La battaglia per i diritti
Screening mammografico: non è sfortuna, sono i divari regionali
La campagna di Europa Donna Italia "La Fortuna Costa (La Sfortuna Di Più)" chiede un ampliamento uniforme dell’età di accesso ai programmi, organizzati dalle varie Regioni. La Presidente Rosanna D’Antona: «Non possiamo più accettare queste disparità che creano profonde disuguaglianze tra le cittadine». L'adesione rimane comunque bassa e disomogenea: si passa dall’82,5% della Provincia autonoma di Trento all’8,1% della Calabria

Presenti fin dalla nascita, le diseguaglianze nel nostro paese riguardano molti aspetti della vita e della salute dei cittadini, costretti spesso a migrare per trovare risposte ai propri bisogni. Oltre all’offerta di salute, un divario importante riguarda la prevenzione secondaria come gli screening oncologici. Europa Donna Italia lancia La Fortuna Costa (La Sfortuna Di Più), campagna che chiede il superamento delle diseguaglianze nella prevenzione secondaria del tumore del seno. I programmi di screening ancora oggi, infatti, sono disomogenei nel territorio italiano e questo crea «un’ingiustizia strutturale nel sistema sanitario, influenzando direttamente le possibilità di individuare precocemente il carcinoma più frequente in Italia» si legge in una nota.
Difendere il diritto alla prevenzione
Attualmente in alcune Regioni il programma di screening inizia a 45 anni, in altre solo dai 50; in alcune arriva fino ai 69 anni, in altre si estende fino ai 74. Serve quindi una più ampia sensibilizzazione dell’opinione pubblica e delle istituzioni affinché il diritto alla prevenzione non dipenda dal luogo in cui si vive. In Italia sei Regioni hanno adottato la piena estensione della fascia di età dello screening dai 45 ai 74 anni. «La possibilità di prevenire un carcinoma mammario però non può dipendere dalla fortuna» commenta Rosanna D’Antona, Presidente di Europa Donna Italia. «Sono disparità che non possiamo accettare perché disattendono le Linee guida europee, che fin dal 2017 chiedono di ampliare la fascia di età dello screening mammografico dai 45 ai 74 anni. Inoltre, creano differenze reali tra le cittadine circa le possibilità di salute e anche di salvezza dal tumore al seno. Ci uniamo così alla voce del Presidente Mattarella, nel ricordare che la copertura universale e l’accesso uniforme alle prestazioni sull’intero territorio della Repubblica sono obiettivi irrinunciabili del nostro Servizio Sanitario e i divari regionali nella sanità devono essere superati al più presto».
Cosa dicono le linee guida
La fascia d’età in cui sviluppa la maggior parte dei cancri al seno è over 50: secondo le linee guida europee, 50-69 è anche la fascia d’età in cui la raccomandazione allo screening è forte, perché i vantaggi sono maggiori. Le raccomandazioni sono disponibili sito dell’Iniziativa della Commissione europea sul cancro al seno (Ecibc) e riguardano le fasce d’età 45 – 49 anni, 50 – 69 e 70 – 74. Per la fascia centrale, 50 -69 anni, l’indicazione degli esperti conferma l’intervallo di due anni fra una mammografia di screening e la successiva. Per le donne di 45-49 anni non ci sono evidenze che possano far preferire l’intervallo biennale o triennale, mentre per le donne di 70-74 suggerisce un intervallo triennale. La forza delle raccomandazioni è diversa: è forte solo nella fascia 50-59; è conditional a favore nelle fasce 45-49 e 70-74 e conditional contraria per le donne fra i 40 e i 44 anni. Conditional significa con «un margine per l’adattamento delle decisioni alle condizioni locali, a seconda del valore attribuito a danni e benefici e alle risorse disponibili». Tale conditional si potrebbe anche tradurre nella pratica di una diversa estensione dell’invito allo screening mammografico alle fasce di popolazione fra i 40 e i 49 anni e fra i 70 e 74, ma solo a condizione che sia già coperta la popolazione per la quale l’indicazione è forte, 50-69.
