Social innovation

A Favara l’arte di Farm Cultural Park ha reinventato la città

di Luca Cereda

Florinda Saieva, insieme al marito Andrea Bartoli, ha fondato Farm Cultural Park 12 anni fa. Hanno scelto di abitare a Favara, nel centro della Sicilia, invece che a Parigi e ne hanno fatto una piccola capitale internazionale dell'arte contemporanea

Si chiama Farm Cultural Park ed è la ragione per cui proprio a Favara, a 6 chilometri da Agrigento in Sicilia, ogni anno si incontrano centinaia di artisti, architetti, fotografi e intellettuali, oltre a migliaia di amanti dell’arte. Era proprio questo il sogno di Florinda Saieva, che insieme al marito Andrea Bartoli ha fondato Farm Cultural Park 12 anni fa.

Favara «è stata la “capitale dell’incompiuto” – chiosa Saieva -, dove i resti maestosi dei templi si contendevano lo spazio con il trionfo dell’abusivismo». È qui che Florinda ha scelto di vivere insieme al marito e di crescere le sue due figlie, mettersi a disposizione della comunità scartando la possibilità di abitare a Parigi per dedicarsi completamente a questo luogo di rigenerazione urbana e sociale attraverso l'arte contemporanea, le pratiche partecipate e condivise, e una fede profonda nelle piante e nella natura.

«Quando inizi un progetto di questo tipo non c’è un manuale di istruzioni che ti dice cosa fare», dice Saieva. Farm Cultural Park «è stata un’esigenza personale. Volevamo vivere in Sicilia senza sentire la necessità di scappare per respirare – dice Saieva -, sentivamo il dovere di fare qualcosa che facesse stare bene noi e le nostre figlie, ma anche di aiutare il nostro territorio».

L’obiettivo che si erano dati per l’apertura del centro culturale era il 2012, ma nel del 2010 a Favara crollò una palazzina abusiva del centro storico, causando la morte di una ragazzina di 14 anni e della sorella di 4 anni. Fu un momento di dolore collettivo per la città, compresi Bartoli e Saieva, che decisero di far partire il prima possibile il loro progetto. Cinque mesi dopo Farm Cultural Park inaugura proponendo nel centro storico di Favara una serie di mostre d’arte, inusuali per la città fino a quel momento. I “Sette cortili” che compongono il Cortile Bentivegna sono stati rinnovati, e da quel giorno diventa lo spazio principale del centro culturale e dove ancora oggi hanno sede gli eventi e le esposizioni più importanti.

«Abbiamo realizzato tutte queste cose con fatica, facendo debiti, ma Farm, e quindi Favara, è diventata meta turistica da 120 mila visitatori all'anno. Solo noi diamo lavoro a 150 persone in modo stabile». Oggi, grazie a migliaia di visitatori paganti e a bandi vinti per diversi progetti, c’è un ritorno che permette di reinvestire i proventi per ampliare l’offerta culturale e sociale.

Se il progetto siciliano ora è sostenibile economicamente, lo è da sempre nel suo impatto ambientale: «A Palazzo Miccichè abbiamo creato un’installazione permanente chiamata Human Forest. L’interno dell’edificio che era abbandonato è diventato una foresta con piante in ogni spazio disponibile – spiega Saieva -. L’obiettivo dell’installazione è mostrare che è possibile mettere alberi dentro e fuori, ovunque. Se si può forestare un palazzo che per cinquant’anni è rimasto abbandonato e dentro il quale in tre anni sono passate 60mila persone, è possibile farlo ovunque».

Tra i progetti della Farm c’è anche SOU, la scuola di architettura per bambini, che prende il nome dall’architetto Suo Fujimoto: «Nel 2018 i nostri bambini di Favara sono stati a Parigi a incontrarlo – conclude Saieva -. Nel 2019 invece siamo andati a Londra, insieme ai genitori: eravamo 83 e siamo stati ospiti dell’architetto Norman Foster. I bambini di Favara fanno cose che quelli di Milano, di New York, di Tokyo si sognano di fare». Oggi la scuola ha 12 “filiali” in Italia e i corsi sono gratuiti, grazie al sostegno di vari enti e delle persone che hanno voluto aderire ai progetti nati dentro Farm.

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