Scuola
Stop agli smartphone in aula: gesto simbolico o rivoluzione didattica?
Tornando in aula, gli studenti di tutte le scuole del secondo ciclo troveranno una novità: il divieto dell’uso degli smartphone, non solo durante le lezioni ma per l’intero orario scolastico. «Rischiamo di rincorrere la tecnologia vietandola, invece di affrontarla. L’Italia spesso normativizza, ma non costruisce visione», commenta Igor Guida, cofondatore della cooperativa Stripes

«Credo si tratti principalmente di un’operazione di marketing», Igor Guida commenta così la circolare numero 3392 che disciplina l’uso degli smartphone nelle scuole del secondo ciclo di istruzione. Firmata il 16 giugno dal ministro dell’istruzione e del merito, Giuseppe Valditara, la circolare diventa operativa già da questo anno scolastico e alla viglia della ripresa delle lezioni sta facendo discutere. Guida è cofondatore e vicepresidente di Stripes, cooperativa che dal 1989 eroga servizi in ambito socio-educativo, pedagogico e assistenziale: negli ultimi anni si è specializzata nell’innovazione tecnologica applicata alle pratiche educative anche grazie allo Stripes digitus lab, il Centro internazionale di ricerca sulla robotica educativa e le tecnologie digitali, nato nel 2018 all’interno del polo Mind Milano.
Il provvedimento completa un quadro normativo in vigore già dalla fine degli anni Novanta, iniziato con il divieto dell’uso per i docenti e evolutosi gradualmente verso una stretta complessiva sul divieto d’uso da parte di tutti gli studenti. Ora questa nuova circolare estende il divieto in generale a tutto l’orario scolastico: non solo alle ore di lezione, quindi. Prevede sanzioni disciplinari e invita gli istituti a rivedere regolamenti interni e patti di corresponsabilità con le famiglie, in modo da adeguarsi alle nuove disposizioni. Sono previste deroghe solo in casi specifici: alunni con Piani educativi individualizzati – Pei o Piani didattici personalizzati – Pdp, necessità personali documentate o attività didattiche in contesti tecnologicamente orientati.

«L’aspetto punitivo rappresenta la vera novità della circolare, visto che le indicazioni che vietavano l’uso del cellulare durante le lezioni esistevano già. Allora ci si potrebbe chiedere, leggendo fra le righe del documento a firma del ministro Valditara, se la circolare voglia provare a rispondere alla domanda: “Come impedire agli studenti di essere connessi con il mondo durante l’orario scolastico?”», osserva Guida.
Il problema non è lo smartphone, ma l’uso che se ne fa
Ma per dare risposta a questa domanda, spiega, «forse bastava utilizzare sistemi, – che esistono – che impediscono al cellulare l’accesso e l’utilizzo di applicazioni per comunicare con l’esterno». Aggiunge che «nella circolare quello che sembra essere colpito non è tanto il comportamento scorretto dell’alunno o l’uso improprio del cellulare, ma il dispositivo in sé. E questo è un errore. Il vero problema legato allo smartphone non è lo strumento, ma l’uso che se ne fa con le relative conseguenze: gaming, cyberbullismo e isolamento. Serve un’educazione critica all’uso della tecnologia e non una semplice proibizione». Inoltre la circolare conferma la possibilità di utilizzare strumenti digitali per fini didattici, come Pc, tablet e Lim, ma –fa notare Guida – «dimentica che oggi lo smartphone è a tutti gli effetti un computer, con funzionalità equivalenti a quelle di un tablet. Nelle classi, spesso, è proprio il cellulare a colmare la mancanza di una dotazione adeguata di dispositivi tecnologici portatili e interattivi».

Un altro aspetto delicato della faccenda è quello legato alle scuole che hanno adottato libri digitali, perché «i libri scolastici spesso hanno le app che si possono scaricare anche sullo smartphone. Visto che il libro lo ha pagato il genitore, perché lo studente non dovrebbe poter usare l’app sul suo telefono? Si prevede forse che gli accessi privati, quindi password e usernem, ottenuti tramite l’acquisto del libro, vengano inseriti sui dispositivi scolastici con il rischio che siano diffusi?».