Il problema della scarsa adesione
Condizione che però non si realizza. Infatti, guardando al Report 2023 dell’Osservatorio Nazionale Screening, che monitora gli screening oncologici offerti dal Servizio Sanitario Nazionale (SSN), l’aderenza è molto bassa, mediamente meno di una su due. Nel 2023 in Italia è stato invitato il 93,6% della popolazione target, con marcate differenze regionali, si va dal 119,5% del Molise al 49,4% della Calabria. La media nazionale di adesione allo screening mammografico è del 49,3%, ma anche in questo caso le differenze tra Regioni sono marcate: si passa dall’82,5% della Provincia autonoma di Trento all’8,1% della Calabria.
L’efficacia di uno screening
Esaminare tutta la popolazione di femminile, di donne trans e gli uomini trans che non hanno subito una mastectomia, tra 50 e 69 anni da maggiori garanzie di individuare tumori allo stadio precoce che possono essere curati con minor intensità di cure e quindi di vedere a distanza di anni una diminuzione della mortalità per quel tumore. Così si misura il successo di uno screening, non solo dall’aumento delle diagnosi, che è conseguenza naturale della ricerca attiva. Spesso, quando si ritiene che ampliare la fascia d’età sia sempre la cosa migliore da fare, non si tiene conto di molti aspetti come quello dei falsi positivi e delle sovradiagnosi, che porta a trattamenti la cui utilità non è certa, perché indirizzati a tessuti che non forse non avrebbero dato problemi. Tutto questo rientra nel calcolo del famoso bilanciamento o rapporto rischio-beneficio di un’indagine diagnostica e tutto questo viene calcolato nel decidere come disegnare un programma di screening.
Perché sì all’estensione della fascia d’età
«Con oltre 53.600 nuove diagnosi registrate nel 2024, in Italia il tumore al seno si conferma il più frequentemente diagnosticato tra le donne e, purtroppo, anche il più frequente per mortalità. Se viene intercettato agli esordi però» evidenzia Paola Mantellini, direttrice dell’Osservatorio Nazionale Screening «tutto cambia: si può curare con terapie meno invasive e più efficaci, interventi chirurgici più conservativi e una sopravvivenza a 5 anni dalla diagnosi che nel nostro Paese supera ormai il 90%. Per questo lo screening può essere un salvavita, e l’estensione della sua fascia di età, come anche documentato dalle Linee guida Europee e Italiane, è cruciale per garantire maggiore quantità e qualità di vita. Per questo motivo è importante, inoltre, dare una formalizzazione a questa proposta introducendo l’ampliamento nei Livelli Essenziali di Assistenza, facilitando quindi l’allargamento anche nelle Regioni in cui vigono i piani di rientro».
Due radiologi per esame
«Il programma di screening mammografico organizzato» dichiara Silvia Deandrea, Presidente della Federazione delle Associazioni degli Screening Oncologici e del Gruppo Italiano Screening Mammografico «chiama periodicamente le donne a effettuare una mammografia, garantendo che l’esame venga eseguito in modo totalmente gratuito, secondo parametri certificati di qualità ed efficacia. Le immagini radiologiche sono interpretate “in doppio cieco” da due radiologi indipendenti per massimizzare l’accuratezza diagnostica e i centri in cui viene svolto lo screening sono direttamente collegati alle Breast Unit, strutture multidisciplinari specializzate che assicurano una presa in carico tempestiva e completa in caso di diagnosi».
Come aderire
La campagna “La fortuna costa, la sfortuna di più” invita le donne a scoprire se sono “fortunate” o “sfortunate” in base alla propria regione di residenza e chiedere alle istituzioni che l’età di accesso allo screening venga ampliata in modo uniforme in tutte le Regioni, abbattendo le attuali diseguaglianze. Resterà attiva fino a settembre sul sito di Europa Donna Italia, per aderire basta un clic. In ottobre, mese della prevenzione del tumore al seno, i risultati saranno presentati alle istituzioni nazionali e regionali; specifiche azioni di advocacy saranno in particolare rivolte alle regioni che devono ancora attuare o completare l’ampliamento dello screening. La campagna è stata realizzata con il patrocinio di Osservatorio Nazionale Screening e Gruppo Italiano Screening mammografico, e il supporto non condizionante di Lilly.
Foto del National Cancer Institute su Unsplash
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