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Il lavoro del futuro

L’Intelligenza Artificiale farà crescere (anche) le professioni per la cura e i servizi alla persona

Secondo uno studio di ManpowerGroup-EY-Sanoma, da qui al 2030 la domanda di lavoro aumenterà, a causa dell’IA, in 9 settori di attività su 23: tra questi alcuni settori tecnologicamente maturi (telecomunicazioni, public utilities, chimica), ma anche settori legati alla trasformazione dei servizi e delle competenze (servizi di cura, servizi di educazione, formazione e lavoro)

di Sabina Pignataro

Da qui al 2030 aumenterà sempre più la domanda di professioni tecniche e ad alta qualifica, non solamente legate all’informatica e alla tecnologia, ma anche alla cura e ai servizi legati alle persone, incluso l’orientamento, la formazione e l’inserimento socio-lavorativo. D’altra parte, la domanda calerà per i gruppi professionali a qualifica più bassa, nonché per le professioni qualificate e quelle imprenditoriali collegate ai settori a bassa crescita (es. settore primario, industrie tradizionali).

Nel complesso, però, la domanda di lavoro in Italia rimarrà in crescita per il resto del decennio. Sono questi alcuni dei principali risultati della nuova edizione dello studio Il futuro delle competenze nell’era dell’Intelligenza Artificiale, realizzato da EY, leader mondiale nei servizi professionali di revisione e organizzazione contabile, assistenza fiscale e legale, transaction e consulenza, ManpowerGroup, multinazionale guida nel settore delle innovative workforce solutions e Sanoma Italia, leader europeo nel settore dell’editoria scolastica.

Lo scopo dello studio, elaborato grazie a tecniche di Intelligenza Artificiale (IA) e algoritmi di machine learning, è di costruire un modello predittivo della domanda di professioni e competenze in Italia da qui al 2030, con l’obiettivo di fornire a decisori pubblici, aziende e operatori dell’istruzione e della formazione gli strumenti utili a mettere in campo i giusti investimenti per affrontare al meglio opportunità e rischi che si presenteranno entro la fine del decennio.

L’Intelligenza Artificiale e la domanda di lavoro

Secondo quanto emerge dallo studio predittivo di EY, ManpowerGroup e Sanoma Italia, non si assiste ad un effetto di sostituzione del lavoro umano con l’IA. In Italia, infatti, la domanda di lavoro continuerà a crescere nei prossimi anni, ma la crescita rallenterà a partire dal 2024 e poi, in modo più significativo, dal 2027, in corrispondenza della diffusione sempre più importante dell’adoption di soluzioni di IA generativa e robotica avanzata nelle aziende. L’IA avrà un impatto negativo sulla domanda, in particolare, di profili professionali a livello di qualifica media: tecnici, conduttori d’impianti, lavoratori della logistica, chi svolge mansioni d’ufficio che hanno a che fare con la gestione dei dati.

L’IA avrà invece un impatto differenziale sui settori. Lo studio stima che, in Italia, la domanda di lavoro aumenterà, a causa dell’IA, in 9 settori di attività su 23: tra questi alcuni settori tecnologicamente maturi (telecomunicazioni, public utilities, chimica), ma anche settori legati alla trasformazione dei servizi e delle competenze (servizi di cura, servizi di educazione, formazione e lavoro). Tra quelli in cui si prevede che la domanda di lavoro aggregata diminuirà, si trovano settori come banche e assicurazioni, che hanno da tempo intrapreso un percorso di ristrutturazione legato all’uso delle tecnologie dei dati.

Disaggregando le previsioni formulate dal modello predittivo per le singole professioni, si nota che la crescita della domanda legata all’IA riguarderà profili molto eterogenei: ingegneri e fisici (+7%), ma anche analisti di mercato e psicologi del lavoro e della formazione (+3%). Crescerà la domanda di profili ad alto contenuto creativo (architetti, progettisti, pianificatori), ma anche le professioni legate al marketing e alle vendite (+5%). L’impatto dell’IA sulla riorganizzazione dei processi e dei modelli lavorativi sarà evidente nella crescita della domanda di professioni manageriali, come i direttori di amministrazione e finanze e gli specialisti di organizzazione (+3%).

