Finanza etica
L’azionariato critico all’università
Fondazione finanza etica ha avviato un progetto con il Dipartimento di Economia e management dell'Università di Pisa. Gli studenti hanno partecipato a un workshop in cui hanno preso in esame Leonardo, Fincantieri, Eni, Enel, Acea, Generali, Adidas e Solvay, formulando domande su temi Esg da porre alle assemblee degli azionisti. Ma non bisogna pensare che l’azionariato critico si svolga sempre e solo in opposizione alle aziende. «Abbiamo lavorato a lungo con Generali, per esempio, e abbiamo anche abbassato il livello di conflittualità», spiega la consigliera di Ffe, Barbara Setti
L’attivismo ha moltissimi volti. Uno di questi è quello finanziario, che si può attuare attraverso forme di azionariato critico. Ma cosa significa nella pratica? Significa acquistare un numero simbolico di quote azionarie di un’impresa verso la quale si è critici per intervenire nelle assemblee, dove di solito siedono i piccoli e grandi azionisti – assieme a giornalisti e ad altri soggetti commerciali – per portare all’attenzione del consiglio d’amministrazione le violazioni dei diritti umani e le questioni ambientali nella quale l’azienda è coinvolta.
Un soggetto che ha lunga esperienza in questo senso è Fondazione finanza etica – Ffe emanazione del gruppo Banca etica. Un ente autorevole, che ha deciso di diffondere la cultura dell’azionariato critico tra coloro che in futuro si occuperanno di economia e di finanza: in cooperazione con la rete di azionisti attivi Sfc-shareholders for change ha lanciato un progetto assieme al dipartimento di Economia e management dell’università di Pisa, che ha coinvolto gli studenti del corso in Corporate governance, tenuto dalla professoressa Giulia Romano.
«Già prima c’erano delle collaborazioni informali», racconta Barbara Setti, consigliera della fondazione, «poi l’anno scorso è nata la possibilità di coinvolgere in un workshop di cinque giornate le persone che stavano studiando al corso della professoressa Romano, che erano alla fine della loro carriera universitaria ed erano molto interessate a questo argomento. Ci è stato concesso un piccolo fondo, che è stato molto utile, non tanto per il rimborso dei viaggi, quanto per l’attività di tutoraggio svolta da uno dei tre giovani che aveva lavorato con noi l’anno precedente. Gli studenti hanno elaborato con noi le domande e anche le intenzioni di voto per alcune imprese».
Le aziende coinvolte nell’analisi sono state Leonardo, Fincantieri, Eni, Enel, Acea, Generali, Adidas e Solvay, sui temi riguardanti tutti gli aspetti Esg. Anche quelli sociali e ambientali, dunque, non solo quelli di governance. Per quanto riguarda le prime due realtà, è stato indagato soprattutto il passaggio da imprese ad alta tecnologia a imprese che operano soprattutto nel settore delle armi, mentre su Enel ci si è concentrati sull’esistenza o meno di piani di decarbonizzazione. «È stata un’esperienza molto bella e reciproca», continua Setti. «Gli studenti si sono buttati in questa attività con molta passione e professionalità; loro hanno imparato tanto, ma hanno dato moltissimo anche a noi». Gli studenti hanno appreso, per esempio, il modo in cui tecnicamente vanno poste le domande e i punti in cui è meglio astenersi piuttosto che votare contro, o viceversa. Il workshop è stato un successo: «Avevamo in mente un progetto pilota, a cui avrebbero partecipato circa una trentina di persone», dice Romano, «invece i partecipanti sono stati almeno il doppio, più o meno l’80% dei frequentanti. Abbiamo ritenuto più opportuno includerli tutti, piuttosto che fare una selezione ed escluderne la metà».
