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Immigrazione & Disabilità

L’inclusione scolastica secondo Valditara

Gli alunni stranieri che non parlano l’italiano non andranno più in classi separate, ma nelle classi in cui questi alunni sono più del 20%, dal 2025 arriverà un insegnante specializzato. In partenza invece dei corsi ad hoc per gli insegnanti di sostegno già in cattedra ma non specializzati e per quelli che hanno conseguito un titolo all'estero. Gli annunci del ministro Valditara

di Sara De Carli

Alla fine gli alunni stranieri che non parlano l’italiano non andranno in classi separate, ma nelle classi in cui questi alunni sono più del 20%, ci sarà un insegnante specializzato che li aiuterà ad apprendere meglio l’italiano. Lo ha annunciato il ministro Giuseppe Valditara al termine del Consiglio dei Ministri del 24 maggio: dal 2025, grazie a una rimodulazione degli organici, nelle classi con un numero di studenti stranieri neoarrivati in Italia e con deficit nella lingua, pari o superiore al 20%, verrà introdotto un docente con una formazione ad hoc che affiancherà con lezioni di potenziamento il lavoro di classe. «Il provvedimento approvato oggi dal Consiglio dei Ministri su nostra proposta rappresenta una pietra miliare nella politica del governo per una vera eguaglianza di tutti gli studenti. Per gli stranieri il nostro obiettivo è consentire a ciascuno di avere una adeguata conoscenza della lingua italiana, primo, fondamentale passo per una reale inclusione», ha detto il ministro. Già a partire da settembre, tuttavia, le scuole potranno accedere a specifici progetti PON volti ad assicurare il potenziamento dell’apprendimento della lingua italiana per gli alunni con cittadinanza non italiana. Se fosse davvero così, almeno su questo punto, alla fine avrà ragione Tuttoscuola, che in autunno aveva definito Valditara un «conservatore riformista». Una bella sorpresa.


Sostegno, la specializzazione light

Molte perplessità suscita invece la comunicazione ufficiale relativa alle altre due misure approvate dal Consiglio dei Ministri sulla scuola, sempre in ottica di inclusione. Il decreto-legge contiene infatti due misure che riguardano gli insegnanti di sostegno. La prima prevede una nuova offerta formativa di specializzazione sul sostegno, destinata solo ai docenti di sostegno precari che da anni già insegnano in questo ruolo pur non avendo la specializzazione. Questi corsi – che immaginiamo saranno più brevi rispetto al tradizionale percorso di specializzazione universitario, altrimenti non si vede la ragione di creare un duplicato – verranno erogati da Indire. L’intervento, precisa il ministro, è «di natura transitoria ed eccezionale» e «si rivolge ad una platea di circa 85mila docenti che l’attuale sistema di specializzazione non è riuscito ad intercettare». “Il sistema non è riuscito” perché? Perché la specializzazione sul sostegno questi insegnanti l’hanno ritenuta un investimento troppo impegnativo per un ruolo che intendono ricoprire solo temporaneamente e che fondamentalmente non hanno scelto? In Italia un docente di sostegno su tre è in cattedra senza avere una formazione specifica e il 60% degli alunni disabili cambia insegnante da un anno all’altro. Certo, una formazione ridotta è meglio di nessuna formazione, ma davvero è questa la via per un Paese che crede davvero nell’inclusione scolastica degli alunni con disabilità e vuole garantire loro una istruzione di qualità? «Puntiamo ad ampliare l’organico dei docenti di sostegno specializzati», ha detto il ministro, però qui pare che lo facciamo abbassando l’asticella della specializzazione. Attendiamo il decreto. 

Sostegno, il riconoscimento dei titoli conseguiti all’estero

Un ragionamento simile vale per il secondo punto del decreto-legge, che riguarda la risoluzione del contenzioso collegato al mancato riconoscimento dei titoli di specializzazione sul sostegno conseguiti all’estero. Il decreto – ci sarà da capire come – prevede che circa 11mila persone con istanza di riconoscimento o contenzioso pendente possano accedere a percorsi di specializzazione ad hoc, sempre erogati da Indire e sanare così la loro posizione. Si tratta di una sorta di “compromesso” rispetto all’ipotesi circolata un anno fa, che prevedeva l’equiparazione dei titoli esteri per la specializzazione sul sostegno didattico e che era stata giudicata «inaccettabile» dalla Fish. Come accade per tutti i compromessi, la differenza la fanno i dettagli: attendiamo quindi – anche qui – il decreto. 

Continuità didattica, forse ci siamo?

Torna infine la tanto annunciata e mai realizzata possibilità, su richiesta delle famiglie, di ottenere la conferma del docente di sostegno precario, che era in servizio nel precedente anno scolastico (previa valutazione da parte del dirigente scolastico). Lo prevedeva l’articolo 14 comma 3 del decreto legislativo 66/2017 ma finora non era mai arrivato il decreto attuativo. La conferma viene disposta prioritariamente nei confronti dei docenti in possesso dello specifico titolo di specializzazione. 

Foto di CDC su Unsplash


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