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Se potessi avere un milione al mese

Né indigenti, né benestanti. C’è chi non ha nulla e chi, pur avendo una casa e un lavoro, fa fatica a vivere. Succede nell’Italia dell’Euro.

di Roberto Beccaria

Povera Italia. Nonostante tutto, povera Italia. Nonostante la Borsa continui a salire, nonostante la lira entri in Europa, nonostante l?inflazione continui a scendere, nonostante il Dpef (Documento di programmazione economica e finanziaria del governo) prometta che non ci saranno nuove tasse l?anno prossimo, nonostante tutto, povera Italia. Già, perché se il tiggì della sera dice che gli italiani mangiano in media un pollo a testa, vuol dire che qualcuno ne mangia due e qualcun altro zero. E la media è salva. Anche i numeri della ricchezza e dell?economia virtuale sono salvi. Chi non è salvo è chi deve fare i conti con stipendi che non bastano mai, con pensioni che non coprono le spese sanitarie, con esenzioni dai ticket insufficienti, con i figli chi fanno la fame. Pasti gratuiti e pacchi alimentari Incredibile, ma vero. Siamo il settimo Paese più industrializzato del mondo, eppure sono sei milioni e 552 mila i poveri che vivono in Italia (fonte Istat). Solo nella capitale ci sono oltre cinquemila barboni, 57 mila famiglie indigenti, 120 mila anziani con la pensione minima, 350 mila persone senza lavoro. E anche Milano, la città più ricca d?Italia (sempre secondo le medie e i numeri), non sta certo meglio: tremila barboni senza fissa dimora, 400 nuovi casi all?anno di adulti che chiedono il sussidio ai Servizi sociali del Comune, quasi l?11 per cento delle famiglie che è sotto la cosiddetta ?linea di povertà standard? (di solito fissata sotto le 600 mila lire, vale a dire la metà del consumo medio di una persona in una famiglia di due componenti, consumo medio che in Italia è attualmente attorno al milione e 200 mila lire a testa). E non è tutto. Ci sono anche tanti, ma davvero tanti, che sono esattamente sulla linea di galleggiamento. Gente che basta una spesa di troppo, e si ritrova senza la possibilità di mettere via una lira, di permettersi una vacanza, di pagarsi l?affitto. Sono questi i nuovi poveri. E sono tanti i volontari che vengono in soccorso alle migliaia di richieste. Per esempio l?Opera San Francesco per i poveri: l?anno scorso ha distribuito gratuitamente 343 mila pasti, ha offerto quasi 11 mila prestazioni mediche, e altrettante docce. Oppure i Banchi di solidarietà: hanno 52 centri in tutta Italia, e distribuiscono i cosiddetti ?pacchi alimentari?, scatoloni con i generi di prima necessità: pasta, riso, acqua, scatolame vario… Per chi non può permettersi nemmeno una semplice spesa al supermercato. E in Italia, gli assistiti dai Banchi sono stati oltre cinquemila nel 1997, per circa 40 tonnellate di merce distribuita. Ci si può permettere solo l?essenziale Anche questi sono numeri, si dirà. Ma dietro ai numeri ci sono dei volti, delle storie. E se drammatiche sono quelle di chi vive per strada e non ha letteralmente nulla, talvolta ancor più drammatiche sono quelle di chi sopravvive. Desiderando vivere, ma essendo costretti appena a sopravvivere. Come Ines, 34 anni, sposata con Mauro, 38 anni, e con un figlio, Davide, di sei anni. Una vita di sofferenze. Lei operata tredici volte allo stomaco. Lui senza più un braccio per un tumore, e con ben cinque ricadute di quel male che va tenuto sotto controllo: una visita ogni cinque mesi per vedere come va. Il piccolo, per fortuna, è sano. Lavorano entrambi come impiegati, ed entrambi hanno un assegno d?invalidità. Poveri questi? Sì, perché tutti i soldi che entrano in casa, escono poi per visite mediche, ospedali, ticket. «Siamo in quella fascia in cui non hai esenzioni, ma non ti puoi permettere nulla in più della sopravvivenza», dice Ines. Una casa in affitto da un milione e 400 mila lire al mese, le bollette, la scuola di Davide… «Siamo nella condizione in cui non hai diritto a certe cose», insiste, «ma non te ne puoi permettere tante altre». Eppure Ines e Mauro non si sentono sfortunati. «Alcune cose ci siamo accorti che sono davvero superflue. A volte anche le vacanze lo sono. Per me e mio marito, non certo per Davide. A lui cerchiamo di non far mancare nulla». Già, perché i figli vengono prima di tutto. «Abbiamo anche imparato a non aspettarci niente da nessuno», continua Ines. «Soprattutto dallo Stato: riccometro, sanitometro… E chi ci capisce qualcosa? Per fortuna abbiamo conosciuto la gente dei Banchi di solidarietà. Da loro riceviamo un pacco ogni quindici giorni circa. Tutto fa brodo e anche questa spesa non fatta da noi è un?ancora di salvezza». Ines e Mauro arrivano a fine mese a mala pena. Certo, hanno un tetto sopra la testa, e un bimbo che forse può sperare in un futuro felice, ma sono proprio questi i nuovi poveri. Basta un niente, una spesa imprevista, e sei sotto la linea di galleggiamento. È la spada di Damocle del Duemila. Reinventarsi la vita a Milano E sotto questa minaccia c?è anche Monica, 37 anni, due figlie di 14 e 17. Il marito, marocchino, dopo quindici anni di matrimonio è tornato al suo Paese. Ora si sentono una volta ogni tanto, niente di più. Monica ha lasciato la scuola dopo la terza media. Riponeva grandi speranze nel matrimonio, ma da un giorno all?altro si è dovuta reinventare tutta una vita. «Non sono stata con le mani in mano», ricorda. «Ho fatto un corso professionale della Regione per ausiliari ospedalieri, alla ricerca di una nuova occupazione». Ora lavora per una cooperativa presso l?Istituto Don Gnocchi. Guadagna un milione e 300 mila lire al mese. «Non mi posso lamentare», dice Monica, «ma basta raccontare un episodio per capire in quale situazione ci troviamo io e le mie due figlie: qualche mese fa ci hanno tolto la luce per sei giorni. Non avevo pagato la bolletta. Non avevo soldi». Nella città più ricca d?Italia c?è chi non può pagarsi la bolletta. E nemmeno il biglietto del tram: «Non me ne faccio un problema, timbro quello del giorno prima…». Semplice sopravvivere, no? Ma la forza e il coraggio di Monica stanno proprio qui: «Io non mi vergogno di dire che sono povera. Ma non basta. Occorre anche darsi da fare. Senza aspettarsi nulla da nessuno. Anche perché sembra proprio che il nostro Stato abbia tempo e soldi da spendere per gli stranieri, dimenticando che sono tanti gli italiani a stare male. Non sono razzista, sono realista». Anche Monica riceve il pacco dai Banchi. «Pasta, detersivi, shampoo… È una spesa fatta bene. Li ho incontrati grazie ad amici. Mi considero l?esempio vivente della beffa al consumismo: in fondo io vivo del superfluo degli altri…». Ha idee chiare Monica. Forse perché è facile riempirsi la bocca parlando di poveri. Altra cosa è vivere sulla propria pelle questa condizione. E sei milioni e mezzo di italiani vivono così. Povera Italia.


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