Durante le cinque giornate è stato spiegato cos’è l’azionariato critico, come si fa e quali sono le imprese su cui Ffe lavora. Poi è iniziato il lavoro a gruppi, anche in parallelo sulla stessa azienda. I ragazzi hanno avuto tre settimane per elaborare un project work e proporre nuove domande di engagement, fornendo anche intenzioni di voto, specificando proposte e motivazioni. «Il livello è stato molto alto», commenta Setti. «Tutti hanno lavorato e studiato con grandissima attenzione e, soprattutto, frequentando un corso di corporate management, si sono concentrati molto su questo aspetto, andando ad analizzare anche punti che noi non avevamo preso in considerazione».
Nel caso di Solvay, azienda che opera nel settore chimico e nelle plastiche, gli studenti hanno contribuito alla formulazione delle domande di engagement da portare a un’assemblea che si è svolta il 14 dicembre. L’azienda, infatti, è oggetto da alcuni anni dell’azionariato critico di Fondazione finanza etica su due temi: da una parte l’inquinamento di Rosignano, vicino a Livorno, famosa per le sue spiagge bianche che in realtà sono il risultato dei residui di lavorazione della soda di uno stabilimento Solvay e dall’altra sulla politica sulla chimica in generale.
Le risposte alle questioni poste dagli studenti sono arrivate poco prima di Natale (dopo la pandemia, infatti, è stata prorogata – in maniera illegittima, secondo Fondazione Finanza Etica – la normativa per la quale le assemblee si possono fare online, tramite l’invio di domande da parte degli azionisti); l’analisi dei risultati mette in luce alcune risposte esaurienti e altre poco chiare nel settore dell’impegno ambientale e della governance.
Ma non bisogna pensare che l’azionariato critico si svolga sempre e solo in opposizione alle aziende. «Abbiamo lavorato a lungo con Generali, per esempio, e abbiamo anche abbassato il livello di conflittualità», spiega Setti, «sul piano dell’abbandono del reparto di assicurazioni delle centrali a carbone in una serie di Stati europei, prevalentemente Polonia e Repubblica Ceca. Abbiamo iniziato un ingaggio e loro ci hanno chiesto di accompagnarli in questo percorso». Anche nel caso di Enel, il lavoro, iniziato dieci anni fa contro l’intenzione di costruire delle dighe e delle attività energetiche che avrebbero impattato gravemente sulle comunità locali, ha portato ha un dialogo sempre più positivo, tanto che l’anno scorso, nella nomina del nuovo Consiglio d’amministrazione, è stato chiesto a Finanza Etica di fare un intervento diretto in assemblea (Enel è stata l’unica tra le realtà analizzate a farne di pubbliche), perché le nuove nomine continuassero nella direzione delle rinnovabili.
«Quando portare cambiamenti è molto difficile», afferma Setti, «chiediamo almeno di avere informazioni di trasparenza. Serve una bravura certosina nel porre le domande giuste, in modo che possano ottenere risposta, anche perché spesso quando un’azienda si occupa, per esempio, del settore delle armi e della difesa ci viene risposto che alcuni dati non possono esser divulgati. Però cerchiamo di uscire pubblicamente su alcune questioni importanti, come è accaduto l’anno scorso per la nomina di Roberto Cingolani ad amministratore delegato e direttore generale di Leonardo».
Fare attività di azionariato critico, quindi, richiede un lavoro certosino di analisi e di studio, che può insegnare molto ai ragazzi che si vogliono affacciare al mondo dell’economia e della finanza. «Abbiamo coinvolto studenti alla fine del percorso universitario, che avevano già delle basi teoriche di tipo economico e manageriale», dice la professoressa Romano, «ma che spesso hanno bisogno di fare delle esperienze pratiche. Questa è stata, per loro, l’occasione di sperimentare un’attività reale, con un riscontro diretto nel mondo delle imprese e nell’assemblea, l’organo principale della democrazia societaria. Il contributo aggiuntivo di questo laboratorio, secondo me, è stato andare al di là delle informazioni che comunemente si trovano disponibili, mettendo insieme diverse fonti per arrivare a una comunicazione derivata, alla ricerca di qualcosa che stona rispetto a ciò che è mainstream».
Foto in apertura è di Dario Fusaro per l’Agenzia Sintesi, l’altra è stata fornita dalla Fondazione finanza etica
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