resto è a carico nostro». Attualmente la casa ospita sette persone con disabilità, tra cui Mario, figlio di Elena, la quale è coordinatrice in presenza, consulente alla pari e soprattutto caregiver di questo gruppo. A 36 anni dalla nascita di Mario, sa bene di cosa abbia bisogno un caregiver familiare. «E non mi pare che questo ci sia, nella legge regionale appena approvata. Vengono annunciati una serie di servizi, che però di fatto già esistono: penso al supporto psicologico, così come i corsi di formazione. Non si capisce bene cosa cambierà effettivamente e come saranno investite le risorse».

La legge regionale annuncia una serie di servizi, che di fatto già esistono: penso al supporto psicologico, così come i corsi di formazione. Non si capisce bene cosa cambierà effettivamente e come saranno investite le risorse

Elena Improta, caregiver e fondatrice dell’associazione Oltre lo sguardo

Ma cosa serve allora a un caregiver familiare? «Certamente un riconoscimento, ma inteso come censimento: deve essere possibile sapere quanti siamo, chi siamo e dove viviamo, per riconoscere il valore sociale e anche sanitario di ciò che facciamo. Perché molti caregiver familiari si prendono cura, di fatto, di persone ospedalizzate in casa. E questo ha un costo emotivo e sociale altissimo. Bene quindi il “riconoscimento” previsto dalla normativa, ma solo se è in questi termini», afferma Improta.

Elena Improta

Ma più che di “riconoscimento” e “promozione”, il caregiver familiare ha, secondo Improta, tre bisogni fondamentali, ai quali però una legge regionale non può offrire risposta: «Innanzitutto, la legge dovrebbe garantire servizi e supporti che permettano al caregiver – quasi sempre la caregiver – di non lasciare il lavoro, come accade nella maggior parte dei casi. Oppure di ricollocarsi, dopo averlo lasciato. Da un lato quindi corsi di formazione mirati a questo scopo, dall’altro servizi domiciliari o centri diurni che permettano al caregiver di allontanarsi dal familiare che assiste. Il fatto che tante mamme caregiver si “reinventino” come Oss o Oepa è un fallimento. Io stessa, svolgendo questo ruolo nella casa famiglia, è come se non mi liberassi mai. Senza un sostegno effettivo al reinserimento lavorativo del caregiver familiare, questo rimarrà chiuso in quel recinto di cura obbligatoria cui siano destinati per scelta e per amore. Ma non accettiamo di esserlo per questioni economiche e politiche».

Oltre alle politiche per il lavoro, altri due sostegni di cui i caregiver familiari hanno bisogno e che possono arrivare solo da una legge nazionale sono «il sostegno adeguato alle buone pratiche (ne esistono tante, tra cui proprio la Casa di Mario, ndr) che supportano le famiglie e i caregiver. E un riconoscimento economico e pensionistico per l’impegno e il senso di responsabilità che dimostriamo, che per il momento ci viene solo “scaricato addosso” dallo Stato».


«Il caregiver familiare entra nel sistema di cura»

Una legge nazionale è quindi necessaria e urgente, ma sembra sia di nuovo in una fase di stallo. Lo ricorda Loredana Ligabue, promotrice e segretaria di Carer Ets: «Dopo il tavolo interministeriale, non si è saputo più nulla. Non abbiamo i verbali di quel lavoro, né il testo di una proposta che la ministra Alessandra Locatelli ha più volte annunciato come imminente e che tutti aspettiamo di poter esaminare».

In attesa della legge nazionale, tuttavia, è importante che le Regioni legiferino su questo tema e si stiano dotando di strumenti normativi. «Alcune competenze sono esclusive dello Stato, altre sono delle regioni: le une e le altre possono e devono contribuire a rafforzare la capacità di intervenire in un processo di cambiamento strutturale».

Loredana Ligabue

Rispetto in particolare alla recente legge della Toscana, «è fondamentale che il ruolo del caregiver familiare entri di fatto nella rete dei servizi: si struttura così una nuova di capacità di relazione e intervento tra caregiver informali e formali rispetto ai bisogni di una marea crescente di popolazione, che per problemi di invecchiamento o patologie congenite o acquisite, necessita di assistenza a lungo temine».

Da un lato c’è quindi lo Stato, che «ha il compito di definire gli elementi di base che portino al riconoscimento del ruolo e delle funzioni di tutti i cittadini che svolgono attività di cura. Dall’altro ci sono la competenza e la possibilità d’intervento delle regioni, che hanno enormemente anticipato il ruolo dello Stato, nel riconoscere – per la prima volta nel 2014, lo ha fatto proprio l’Emilia-Romagna – l’ingresso nel welfare di un nuovo soggetto di diritto, il caregiver familiare. L’importanza della legge nazionale risiede nel garantire a tutti i cittadini la stessa base di diritto. Ad oggi, per la definizione del caregiver familiare, facciamo riferimento al comma 255  della legge di bilancio 2018, che però alcune regioni hanno anche superato, estendendo la platea, includendo la rete amicale, oltre a quella dei familiari conviventi e non conviventi: una questione particolarmente cruciale, per una popolazione che invecchia e in cui aumenta la solitudine».

L’importanza della legge nazionale risiede nel garantire a tutti i cittadini la stessa base di diritto. Ad oggi, per la definizione del caregiver familiare, facciamo riferimento al comma 255  della legge di bilancio 2018, che però alcune regioni hanno superato

Loredana Ligabue, segretaria di Carer Ets

Restano poi, naturalmente, le competenze esclusive dello Stato, come quelle evidenziate da Improta e che anche Ligabue mette in luce, in quanto fondamentali per il supporto al caregiver familiare: «in particolare, le competenze previdenziali, fiscali e le politiche per il lavoro, che necessariamente devono accompagnare gli interventi di supporto socio-assistenziale». 

Altro elemento fondamentale nelle leggi regionali è «l’interazione tra caregiver formale e informale e il riconoscimento di quest’ultimo (il caregiver familiare, appunto) come parte del welfare, facendolo passare dalla dimensione privata della cura a una funzione sociale, in stretto raccordo con i servizi e le figure professionali. Per questo, ferma restando l’assoluta importanza di una legge nazionale, ritengo fondamentale il lavoro delle regioni, così come ritengo essenziale che la legge sul caregiver familiare sia inserita nell’ambito della legge di riforma dell’assistenza agli anziani da un lato e della riforma della disabilità dall’altro. La legge 33 e i suoi decreti attuativi contengono importanti indicazioni proprio sui caregiver familiari: ci deve essere la massima attenzione per armonizzare quanto previsto dalle diverse normative, affinché si possa passare dal riconoscimento del diritto alla reale possibilità di esercitarlo, attraverso risorse e interventi di sostegno adeguati», conclude Ligabue. 


Alla solitudine dei caregiver familiari e alle urgenze a cui la legge nazionale deve rispodnere, VITA ha dedicato il magazine di aprile 2025. Se hai già un abbonamento, leggilo qui. Se vuoi abbonarti, puoi farlo qui.

Nella foto di apertura, la Casa di Mario

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