La scuola che cambia
Modello Dada: quei tre minuti di movimento che generano benessere
Dall'aula asettica all'ambiente di apprendimento: nel 2024 compie dieci anni la sperimentazione del modello Dada, centrato sulla caratterizzazione di ogni spazio. Al cambio d'ora così sono gli studenti a spostarsi. «Più di cento le scuole che lo hanno scelto», dice Ottavio Fattorini, co-fondatore. Terza puntata del viaggio di VITA nella scuola che innova
Compie dieci anni la sperimentazione del modello Dada – Didattica per ambienti di apprendimento avviata nell’anno scolastico 2014-2015 nei licei scientifici statali “John Fitzgerald Kennedy” e “Antonio Labriola” di Roma. Un innovativo metodo didattico che ha l’obiettivo di migliorare i processi di insegnamento e apprendimento. Alla base del modello c’è l’inversione del canonico funzionamento delle scuole italiane. Al cambio dell’ora, infatti, sono gli studenti a spostarsi per raggiungere il loro docente che li attende nell’aula–ambiente di apprendimento. Il presupposto è che l’ambiente giochi un ruolo fondamentale nella promozione del benessere e nella qualità della didattica.
«La “gioia apprenditiva”», spiega il dirigente Ottavio Fattorini, co-fondatore del Dada, «è il vero obiettivo delle scuole Dada. Nel nostro manifesto la chiamiamo Gil, Gioia interna lorda. La si ottiene offrendo agli studenti fiducia, come infingimento pedagogico. Farli sentire protagonisti della propria formazione e garantirgli un edificio che è usabile gli consente di apprendere in maniera significativa e resistente. La “gioia apprenditiva” ha come effetto collaterale l’innalzamento degli esiti Invalsi. Ma è solo un effetto collaterale perché il vero risultato che perseguiamo è che i nostri studenti abbiano voglia di imparare e esercitino la curiosità».
In Italia gli istituti che possono utilizzare il logo Dada sono circa un centinaio. Il metodo è diffuso sia nelle scuole primarie di primo e secondo grado sia in quelle secondarie, dove è nato. «Oggi il Dada è un marchio registrato e gratuito che però non si può usare se non si segue una procedura ben definita e strutturata», precisa Fattorini.
I requisiti di una scuola Dada
«Per diventare scuola Dada è necessaria, per l’intero collegio docenti, una formazione che possiamo svolgere solo noi fondatori del metodo. A questo periodo segue una fase che simpaticamente chiamo di “sgomento e dolore” perché tutto il collegio docenti deve progettare come attivare il modello pensando a orari, logistica, regolamenti affinché la comunità tutta possa contaminarsi della pratica gestionale che verrà estesa anche ad altre progettazioni. Quando questo processo è completo si arriva alla fase “on-off”, ossia da zero a tutto. La scuola diventa tutta Dada, in un colpo solo. Ma soltanto a seguito di quella che mi piace chiamare “visita apostolica”, c’è la verifica e l’autorizzazione a ricevere, dal licelo “Antonio Labriola”, il logo ufficiale».
Cinque le caratteristiche fondanti di una scuola modello Dada. La prima è il movimento, che è funzionale al processo di insegnamento e di apprendimento perché quando gli alunni si spostano per andare da un ambiente di apprendimento all’altro, il movimento del corpo riattiva la concentrazione e le capacità cognitive. La seconda caratteristica è la “persona educante”, vera chiave del cambiamento, questo vuol dire che a fare la differenza è la visione didattico-pedagogica del docente che è promotore del cambiamento. Segue la fiducia come “infingimento pedagogico”: gli studenti sono responsabilizzati con l’esercizio fattivo delle competenze di cittadinanza attiva. Quarta caratteristica è l’ “edificio apprenditivo” che i docenti possono personalizzare autonomamente valorizzando strumenti e risorse. Infine, la comunità educante interagisce e scambia buone pratiche in una “serendipity organizzativa” tramite modalità formali e informali, digitali e non.
«Il Dada è un movimento che parte dal basso», ci tiene a precisare Fattorini, «non è ministeriale e, per scelta di noi fondatori, non aderisce neanche al manifesto delle Avanguardie educative, il progetto nato dall’iniziativa autonoma di Indire. Per attivare il metodo abbiamo utilizzato il Dpr 275 del 1999 che offre alle scuole autonomie, sperimentazioni didattiche e organizzative».
Il monitoraggio
Ma in che modo la riorganizzazione degli ambienti incide sulla didattica? La scuola Dada favorisce l’inclusione? «La risposta a queste domande arriva dai risultati del monitoraggio decennale portato avanti dall’università La Sapienza di Roma, i cui dati sono raccolti nell’articolo La sostenibilità del cambiamento del modello Dada: pratiche didattiche e ricerca-formazione, pubblicato sul fascicolo dello scorso giugno di Lifelong, Lifewide Learning, la rivista scientifica di Classe A per il settore concorsuale», spiega Fattorini. Lì si legge che «la nuova organizzazione scolastica, in particolare lo spostamento fra le aule, non ha prodotto criticità rispetto all’uso del tempo scuola, con tempi di spostamento tra i tre e i sei minuti circa […] Negli anni di monitoraggio, ciò che è rimasto stabile è l’apprezzamento, in particolare da parte di insegnanti e studenti, per lo spostamento tra le aule: per i primi, perché non si perde tempo nei cambi d’ora; per i secondi, perché muoversi tra le aule procura loro un senso di benessere, riducendo la stanchezza per le ultime ore della giornata scolastica». Inoltre il Dada è considerato dagli insegnanti «come un’innovazione capace di favorire l’inclusione, grazie alla possibilità di mettere in atto una didattica che permette maggiori scambi, relazionali e un maggior confronto».
Questo articolo fa parte di una serie di racconti che VITA dedica alle sperimentazioni in corso nella scuola italiana, per orientarsi meglio in queste settimane in cui i ragazzi e le famiglie sono chiamati a scegliere la scuola a cui iscriversi per il prossimo anno scolastico. La foto di apertura mostra alcuni studenti di una scuola Dada impegnati in una attività scolastica (Foto Dada)
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