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Le dipendenze dimenticate costano 8,3 miliardi

In aumento il costo annuo di assistenza in Italia per i fenomeni di dipendenza da stupefacenti e alcol e gli accessi al pronto soccorso (+31%). In calo il numero di servizi pubblici per le dipendenze (SerD) e di operatori dedicati all’assistenza. «È fondamentale la presa in carico precoce dei giovani, bisogna cambiare paradigma, fare rete di comunità e investire sulla formazione degli operatori», dice Simone Feder, psicologo che, da sette anni, segue i tossicodipendenti di Rogoredo, ai margini di Milano. Inizia un viaggio di VITA in questa emergenza

di Ilaria Dioguardi

L’ Osservatorio Impatto Socio-Economico delle Dipendenze – Oised ha presentato il primo rapporto su Impatto socio-sanitario ed economico delle dipendenze in Italia.

Dai dati emerge che, ogni euro speso per la presa in carico sociosanitaria dei soggetti dipendenti, fa risparmiare quattro euro di spesa complessiva. I fenomeni di dipendenza da stupefacenti e da alcol generano un costo diretto annuo di assistenza per il Paese di 8,3 miliardi, di cui 7 miliardi il primo e 1,3 miliardi il secondo. Una grande emergenza che, rispetto al passato, è scarsamente percepita dalla opinione pubblica.
«Ai 7 miliardi va aggiunto il valore delle sostanze stupefacenti, che viene stimato in circa 15,5 miliardi, portando l’impatto economico complessivo a 22,5 miliardi, l’1% del Pil italiano», spiega Alfio Lucchini, del Centro studi e ricerche consumi e dipendenze – Ce.R.Co. «Sono oltre 250mila gli utenti in carico ai servizi per le dipendenze, di questi il 90,5% sono persone dipendenti da stupefacenti (65,9%) e alcol (24,6%)», spiega Daniela D’Angela, Centro per la ricerca economica applicata alla Sanità – Crea Sanità, Università di Roma Tor Vergata.

Oised, il primo centro studi e think thank interamente dedicato allo sviluppo di analisi a supporto della governance e la sostenibilità del settore per la cura delle dipendenze, è nato nel 2022 da un’iniziativa congiunta di Crea Sanità e Ce.R.Co, «con l’obiettivo di colmare le lacune nelle conoscenze e informazioni sul settore delle dipendenze, e favorire il confronto tra istituzioni e principali stakeholder».

Il primo rapporto Oised su “Impatto socio-sanitario ed economico delle dipendenze in Italia”
è stato presentato ieri a Roma

«Per me, in questi dati non c’è nulla di nuovo. È chiaro che se noi arriviamo prima, li agganciamo prima, ci sono meno costi poi. Io ho una struttura per minorenni, agganciandoli prima c’è un recupero maggiore rispetto ai grandi, che mi sembra quasi che si strutturino poi a livello del disagio», commenta Simone Feder, psicologo della Comunità Casa del giovane di Pavia, da sette anni quotidiano protagonista, con un gruppo di volontari, dell’assistenza ai tossicodipendenti del Boschetto di Rogoredo, la grande piazza di spaccio e di consumo alla periferia sud-est di Milano.

«Questo vuol dire anche ridurre i costi psichiatrici, come si vede dal rapporto gli accessi ai pronto soccorso aumentano, la percentuale dei minorenni di questi accessi è quasi del 10%. A uno su due di questi accessi è stata attribuita la diagnosi di psicosi indotta da droghe. L’accesso al pronto soccorso ha visto un aumento del 31% rispetto al 2022 (non al 2015, ma all’anno scorso). Oggi se non si interviene aumentano, per questo ribadisco che l’aggancio precoce è fondamentale», prosegue. «È chiaro che bisogna investire anche su altro, cambiare paradigma delle strutture. Se ho un ragazzo di 15 anni in comunità, devo pensare all’obbligo scolastico, è tutta una rete diversa di servizi, rispetto all’adulto. Nello stesso tempo, a livello economico, bisogna gestire, supportare, indirizzare anche la rete di familiari. Quando un ragazzo lancia un allarme, una sfida, bisogna raccoglierli, con tutto il carico di rabbia e di ostilità che ha, dall’altra parte a volte i genitori sono ancora in fase adolescenziale. La presa in carico precoce, come viene sottolineato nel rapporto, va potenziata. Il personale, come emerge dai dati, è diminuito». Nei SerD, nel 2021, operavano 6.213 operatori dedicati all’assistenza delle persone con problemi di dipendenza da sostanze, escluso ad esempio il gioco d’azzardo e l’alcol: la percentuale si è ridotta del 6,2% rispetto al 2019, attestandosi a 12 operatori ogni 100mila abitanti. La riduzione delle risorse umane rispetto al periodo pre-pandemico ha interessato soprattutto il Nord-Est e il Mezzogiorno: -8,4% e -6,1% rispettivamente.

