#NataleÈ

Restare ad Haiti in una situazione disperata

È uno dei Paesi più pericolosi al mondo. La capitale Port au Prince è gestita dalle bande armate. Ma c’è chi sceglie di restare: «Passeremo il Natale insieme ai nostri colleghi haitiani e alle loro famiglie», spiega Flavia Maurello, rappresentante Paese di fondazione Avsi ad Haiti. «Per sentire quel senso di famiglia e per condividere le difficoltà. Ma vorremmo tanto che il 2024 fosse un anno di rinascita per Haiti, le persone stanno vivendo da troppo tempo una situazione disperata»

di Anna Spena

È uno dei luoghi più pericolosi al mondo.  Dove la situazione politica e di sicurezza sta ostacolando la capacità di far arrivare gli aiuti umanitari di cui la popolazione ha estremamente bisogno.

Una situazione instabile con conseguenze catastrofiche: insicurezza alimentare, malnutrizione e perdita dell’accesso ai servizi di base. Haiti, quasi undici milioni e mezzo di abitanti, è il Paese meno sviluppato dell’emisfero settentrionale ed è anche considerato uno dei più poveri al mondo. Circa l’80% della popolazione vive in una condizione di povertà degradante, il 54% vive con meno di un dollaro al giorno. La capitale, Port au Prince, è gestita dalle bande armate che controllano il territorio. Le persone vivono nel terrore. 

Fondazione Avsi è presente nel Paese dal 1999 da allora realizza progetti in ambito socio educativo, diritti umani, agricoltura e sicurezza alimentare, protezione dell’infanzia, rafforzamento economico e formazione. «Bambini e donne», racconta Flavia Maurello, rappresentante Paese per fondazione Avsi, «sono i più esposti alle violenze».

Il disastroso terremoto che ha devastato l’isola nel 2010, l’uragano Matthew del 2016, l’assassinio del presidente Jovenel Moise nel 2021, un secondo terremoto nello stesso anno e poi, pochi giorni dopo, la tempesta Grace che si è abbattuta sull’isola, sono stati eventi che hanno reso la situazione sempre più complessa. «Il Paese», continua Maurello, «è davvero in una crisi profondissima che continua a peggiorare di giorni in giorno». Ad Haiti è pericolosissimo anche solo camminare tra le strade: «Le Nazioni Unite», spiega la rappresentante di Avsi, «hanno chiesto di inviare una forza multilaterale per mettere fine alle violenze che continuano a perpetrarsi da parte dei gruppi armati, che ormai non terrorizzano solo più la capitale, Port au Prince, ma tutto il Paese. Noi lavoriamo sia nelle bidonville della capitale che nelle aree rurali».


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Sono diverse le organizzazioni umanitarie che per motivi di sicurezza si sono viste costrette a lasciare il Paese. «Noi siamo rimasti, ma non è facile», spiega Maurello. «Lavoriamo con uno staff di quasi 300 persone per gestire 27 progetti. La maggior parte dello staff è locale. Circa dieci, tra cui io, facciamo parte dello staff internazionale. Passeremo qui il Natale, insieme ai nostri colleghi haitiani. Staremo insieme a loro e alle loro famiglie, per condividere un pasto. Per provare a ricreare, nel nostro piccolo, quel senso di famiglia, anche quando si è lontani da casa, e quel senso di vicinanza e unione quando si vive un momento drammatico in un Paese così segnato dalla crisi». E ancora: «è importante rimanere per le nostre comunità, è importante esserci, anche loro ci chiedono di restare al loro fianco. Davanti a questa crisi profonda però per me il Natale ha ancora più senso: stare vicino alle popolazioni che hanno più bisogno. Cercare di accompagnarle per costruire insieme un futuro diverso, migliore. Vorremmo tanto che il 2024 fosse un anno di rinascita per Haiti, le persone stanno vivendo da troppo tempo una situazione disperata». 

Credit foto Aldo Gianfrate

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