Ricoperta dalla sostenibilità e degli obiettivi Esg

Un altro cambiamento che le imprese dovranno gestire e che avrà un impatto sul mercato del lavoro è quello della sempre maggiore importanza ricoperta dalla sostenibilità e dagli obiettivi ESG – Environmental, social, governance. Un ambito su cui il 94% delle organizzazioni globali ammette di non avere tutti i professionisti necessari allo scopo e il 70% si sta già muovendo per assumerli[1]. Ci sarà quindi una crescita dei cosiddetti green jobs, cioè posizioni che richiedono competenze specifiche rispetto ai diversi settori della sostenibilità e la padronanza di un’ampia varietà di “green skills” specializzate. Tra le professioni verdi del futuro ci sono sia figure tecniche (ingegneri di fonti di energia rinnovabili e della mobilità elettrica) sia manager (chief sustainability officer e manager dei rischi ambientali). Solo in Italia sono già migliaia le posizioni aperte per questi profili.

Per evitare squilibri troppo ampi sul mercato del lavoro, a imprese, sistema dell’istruzione e decisori pubblici è richiesto di intervenire per tempo su tre quarti delle professioni: nel caso si tratti di occupazioni con domanda in calo si dovrà gestire un eccesso di forza lavoro da riassorbire in altri ruoli (lavoratori non qualificati e a media qualifica come commessi e addetti al magazzino); nel caso invece si tratti di lavori in forte crescita occorrerà essere pronti a formare addetti con le giuste competenze prima di incontrare problemi di talent shortage (profili ad alta qualifica legati alla sicurezza informatica, specialisti analisi dati, distributori di nuovi servizi).

In particolare, cambieranno gli “skillset”, cioè il bagaglio di competenze richieste ai lavoratori. Alle professioni tecniche sarà richiesto di aumentare la varietà di competenze possedute, anche non strettamente attinenti al proprio lavoro; viceversa, alle professioni ad alta specializzazione servirà approfondire sempre di più il proprio settore di competenze. È prevista inoltre una domanda trasversale di competenze sulla sostenibilità su cui dovrà formarsi oltre il 60% dell’attuale forza lavoro. Le green skills sono quelle che permettono alle aziende di migliorare il proprio impatto ambientale, come ad esempio in materia di mitigazione dell’inquinamento, contrasto al cambiamento climatico e prevenzione dei rifiuti, bonifica ambientale, acquisti sostenibili, produzione e gestione dell’energia.

Tutti i cambiamenti illustrati potranno dunque comportare un aumento del mismatch tra domanda e offerta di lavoro. Già oggi la quota di assunzioni che le imprese italiane giudicano difficili da realizzare ha superato il 48% a settembre 2023 ed è in continua crescita almeno dal 2019 mentre la percentuale di posti di lavoro disponibili ma non occupati (job vacancy rate) è attorno al 2%, con perdite stimate pari al 3% del valore aggiunto annuo di industria e dei servizi.

Focus sulla formazione

Un rimedio al talent shortage e al mismatch è dato dalla formazione che in prospettiva costituirà una risorsa sempre più preziosa ed efficace anche grazie alle potenzialità offerte dall’IA ad aziende ed enti di formazione. Integrando l’IA nei processi d’apprendimento sarà infatti più semplice e rapido allineare le offerte dei sistemi di istruzione alle trasformazioni costanti del mercato del lavoro. Secondo le stime, l’implementazione di soluzioni IA renderà corsi e programmi di formazione più accessibili per lavoratori e aziende, oltre a consentire un aumento dell’efficacia dell’insegnamento superiore potenziando soluzioni formative tradizionali. Un ruolo fondamentale svolgerà l’orientamento già nelle scuole secondarie, impostato in modo da consentire a studenti e famiglie di focalizzarsi sull’acquisizione di competenze e di riconoscere quali percorsi formativi e quali scelte professionali offrono maggiori opportunità di successo.

Il mismatch in uscita dalle Università italiane

Lo studio predittivo stima anche il mismatch in uscita dai percorsi universitari italiani. In particolare, il modello prevede che il disallineamento tra le competenze dei neolaureati italiani e i lavori di primo impiego crescerà in modo significativo nel corso del decennio, soprattutto in uscita dai percorsi STEM (tra gli altri, scienze e tecnologie agrarie, biotecnologie, scienze e tecnologie informatiche, disegno industriale) e tra i lavori di primo impiego più frequenti tra i laureati triennali (tecnici programmatori, grafici, tecnici agronomi). Questo effetto è correlato anche al fatto che mentre gli skillset delle professioni sono dinamici e cambiano velocemente, i curricula delle classi di laurea sono meno soggetti a modifiche significative nel breve periodo. In parte, la natura della generale difficoltà di reclutamento di laureati deriva da questo disallineamento tra i tempi di cambiamento delle esigenze del mercato del lavoro e i tempi di risposta del sistema universitario.


Foto in apertura, Possessed Photography by Unsplash


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