Bisogna proporre stili di vita diversi ai ragazzi, stiamo spostando sempre la partita sull’asse sanitario, bisogna portarla sull’asse esistenziale ed educativo

Simone Feder

«Noi abbiamo anche una riduzione di accessi alle comunità, bisogna puntare agli accessi in comunità per adolescenti, dove indirizzare in regime residenziale, non solo ambulatoriale». Nel primo rapporto Oised emerge nel 2022 una riduzione del 9,3% di accessi di persone con dipendenza da stupefacenti presso i SerD, rispetto al 2015. «Ciò significa che, se manca il personale, la gente non ci va più? Non credo. I giovani dobbiamo andarli a prendere, non vanno loro presso le strutture».
Tra le proposte dell’Oised, l’aumento del numero di nuovi utenti che i SerD possono prendere in carico. «Bisogna proporre stili di vita diversi, stiamo spostando sempre la partita sull’asse sanitario, bisogna portarla sull’asse esistenziale ed educativo. Nonostante spesso i ragazzi abbiano anche disturbi dell’apprendimento, iperattività, nel momento in cui proponi loro delle attività, fai loro riprendere gli studi, ritornano a vivere. La risposta non va vista sempre e solo dal punto di vista sanitario», dice Feder.

Simone Feder a Rogoredo

Un’altra proposta dell’Oised è garantire la continuità nella presa in carico, in particolare per i detenuti stranieri messi in libertà. «Ma il trattamento nei confronti degli stranieri deve essere diverso. Non si tratta di essere discriminatori, ma bisogna considerare il fatto che gli stranieri il concetto di rieducazione spesso non ce l’hanno. Pensiamo, ad esempio, a un’educatrice che si rapporta con un magrebino, lui non ci sta a fare quello che gli dice. Dobbiamo guardarci dentro, con gli addetti ai lavori, andare oltre i numeri, è il campo, la vita quotidiana che ti dà le risposte, diverse da persona a persona. Il cambio di paradigma non può nascere a tavolino, nasce dal vissuto, dall’incontro, dallo stare con le persone», continua Feder. «Per quanto riguarda “L’adozione di azioni finalizzate ad aumentare l’aderenza al trattamento”, di cui si parla negli auspici del rapporto dell’Oised, penso che se un ragazzo dipendente da stupefacenti e alcol lo aggancio presto, devo fare in modo di sviluppare modalità di risposte che me lo portino sempre più velocemente fuori da questo trattamento. Il trattamento di recupero deve essere sicuramente fatto con modalità diverse. Sono 17 anni che ho in comunità ragazzi minorenni, la riuscita nel trattamento con loro è molto alta, va fatta con proposte diverse da quelle sanitarie. Questo non vuol dire che non prendono farmaci, se ne hanno bisogno, assolutamente. Ma rischiamo di avere soggetti cronici già a 25 anni, ci vuole un cambio di paradigma perché i ragazzini faticano sempre di più ad essere rintracciati, necessitano di operatori in grado di reggere l’urto. Abbiamo bisogno di luoghi, di cliniche che avvicinino i giovanissimi, li disintossichino in fretta, facciano una diagnosi accurata, giusta, in merito alle sostanze che hanno in corpo per aiutarmi a trattarlo. Altrimenti, si mandano in neuropsichiatria, si danno dei farmaci, ma sono quelli giusti? Sto lavorando per dare a questi ragazzi un percorso di aggancio, per portarli a una diagnosi, per avere le giuste indicazioni per il trattamento. Oggi mancano delle progettualità, delle proposte sensate. Nel trattamento, bisogna avere anche il personale formato. Abbiamo un turn over di operatori, che faticano a reggere, vanno in difficoltà. Che tipo di studi stiamo offrendo nelle università? Agli addetti ai lavori va fatta una formazione più ad hoc, centrata sui disagi di oggi. Se non prepariamo i nostri futuri operatori in modo accademico, non riusciremo a tenere aperte le nostre comunità. Fare un colloquio con un minorenne, dipendente da stupefacenti o alcol, non è uguale a farlo a un quarantenne. Si fatica a farlo nel setting ambulatoriale, il colloquio va fatto dove si trova, per strada, nel suo luogo della disperazione. Tutto questo non regge se non andiamo a incidere nella comunità tutta, che deve essere educante. Bisogna tornare ai contatti con le associazioni presenti nei territori, agli stakeholder, alle associazioni. Abbiamo bisogno di tutti: bisogna fare rete di comunità».