Per non parlare del paradosso per cui quello smartphone che a scuola è proibito, diventa indispensabile un minuto dopo essere usciti dall’edificio scolastico, dal momento che tutto ciò che riguarda la scuola – dal registro scolastico per sapere i compiti in giù – passa da lì. Guida infatti ribadisce: «La sensazione è che sia stata fatta una circolare per avere una notizia da comunicare: si vuole mostrare al mondo che ci si sta occupando dei giovani. Ora la gestione tocca ai dirigenti, che dovranno trovare il modo di applicarla».
Scuola digitale a due velocità
Temi complessi, difficili da ignorare in una scuola che, dal 2000 in poi, è diventata sempre più digitale, facendo anche investimenti infrastrutturali in tal senso. Un percorso rafforzato anche dai decreti ministeriali 65 e 66 del 12 aprile 2023, emanati dal ministero dell’istruzione nell’ambito del Piano nazionale di ripresa e resilienza – Pnrr, che rappresentano strumenti chiave per l’innovazione e la trasformazione tecnologica dell’istruzione in Italia.
Il Dm 65 è rivolto ad alunni e docenti e punta a integrare nei curricula scolastici competenze Stem, digitali, linguistiche e di innovazione, promuovendo al contempo pari opportunità e inclusività. Il Dn 66, invece, si concentra sul personale scolastico finanziando percorsi di didattica digitale integrata e formazione per la transizione digitale. Tra i temi previsti, anche corsi specifici sull’uso dell’Intelligenza artificiale – Ai nella didattica. Alcune scuole, infatti, hanno già introdotto moduli su coding, Ai, metodologie innovative e inclusione educativa attraverso progetti dedicati. Freschissime sono le Linee guida per l’introduzione dell’Intelligenza Artificiale nelle Istituzioni scolastiche del ministero dell’Istruzione e del Merito.

Intelligenza artificiale, tra opportunità e limiti
Su questo punto, la nuova circolare ministeriale apre una questione delicata. Spiega ancora Guida: «Fino ad oggi è stato possibile utilizzare l’intelligenza artificiale in aula anche grazie ai dispositivi personali degli studenti, ovviamente sotto la supervisione del docente. Questo perché molte piattaforme offrono accesso gratuito solo per un numero limitato di utilizzi giornalieri. Per ovviare al problema, si organizzano piccoli gruppi di studenti che lavorano insieme su uno stesso strumento, ottimizzando così le risorse. Ma da settembre, come si farà? Le scuole dovranno dotarsi di abbonamenti costosi per accedere a questi strumenti?».

D’altra parte, se l’obiettivo della scuola è preparare i ragazzi al futuro, non può ignorare l’Intelligenza artificiale, che molti studenti già utilizzano a casa, spesso in modo non consapevole. È qui che, secondo Guida, si gioca una partita fondamentale: «Il compito della scuola è insegnare la differenza tra chi sa usare l’intelligenza artificiale con competenza e chi ne è totalmente privo. Non si può essere contro l’Ai. Chi conosce un argomento, sa come fare una domanda efficace a uno strumento di intelligenza artificiale e sa valutare la risposta. Chi non ha conoscenze, rischia di accettare qualsiasi sciocchezza. Questo è ciò che dobbiamo insegnare ai ragazzi».
Guida conclude: «Rischiamo di rincorrere la tecnologia vietandola, invece di affrontarla. L’Italia spesso normativizza, ma non costruisce visione. La scuola dovrebbe aiutare i ragazzi a capire cosa li aspetta nel futuro. E invece, troppo spesso, ci limitiamo a dare divieti».
Nelle foto, attività dei laboratorio digitale con gli studenti (Foto Stripes). In apertura, foto LaPresse – Andrea Campanelli
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