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Cooperative Sociali 

Dedalus, il lavoro quotidiano diventa azione politica

di Anna Spena

Una storia lunga 40 anni: dall’immigrazione alle vittime di tratta fino alla povertà educativa e al lavoro per la rigenerazione urbana e sociale. Nel quartiere di San Lorenzo, tra i più multietnici della città di Napoli, la cooperativa sociale Dedalus compie 40 anni. E per il suo quarantesimo anniversario di attività propone un ciclo di seminari brevi per riflettere sul peso positivo di questi anni ma guardando sempre avanti. Per capire come il fare sociale può essere occasione di sviluppo locale

M. è una ragazza cinese, nasce a Napoli alla fine degli anni Novanta, la mamma – arrivata in Italia dopo un viaggio di quasi due anni – è piena di debiti e deve lavorare 16 ore al giorno per poterlo ripagare e non far perdere la casa ai genitori. Non può tenere con sé la bambina e paga una famiglia italiana perché se ne prenda cura. Ma non riesce a pagare tutti i mesi e la famiglia vuol liberarsi della bambina, la madre non si trova, il padre vorrebbe vendersi la bambina. La Cooperativa Sociale Dedalus viene chiamata dalla Procura e inizia il loro lavoro, con mediatrici culturali cinesi, per rintracciare la mamma, per farle intravedere opportunità per lei e la bambina che non immaginava, e per uscire dalla schiavitù dalla fabbrica nelle Marche dove trascorreva 24 ore al giorno. Oggi M. è cittadina italiana e studia all’università, non è diventata un fantasma.

Siamo nel quartiere di San Lorenzo tra i più multietnici della città. E qui a fare la differenza è la presenza. Una presenza che ha a che fare con la concretezza delle azioni messe in campo. La storia di Dedalus è «fatta di tanti investimenti, energie, esperienze diverse», racconta Elena de Filippo, oggi presidente della cooperativa e professore di sociologia delle migrazioni all’Università Federico Secondo di Napoli. Una donna molto concreta, come la cooperativa che guida. Una concretezza di cui la città ha un bisogno disperato. «Forse più che una storia si può parlare di più storie, in un processo fatto di momenti diversi che hanno portato a definire Dedalus così com’è oggi: persone normalmente differenti, ognuna con i propri sogni, bisogni, aspettative».

Dedalus nasce in un pomeriggio piovoso di febbraio del 1981, era un mercoledì. A ufficializzarne la fondazione un notaio di Santa Maria Capua Vetere “un po’ perché più economico dei notai napoletani e un po’ perché ci aiutò a rendere accettabile l’oggetto sociale che noi avremo voluto aperto a 360 gradi” scrivono nel libro per celebrare i 25 anni di attività, Giuseppe Zollo, Michele Biondo e Vincenzo Esposito – tra i fondatori del progetto. Dedalus nel loro desiderio originario doveva essere “la modernità che affonda le sue radici nella cultura classica. Dedalus evoca la suggestione del labirinto, della ricerca di via d’uscita”. E trovare una via d’uscita per la cooperativa, oggi come allora, significa essere in grado di muoversi nella complessità del sociale non solo per rispondere a bisogni ma anche per dissodare talenti, risorse, protagonismo, restituendo voce e diritti a chi ne è privato. «Dal 1981 fino alla fine degli anni Novanta», racconta de Filippo, «viviamo una fase di sperimentazione. Io stessa nel 1985 vengo coinvolta in una ricerca universitaria, la prima in Campania, sull’immigrazione straniera. Tema che all’epoca era sconosciuto. La nostra ricerca ci portava in a stare in strada alle 5 del mattino, destinazione Domiziana, dove andavamo avanti e indietro con l’auto e cercavamo un contatto con gli immigrati. I decenni passati sono stati anni di grande crescita, anni di impegno politico che ci ha portato alla costruzione del movimento antirazzista, a livello prima locale e poi nazionale. Questo ha segnato il nostro agire su tutte le dinamiche dei diritti e delle politiche sociali».

Da allora la cooperativa è cresciuta «oggi», continua la presidente, «è fatta dell'investimento e del lavoro di 80 donne, uomini e persone transessuali. Abbiamo compreso che le sole analisi non bastavano più perché incontravamo bisogni inevasi, non visti e considerati dai servizi. Nel 1996 abbiamo capito che non potevamo occuparci più solo di ricerca e progettazione. Dovevamo impegnarci nella gestione dei servizi. Nel 1999 Dedalus si trasforma in una cooperativa sociale ed è in quell’anno che escono due bandi che ci aiuteranno ad assomigliare alla realtà che siamo oggi: un bando della regione Campania su fondi nazionali dedicati all’immigrazione e l’altro del ministero delle pari opportunità per la realizzazione di progetti in supporto alle vittime di tratta».

I servizi che oggi la cooperativa gestisce sono rivolti soprattutto alle persone straniere, in particolare gli adolescenti, i giovani e le donne: «i più vulnerabili», aggiunge de Filippo, «le vittime di tratta, chi è costretto a prostituirsi, i minori stranieri non accompagnati. Gli immigrati con problemi di alcolismo e dipendenza». Tutte le attività messe in piedi dalla cooperativa sono finalizzate all’integrazione sociale e lavorativa, all’inclusione e l’accoglienza. «Abbiamo servizi di accompagnamento e mediazione culturale, centri di accoglienza residenziale e diurna per i minori stranieri non accompagnati e le vittime di prostituzione, gestiamo la casa di accoglienza per donne vittime di violenza del comune di Napoli e un servizio per i senza fissa dimora. Abbiamo aperto un centro interculturale che offre servizi ludico ricreativi a tutti i giovani del territorio, per offrire forme di convivenza attraverso una rete e dei percorsi di contrasto alla dispersione scolastica. Ma sviluppiamo anche azioni di orientamento al lavoro e pratiche di inserimento lavorativo attraverso strumenti che favoriscono l’incontro tra domanda e offerta».