Il cambio di paradigma non può nascere a tavolino, nasce dal vissuto, dall’incontro, dallo stare con le persone

Simone Feder

Dal rapporto dell’Oised emerge che, nella popolazione carceraria i detenuti per spaccio di sostanze stupefacenti sono il 31,8% della popolazione carceraria. I detenuti tossicodipendenti sono 16.845, in aumento rispetto al 2015 del 25,1%. «Anche qui, bisogna pensare: quando escono dal carcere, cosa facciamo fare loro?», si chiede Feder.

Dall’11 ottobre è possibile consultare la banca dati Oised-data che, con 40 indicatori aggiornati, consente l’analisi della situazione di tutti i parametri relativi alle dipendenze, sia a livello nazionale che di singole regioni. «I dati sono importanti, ma bisogna raccoglierli nel modo giusto, quello delle dipendenze è un problema che sta continuamente cambiando», continua Feder. «Il problema non è la droga, o che droga usa una persona, è perché la usa. In comunità abbiamo persone con disturbi dell’alimentazione, attacchi di panico, autolesionismo. Su 15 ragazzi presenti in comunità, 10 fanno autolesionismo: questo è il mondo di oggi. Il problema è il disagio. Abbiamo bisogno di tutti per fare rete: del panettiere con cui un ragazzo si può confidare, del medico di base, del pediatra. Le persone oggi sono smarrite, senza punti di riferimento, non trovano le risposte: non basta fare le cose, è il momento di fare le cose bene. Dobbiamo parlare dell’importanza delle comunità, che prima di essere comunità terapeutiche danno risposte di vita. Questo serve oggi. La professione non ci manca, ci manca l’umanità. Dobbiamo aiutare i professionisti, dobbiamo arricchirci noi, prima di guardare al di fuori. Se l’altro non ti sente, se non agganci la frequenza del cuore dell’altro non ti segue.

Il problema non è la droga, o che droga usa una persona, è perché la usa. In comunità abbiamo persone con disturbi dell’alimentazione, attacchi di panico, autolesionismo

Simone Feder

Mentre parliamo al telefono, Simone Feder sta andando appunto a Rogoredo. «Quando chiami un ragazzo per nome, gli stringi la mano, lo hai già conquistato. Poi ti viene dietro, gli dai il farmaco, gli dai il trattamento. Se non entri nelle sue ferite (per entrarci devi essere prima uomo e poi professionista), devi cambiare mestiere. Oggi dobbiamo interrogarci tutti. I minatori portavano nelle miniere un canarino perché cinguettava e, quando non lo sentivano più, voleva dire che c’era troppo ossido di carbonio e moriva, capivano che dovevano uscire. Era un’allerta. Mi fa venire in mente i nostri adolescenti: sono quei canarini che non cinguettano più, ma siamo sordi e non ce ne accorgiamo. Il problema non sono gli adolescenti, è la società che è malata, ma noi continuiamo a puntare il dito sugli adolescenti.

Nelle prossime settimane, in dialogo con alcuni protagonisti impegnati nel recupero delle persone tossicodipendenti, inizieremo un ideale viaggio in questa emergenza dimenticata.

La foto in apertura è di Dario Fusaro/Agenzia Sintesi.


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