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Lep: cosa sono e perché l’autonomia differenziata senza di loro è pericolosa

Approvare l'autonomia differenziata senza definire contestualmente i livelli essenziali delle prestazioni rischia di ledere i diritti e le tutele dei cittadini in termini di prestazioni sociali. Virginio Marchesi, presidente Uneba Milano, spiega i rischi del Ddl Calderoli

di Rossana Certini

Il disegno di legge sull’autonomia differenziata, presentato dal ministro per gli affari regionali e le autonomie Roberto Calderoli, è stato approvato dal Senato. È una legge procedurale per attuare la riforma del titolo V della Costituzione che nel 2001 ha modificato i tradizionali rapporti tra Stato centrale ed enti periferici. In undici articoli il Ddl delinea i contorni entro cui le regioni a statuto ordinario potranno chiedere allo Stato forme e condizioni particolari di autonomia in materie che vanno dalla salute, all’istruzione, fino all’ambiente e allo sport. Come si legge nel testo del Ddl l’autonomia «può rappresentare una svolta rispetto ai vincoli che attualmente impediscono il pieno soddisfacimento dei diritti a livello territoriale e la valorizzazione delle potenzialità proprie delle autonomie territoriali». Ma sarà veramente così?

VITA, in attesa che il testo sia esaminato dalla Camera, ha girato la domanda a Virginio Marchesi, presidente della sezione milanese dell’Unione nazionale istituzioni e iniziative di assistenza sociale-Uneba. «La speranza è che l’autonomia si concilii veramente con i diritti dei cittadini. Non vorremmo che, se pur involontariamente, leda i principi fondamentali che ci fanno sentire tutti cittadini di un’unica nazione. Perché questo avvenga è importante che si realizzino parallelamente percorsi di identificazione dei diritti fondamentali e delle tutele che li supportano, affinché l’autonomia non finisca con il garantire differenti protezioni in diversi contesti.

Che succederebbe in quel caso?

In questo caso verrebbe smontato il concetto di principio statale, da cui nasce quello di autonomia, e si definirebbe un principio di indipendenza. Tutto questo si è già sperimentato nel Sistema sanitario che, in termini di autonomia e delega alle regioni, è forse uno dei settori più avanzati. In questo comparto sono stati definiti i Livelli essenziali di assistenza-Lea, cioè gli obblighi a cui ogni regione deve soggiacere per garantire ai propri cittadini l’uniformità di servizi. I Lea, per esempio, prevedono, su tutto il territorio nazionale, l’assistenza sociosanitaria residenziale e semiresidenziale alle persone non autosufficienti (art. 30) e con disabilità (art. 34). Purtroppo, però, nei fatti non c’è un dato quantitativo e qualitativo che dimostri che questi servizi sono garantiti allo stesso modo per tutti gli italiani. Molto spesso un cittadino, a seconda del contesto regionale in cui si trova, riceve più o meno servizi. Invece, assicurare dei Livelli essenziali di assistenza in sanità e, in generale, dei Livelli essenziali delle prestazioni-Lep uguali per tutti vuol dire anche che lo Stato si fa da garante delle risorse necessarie affinché le tutele essenziali siano assicurate.

Sembra andare in questa direzione l’istituzione, nella legge di bilancio 2023 (legge 29 dicembre 2022, n. 197, articolo 1, commi da 791 a 801), di una cabina di regia, composta da tutti i ministri competenti, che tra i suoi compiti ha quello di individuare i livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti in tutto il territorio nazionale. Basterà?

Perché il tutto funzioni è essenziale che il processo di determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni-Lep, sia contestuale all’approvazione dell’autonomia. Purtroppo la storia del nostro Paese ci ricorda che abbiamo approvato la riforma sanitaria negli anni Ottanta e i Lea vent’anni dopo. E ad oggi, nonostante ci fosse una legge che ne parlava dal lontano 2000, i livelli essenziali di assistenza nel sociale non sono stati ancora approvati. Quindi diventa importante approvare insieme la norma e i Lep. Eventuali rinvii potrebbero modificare le tempistiche. Altrettanto importante è creare una sinergia tra i Lea e i Lep per evitare che si creino due sistemi che affrontano le stesse problematiche ma in modo diverso: uno sanitario e l’altro sociale.

I finanziamenti dovrebbero essere erogati sulla base della spesa storica della regione nell’ambito specifico in cui chiede l’autonomia. Cosa ne pensa?

Involontariamente questi meccanismi fotografano l’esistente ma non individuano i meccanismi di cambiamento. Il tema è: sono le risorse che condizionano i Lep o viceversa? È possibile fare una riforma che preveda tutele senza avere le risorse aggiuntive necessarie per realizzare una seria programmazione di investimento sui Lep ai cittadini? Purtroppo la risposta è no. Rischiamo di creare delle differenze fra i cittadini, che non si sentiranno di appartenere tutti alla stessa nazione. In sanità vediamo già queste diseguaglianze. Una persona malata di tumore che vive al Sud spesso è costretta a spostarsi al Nord perché nella sua regione non ha i servizi adeguati: trovo profondamente ingiusto questo sistema. Ora pensiamo se può essere possibile che una persona anziana possa decidere di lasciare la sua terra, perché non ci sono strutture sociosanitarie che possono accoglierla, e radicarsi in un’altra regione che offre più servizi. Dobbiamo decidere se è l’etica, ossia le tutele, che governa l’economia o viceversa.

Del resto affinché tutte le regioni abbiano lo stesso livello di servizi essenziali, forse, sarà necessario prima investire risorse nei territori dove già ora ci sono delle carenze così da allineare tutte le regioni. Ma la domanda è: abbiamo le risorse necessarie per garantire i diritti a tutti i cittadini?

Oggi quello che vediamo nel campo del sociale ci riporta una situazione tale da pensare che la risposta alla domanda sia negativa. Temo non ci siano le risorse per sostenere questo sistema delle autonomie e il rischio è che gli oneri vengano scaricati a livello regionale o locale.

 Foto La Presse: Presidio contro il ddl Calderoli sull’autonomia differenziata a Roma


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