La cooperativa sociale Dedalus lavora su un progetto di rigenerazione urbana, facendo dell'incontro tra differenze, tra italiani e persone con background migratorio un'occasione di bellezza e sviluppo e non un ambito di conflitto e rancore. «Siamo in un territorio», continua la presidente, «culturalmente e socialmente depravato in termine di relazione. Non abbiamo mai fatto politica nel senso di partito, ma attraverso il quotidiano. E crediamo davvero che il cambiamento, non voglio essere banale, si possa fare partendo dalle piccole cose. Gli stereotipi li smonti quando crei conoscenza, relazione».

“Politico” risuona spesso nei racconti di Dedalus, un luogo che ha coniugato il fare con il pensare e il ricercare, costruendo e tutelando occasioni di lavoro stabili per i dipendenti ma anche per tante delle persone con cui tutti i giorni la cooperativa lavorare.

Dedalus è un soggetto che interpreta il lavoro sociale nel modo più bello e difficile possibile, cioè come luogo mirato non semplicemente a far del bene, ma come spazio teso alla promozione e tutela dei diritti delle persone e delle comunità e per questo capace di lavorare non per ma con le persone. Difficile tra i tanti servizi scegliere un ramo, un campo d’azione dove la presenza di Dedalus è predominante. Ad oggi sono 3 mila, ogni anno, i beneficiari dei progetti. «Per noi è importante lavorare sui diritti delle persone e sulla partecipazione ai propri percorsi di crescita e autonomia e come cooperativa abbiamo una funzione pubblica», sottolinea la presidente.

E le persone sono davvero sempre al centro. Lo sono i beneficiari dei progetti ma anche chi lavora ai progetti: «Fuori da approcci giudicanti ma sapendo che non solo fuori da noi ma anche dentro di noi abbiamo crocevia fatti di strade che vanno in direzione anche completamente opposte. Ad esempio in questi anni non abbiamo partecipato a bandi che non consentivano per le risorse messe a disposizione di pagare il giusto le operatrici e gli operatori e allo stesso tempo di garantire la qualità dei servizi», spiega de Filippo. «Così come non abbiamo partecipato, pur avendo tutte le carte da giocare, ai bandi per la gestione dei centri per l'accoglienza straordinaria dei migranti, perché quei numeri, quelle rette, l'ubicazione dei centri non garantiva qualità e soprattutto dignità e diritti né per migranti, né per operatori e operatrici. E in più che quei luoghi e quella modalità di accoglienza sarebbe stata un potenziale focolaio di conflitto e rancore. Bene, quando ho visto le mani dei soci e delle socie di Dedalus alzare la mano per votare no, ho pensato che quello era forse un dei più importanti risultati politici di tanti anni di impegno politico culturale. Perché, per essere coerenti con la missione di Dedalus, per la nostra idea di accoglienza e di lavoro sociale, votavano no pur sapendo che quella scelta metteva a rischio i loro stipendi, o comunque la continuità mensile della loro retribuzione».

Per festeggiare i primi 40 anni di attività la cooperativa inaugura il 13 maggio un ciclo di incontri che «nascono», spiega la presidente di Dedalus, «per per riflettere sul nostro lavoro. Noi dobbiamo e vogliamo ampliare la compagine sociale, far diventare soci tutti quelli che lo vorranno. Ma lo vogliamo fare a partire da una condivisione che non è relativa al singolo servizio ma è una condivisione generale degli obiettivi che ci diamo. Abbiamo pensato che su alcune tematiche trasversali alle nostre attività avevamo bisogno di confrontarci partendo dalla nostra storia, del peso positivo di questi 40 anni ma guardando avanti. Ad ogni seminario incontreremo una serie di interlocutori che ci aiuteranno ad immaginario il nostro lavoro per i prossimi anni. Durante il primo evento dialogheremo con Enrico Pugliese, lo abbiamo incontrato nella metà degli anni 80, è stato lui che ci ha aiutato a fare inchiesta, e a leggere i cambiamenti nel mercato del lavoro e della società: ci ha insegnato a leggere il territorio. Poi ci sarà Maria Fortuna Incostante, assessora della prima giunta Bassolino che ha avuto una lettura delle politiche sociale innovativa rispetto a quello che era il welfare dell’assistenzialismo con una visione più ampia, innovativa: ci siamo contaminati a vicenda. Ci sarà Carlo Borgomeo, presidente di Fondazione con il Sud, che ci ha fatto capire che una cooperativa non era solo un lavoro sociale, ma anche impresa, ci ha aperto gli orizzonti, e aiutato a guardare a noi stessi in modo diverso. Il quarto ospite sarà Sergio D’Angelo, presidente del consorzio Gesco, che alla fine degli anni 90 ha sostenuto la nostra trasformazione in cooperativa sociale. Faremo un incontro al mese, parleremo dei nostri obiettivi comuni, dei progetti politici, delle politiche sociali. Soprattutto di come immaginiamo il nostro futuro».


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