Inquinamento
Microplastiche, quel no sempre più debole della Ue
La modifica (a ribasso) della direttiva acque, i nuovi limiti negli scarichi, lo stop (più o meno) all'uso delle microsfere nell'industria: procede tra luci e ombre l'azione dell'Unione europea per limitare la plastica nell'ambiente. La ricerca scientifica e l'azione degli ambientalisti sono alla base di quanto si sta facendo e, soprattutto, ancora si deve fare
«Le campagne e gli studi sulle microplastiche, a cui anche noi abbiamo dato un contributo operativo, stanno portando all’approvazione di una serie di norme fondamentali per limitare la presenza di questi inquinanti ancora considerati emergenti, ma ormai diffusi ovunque», afferma Stefania Di Vito, dell’Ufficio scientifico di Legambiente. L’Agenzia europea per l’Ambiente stima che ogni anno vengano dispersi tra i 6 e i 15 milioni di tonnellate di plastica, tra il 2 e il 4% della produzione mondiale. Tutta questa materia, esposta alla luce, al vento, alle onde, si degrada e si trasforma in frammenti piccolissimi, diventando microplastica. Si può formare anche in altri modi, come dal rilascio di fibre durante il lavaggio dei tessuti sintetici.
Verso la modifica (a ribasso) della direttiva acque
Proprio in questi giorni, il Consiglio dell’Unione europea ha raggiunto un accordo per un mandato negoziale finalizzato ad aggiornare l’elenco degli inquinanti nelle acque superficiali e sotterranee. Le microplastiche, assieme ai geni di resistenza antimicrobica, saranno inclusi tra le sostanze da controllare solo dopo l’introduzione di norme armonizzate in materia di monitoraggio e valutazione. Ma gli ambientalisti sono critici verso questa modifica: introdurre il monitoraggio di nuove sostanze prioritarie riducendo l’ambizione della direttiva non farà bene all’ambiente. Per Sara Johansson, responsabile per le politiche di contrasto all’inquinamento delle acque all’European environmental bureau – Eeb, la più vasta rete ambientalista europea, «è deludente che gli Stati membri si mettano d’accordo per indebolire le disposizioni esistenti in materia di protezione delle acque, dandosi il diritto di inquinare per i prossimi decenni».
La proposta aggiorna le sostanze prioritarie e gli standard di qualità ambientale nelle acque superficiali e sotterranee. Si legge nel comunicato stampa del Consiglio Ue: «La direttiva quadro sulle acque impone agli Stati membri di presentare i loro piani di gestione del bacino idrografico e di riferire in merito allo stato dei corpi idrici nei rispettivi paesi. A tal fine, l’attuale norma applica un principio eliminatorio one out, all out. Ciò significa che tutti gli indicatori ecologici e chimici dovrebbero soddisfare gli standard di qualità stabiliti dalla legislazione dell’Ue. Questo principio rende difficile dimostrare i progressi generali. Gli Stati membri hanno pertanto convenuto che la Commissione fisserà indicatori a livello europeo per misurare i progressi in modo uniforme, anche in situazioni in cui non tutti gli standard di qualità sono in buono stato».
Un più rigoroso trattamento delle acque reflue
Lo scorso aprile, l’Europarlamento ha approvato in via definitiva nuove norme per la raccolta, il trattamento e lo scarico delle acque reflue urbane. È stato così adottato un accordo che rivede le norme in materia di gestione delle acque e di trattamento dei reflui urbani per una migliore protezione della salute pubblica e dell’ambiente. Entro il 2035, gli scarichi urbani dovranno essere sottoposti a trattamento secondario, cioè alla rimozione di materia organica biodegradabile, prima di essere immessi nell’ambiente. Nuovi parametri di salute pubblica (come virus noti e agenti patogeni emergenti), inquinanti chimici, comprese le microplastiche e anche le sostanze per- e polifluoroalchiliche o Pfas, saranno monitorati.
Stop alle microplastiche primarie
Combattere l’inquinamento da microplastiche è, tra l’altro, uno degli obiettivi del Green deal, il Patto verde che, forse, potrebbe essere rivisto con la nuova legislatura europea. Per ora, in base al piano d’azione per l’inquinamento zero, la Commissione Ue ha fissato come obiettivo la riduzione del 30 % dell’inquinamento da microplastiche entro il 2030.
L’Agenzia europea per le sostanze chimiche – Echa ha rilevato che le microplastiche primarie, cioè quelle aggiunte intenzionalmente a determinati prodotti sono rilasciate nell’ambiente in modo incontrollato, e ha raccomandato di limitarle. Si stima che ogni anno nell’Ue vengano rilasciate 42mila tonnellate di queste microplastiche. Per questo lo scorso settembre la Commissione Ue sono stati vietati da subito alcuni tipi. Le norme europee impediranno comunque il rilascio nell’ambiente di circa mezzo milione di tonnellate di microplastiche. Ma in molti casi, il divieto scatterà tra alcuni anni.
Le microplastiche soggette alla restrizione comprendono tutte le particelle di polimeri sintetici di dimensioni inferiori a cinque millimetri che siano organiche, insolubili e resistenti alla (bio)degradazione. Tra queste, per fare un esempio, il divieto di immissione del materiale granulare da intaso utilizzato per le superfici sportive artificiali, che costituisce la principale fonte di rilascio nell’ambiente di microplastiche aggiunte intenzionalmente, avrà applicazione a otto anni dall’entrata in vigore delle restrizioni, «per dare ai proprietari e ai responsabili degli impianti il tempo di adottare alternative e per fare in modo che la maggior parte degli impianti sportivi esistenti giunga al termine del proprio ciclo di vita». Anche per alcuni cosmetici il blocco scatterà tra quattro e dodici anni, «a seconda della complessità del prodotto, della necessità di riformulazione e della disponibilità di alternative adeguate».
Laghi di plastica
Intanto, come ha dimostrato tra gli altri il progetto LIFE Blue Lakes, coordinato da Legambiente e con il partenariato di Enea, le microplastiche sono diffuse non solo nei mari (ampiamente studiati) ma anche nelle acque interne. Nel 98% dei campioni raccolti nei laghi di Bracciano, Trasimeno e Piediluco sono state trovate circa novemila le particelle di materiale plastico inferiori ai 5 millimetri. Sono stati trovati principalmente frammenti di polietilene, che dalle caratterizzazioni chimico-fisiche sono risultati riconducibili ai sacchetti di plastica che da anni, dopo la messa al bando del 2011, ancora galleggiano nelle nostre acque.
La foto in apertura è di AP Photo/Andrew Selsky/LaPresse e mostra le microplasitche rinvenute sulla spiaggia di Depoe Bay in Oregon. Le altre foto sono di Legambiente per il progetto LIFE Blue Lakes.
Nessuno ti regala niente, noi sì
Hai letto questo articolo liberamente, senza essere bloccato dopo le prime righe. Ti è piaciuto? L’hai trovato interessante e utile? Gli articoli online di VITA sono in larga parte accessibili gratuitamente. Ci teniamo sia così per sempre, perché l’informazione è un diritto di tutti. E possiamo farlo grazie al supporto di chi si abbona.