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Safer Internet Day 2024

La formazione (di tutti) è il vero potere dei ragazzi nella sfida all’Ai

Il digitale e l'ai: i rischi per i minori, le opportunità, le proposte al Governo e all'Europa. Se n'è parlato a Roma con Telefono Azzurro

di Alessio Nisi

ai

Intelligenza artificiale, una rivoluzione sì, una tecnologia che cambia le carte in tavola (un po’ come è stato per gli smartphone) d’accordo, ma come fare in modo che sia uno strumento sicuro efficace in termini di creatività e sviluppo, ma allo stesso tempo sicuro per bambini e adolescenti? Dopo l’appuntamento di Ci arriva anche un bambino a Milano, sempre in occasione del Safer Internet Day 2024, Telefono Azzurro ha chiamato in causa le istituzioni, che a Roma hanno messo sul tavolo le risposte con cui intendono raccogliere la sfida del machine learning. Crescita e opportunità di sviluppo economico, quindi, ma a quale prezzo? Il rapporto promosso da Telefono Azzurro e realizzato con Bva-Doxa (ne abbiamo parlato QUI) sulle nuove sfide dell’ai è stata la base di discussione per avanzare delle proposte da portare in Parlamento e al Governo, in occasione del G7. L’obiettivo è «mettere a punto insieme strategie comuni a tutela dei minori», spiega in apertura dei lavori Ernesto Caffo, presidente di Telefono Azzurro.

Al centro, Ernesto Caffo, presidente di Telefono Azzurro

«Lo sviluppo delle tecnologie è sempre più veloce e i ragazzi sono sempre più presenti in questo mondo. Occorre», sottolinea, «una collaborazione stretta con aziende e istituzioni».

L’impegno di Telefono azzurro, insieme alla rete di realtà internazionali che si occupano di tutela dell’infanzia, è proporre strumenti concreti affinché, di fronte alla nuova sfida tecnologica imposta dall’intelligenza artificiale, vengano da subito messe in campo soluzioni efficaci e condivise fondate sulla centralità della dignità dei bambini e degli adolescenti

Ernesto Caffo – presidente di Telefono Azzurro

Protection, provision e participation

«Occorre lavorare su tre principi fondamentali, spiega Caffo, «dobbiamo partire dalla protection per garantire a bambini e adolescenti di essere al sicuro da impatti dannosi o discriminatori dei sistemi di intelligenza artificiale. Attraverso la provision i ragazzi andranno indirizzati verso contenuti appropriati, a partire dall’age verification. In ultimo, tramite la participation, le tecnologie andranno utilizzate nelle loro declinazioni positive. Tutto questo è possibile se e solo se tutti i soggetti in campo prendono reale consapevolezza del valore di questa sfida, a partire dalle stesse aziende del digital, dalle istituzioni e dalle authorities che sono chiamate a dare regole chiare e valide per tutti». 

Coordinamento delle forze

Con un quadro così delimitato, tre le direzioni emerse nel dibattito: il coordinamento dell’impegno e nell’educazione alla prudenza digitale, il lavoro congiunto tra soggetti diverse (enti, istituzioni e imprese), e l’importanza della formazione dei ragazzi per rispondere alla sfida dell’intelligenza artificiale.

La necessità di una formazione continua

Sul tema della competenze, anche nel digitale, e sul ruolo delle famiglie nella formazione dei ragazzi si è concentrato l’intervento Eugenia Roccella, ministro per la Famiglia, la natalità e le pari opportunità. «Parliamo di intelligenza artificiale, ma abbiamo molto da fare per proteggere i nostri ragazzi dal normale accesso quotidiano in Internet», spiega e parla di «dati preoccupanti», in relazione all’accesso ai siti pornografici, anticipato, precisa, «a sei, sette anni». Pensate, invita, a cosa questo voglia dire per la costruzione di un immaginario dei rapporti tra uomo e donna. Cita poi il fatto di Catania, «sconvolgente, ma ne abbiamo visti altri, vicende come questa stanno aumentando».

Al centro Eugenia Roccella, ministro per la Famiglia, la natalità e le pari opportunità, e Guido Scorza, garante per la protezione dei dati personali

L’importanza dell’accompagnamento

Il problema, per Roccella, «è il disagio educativo e la minore capacità da parte delle famiglie di incidere sulla formazione dei figli». Nonostante questo, «la famiglia resta un luogo unico» e concentra l’attenzione sul suo «compito educativo e sulla sua responsabilizzazione». Il fatto è che è necessario un accompagnamento da parte delle stesse famiglie. «Il parental control è uno strumento che esiste da tempo, ma sono utilizzati». Serve, ricorda, «una formazione continua» perché, «a tecnologia cambia con una velocità a cui non riusciamo a stare dietro, né come legislatori, né come familiari».

