Leonardo Palmisano

Ridare centralità al Mediterraneo, luogo di speranza e democrazia

di Emiliano Moccia

Per lo scrittore e sociologo negli ultimi anni il Mediterraneo è uscito fuori dal dibattito pubblico europeo. Per questo, nel libro "Mediterranea. Un dialogo" dà vita ad un dialogo serrato con il giornalista greco Dimitri Deliolanes per riflettere sul futuro del continente alla luce della sua importanza geopolitica, economica e sociale

«E’ quanto mai necessario ripartire dalla centralità del Mediterraneo, che negli ultimi anni è uscito fuori dal dibattito pubblico europeo, dall’agenda di Bruxelles. Mentre è molto presente nei dibattiti delle monocrazie africane o asiatiche, a cominciare da Egitto e Turchia. Ci può essere una speranza per il globo solo se questa speranza nasce dentro il Mediterraneo. Anche per questo, per migliorare il processo di accoglienza ed integrazione sociale, culturale e lavorativa dei migranti, è opportuno che l’Italia cancelli la legge Bossi-Fini e conceda la cittadinanza a chi nasce in Italia». Leonardo Palmisano non fa troppi giri di parole. Scrittore, sociologo e presidente di Radici Future Produzione, Palmisano ha approfondito in questi anni temi particolarmente scomodi come quelli dell’immigrazione, del caporalato, delle mafie girando in lungo e largo la sua regione, la Puglia, e gran parte d'Italia. Tanto da promuovere “LegalItria”, il festival nazionale della legalità che fa leva sui libri e la lettura per contrastare devianza e criminalità. Mediterranea. Un dialogo” (Fandango editore) è l’ultimo lavoro che ha scritto insieme al giornalista greco Dimitri Deliolanes. Un dialogo serrato sul futuro del nostro continente, in cui provano a ribadire la centralità del Mediterraneo non solo da una prospettiva geopolitica, ma anche economica e sociale.

Palmisano, perché oggi più che mai è necessario parlare di Mediterraneo e da dove nasce l’idea di parlarne attraverso lo sguardo di un italiano e di un greco?

Questo lavoro parte da un’idea condivisa con Dimitri durante la fase di lockdown più dura. Abbiamo sentito la necessità di decostruire quello che sta accadendo in Italia e in Grecia e le conseguenti crisi che si sono sviluppate nei due Paesi, che per molti versi sono molti simili. Il libro parte dall’idea di ribadire la centralità geopolitica del Mediterraneo, che deve tornare ad essere protagonista, forte della sua ampia porzione di Paesi dell’Unione Europa che vi sono al suo interno. Lo dimostra anche il caso della Turchia, unica potenza del Mediterraneo capace di tentare un’azione di mediazione tra la Russia e l’Ucraina. Troppi aspetti sono stati sottovalutati dalla politica italiana e greca, ed anche da certa stampa nazionale, che invece vanno approfonditi perché ripropongono il Mediterraneo come luogo fisico dentro il quale si disputa una partita mondiale. Il Mediterraneo deve necessariamente essere protagonista non da posizioni sovraniste, ma da posizioni democratiche. Perché è fronte aperto tra democrazia e autocrazia.

Quali sono le crisi che accomunano l’Italia e la Grecia?

Sono fondamentalmente tre. La prima è la crisi umanitaria dei migranti che riguarda il Mediterraneo, sulla quale si sta giocando la campagna elettorale, e la mancanza di volontà di trovare risposte adeguate, all’infuori dei politici che minacciano di chiudere i porti o bloccare le imbarcazioni in mare. L’Europa, purtroppo, non ha una vera politica di accoglienza. Basti pensare che anche quando l’Italia ha sollecitato la ricollocazione dei migranti arrivati nel nostro Paese è subito intervenuta l’Europa con il Trattato di Dublino, un trattato capestro, che regola le domande di asilo politico al primo Stato dove un imigrante arriva. In sostanza, sulla vita dei migranti si sta giocando il consenso politico, e qui entriamo nella seconda crisi, che la dice lunga sulla bassa qualità politica europea di oggi, italiana e greca in particolare. Il terzo aspetto della crisi, invece, è legato al debito. I Paesi dell’Unione Europa con il debito pubblico più alto sono quelli mediterranei, Francia compresa. Sia l'Italia sia la Grecia vanno avanti senza che questo debito venga orientato verso la produzione di Piani Industriali in grado di generare ricadute occupazionali, imprenditoriali, sociali.

Si accennava prima al ruolo dei migranti anche in questa campagna elettorale italiana. Cosa deve fare il prossimo Governo per migliorare l’accoglienza e promuovere una piena inclusione dei cittadini che vivono nel nostro Paese?

Le strade sono due. La cancellazione della legge Bossi-Fini, per far uscire la questione dei migranti da un tema di sicurezza nazionale, perché non l’hanno mai minacciata a differenza delle organizzazioni terroristiche autoctone, rosse e nere, dalle mafie, e perché ha prodotto segregazioni, razzismi, paure. La concessione della cittadinanza a chi nasce in Italia, lo Ius Soli in pratica. Questo combinato disposto, secondo noi, può favorire la crescita demografica e l’integrazione sociale, lavorativa ed economica, anche con la produzione di nuove imprese. Non va dimenticato che noi abbiamo una rarefazione delle opportunità economiche che sta spingendo i giovani ad andarsene in altri Paesi.

In tema di lavoro, legalità e sviluppo, con Radici Future avete lanciato “LegalItria”, il festival nazionale della legalità. Che risposte sta dando e perché è importante animare i territori con i libri?

Stiamo trovando grande favore ed interesse presso le Amministrazioni Comunali che sanno che nel loro territorio esiste il fenomeno criminale o che vogliono evitare che tale fenomeno prenda piede. Al momento, hanno aderito a “LegalItria” una cinquantina di Comuni, soprattutto pugliesi, ma anche della Calabria e del Veneto. Con tutte le realtà condividiamo un percorso di lettura, portando i libri, autori, cultura che generano valori sani e robusti contro valori vuoti e portatori di morte come quelli legati a mafia e criminalità. Abbiamo coinvolto quest’anno circa 15mila lettori, tra studenti e detenuti, ed il prossimo obiettivo è di costruire un Festival dei libri all’interno dei beni confiscati alle mafie e destinati al riuso sociale delle comunità. Un modo anche per moltiplicare l’offerta turistica e destagionalizzare i flussi.

La lotta alla mafia è soprattutto una questione culturale?

La Puglia può diventare la prima regione radicalmente e capillarmente antimafiosa d'Italia. E su questo, promuovere lavoro vero ed economia sana. Anche per questo, sta generando discussione la proposta che ho lanciato qualche giorno fa: far diventare il sistema pugliese dell'antimafia un attrattore turistico/culturale importante, soprattutto per famiglie e giovani. E’ possibile innalzare il livello turistico e culturale attraverso la conoscenza dei beni confiscati, accompagnati da eventi culturali, che possono produrre anche lavoro indiretto a partire dai tanti prodotti agroalimentari che vengono realizzati sui terreni. La gente non cerca solo la fascinazione di un luogo, ma vuole anche contenuti.


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