Rafforzamento delle competenze digitali di base

Se competenze e formazione sul digitale sono la direzione, come siamo messi in Italia? «Siamo consapevoli», ricorda il ministro delle Imprese e del Made in Italy Adolfo D’Urso, che in particolare i più piccoli sono sempre più esposti ai rischi veicolati dall’interazione digitale, come registrato da un incremento costante negli ultimi 5 anni del numero di bambini e adolescenti, tra i 6 e il 14 anni, che utilizzano i media digitali. L’80% dei minori italiani, peraltro in linea con il livello europeo, utilizza quotidianamente lo smartphone per comunicare ed esplorare la rete». Per governare i possibili rischi della rete è necessario quindi «un approccio organico, articolato su regole certe per chi veicola contenuti in rete e su politiche specifiche per educare all’uso consapevole e responsabile delle tecnologie».

Sotto la media europea. Per l’alfabetizzazione digitale, precisa però D’Urso, «dobbiamo perseguire un costante rafforzamento delle competenze, che è un primo strumento di contrasto alla disinformazione crescente e ai rischi, anch’essi crescenti. Ricordo che nel nostro Paese solo il 46% della popolazione è in possesso delle competenze digitali di base, a fronte di una media europea più alta, del 54%».

Tutela dei minori priorità anche nel mondo virtuale

A richiamare la necessità di «sensibilizzare le grandi piattaforme per garantire un’esperienza sicura e adeguata alla minore età» è il presidente del Senato Lorenzo Fontana, che, in un messaggio, sottolinea l’importanza di «uno sforzo collettivo e di educazione alla cittadinanza digitale».

La premessa? «L’ampia condivisione dei dati personali, che può conseguire dall’utilizzo di servizi digitali, rappresenta una minaccia al diritto alla loro riservatezza. É, dunque, sempre più urgente l’acquisizione di una piena consapevolezza delle conseguenze e dei pericoli nell’ambiente digitale, soprattutto se si tratta di utenti vulnerabili come i bambini e gli adolescenti. In un’epoca in cui l’accesso a Internet avviene sempre più precocemente, la tutela dei loro diritti fondamentali anche nel mondo virtuale è una priorità assoluta».

Per Giacomo Lasorella, presidente dell’Autorità Garante per le Comunicazioni, «l’uso delle neo tecnologie nelle vite dei ragazzi e dei bambini non va demonizzato, ma va governato con consapevolezza per consentire ai ragazzi di fruire delle molte opportunità offerte dalla rete, in condizioni di sicurezza». Lasorella ha spiegato come in particolare vada «evitata l’esposizione dei ragazzi ai contenuti inadeguati per il loro grado di sviluppo, anche in termini di autodeterminazione».

La soglia di accesso autonomo contro la solitudine digitale

Di «rendere i ragazzi consapevoli di opportunità e rischi connessi all’utilizzo della rete» ed «evitare la loro esposizione a contenuti e contesti inadeguati per il loro grado di sviluppo» parla Pasquale Stanzione, presidente dell’Autorità Garante per la protezione dei dati personali. Entra poi nel dettaglio di «fenomeni drammatici» il grooming, il cyberbullismo, il revenge porn.

Tra autodeterminazione e tutela

«Lo stesso pedinamento digitale realizzato con il tracciamento della navigazione funzionale, il microtargeting e l’invio di pubblicità a contenuti mirati sono fortemente distorsivi per la formazione e per il processo cognitivo dei minoriò Effetti che «si amplificano in misura esponenziale quanto più piccoli ne sono i fruitori». Di qui rimarca l’importanza di un «bilanciamento tra autodeterminazione del minore e sua tutela». Per Alessandra Locatelli, ministro per per le Disabilità, c’è la necessità di «creare una coscienza e momenti di responsabilità per i più giovani». Una riflessione che tocca anche le persone con disabilità e la loro possibilità di relazionarsi con trasparenza e sicurezza» alla rete e alle nuove tecnologie. «Pensiamo ad esempio ai nostri anziani non autosufficienti che, piuttosto di rimanere chiusi nella loro solitudine, si aprono e incontrano persone per scambiare riflessioni e pensieri proprio attraverso i social. Non sempre dall’altra parte si trovano le persone che uno crede o ci si aspetta di trovare».

In apertura foto di Victoria da Pixabay. Nel testo immagini di Alessio Nisi


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