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Basilicata

Nao, il robot sociale che (forse) aiuterà i bimbi con autismo

di Luca Iacovone

È alto circa 50 centimetri, ha sofisticate reti neurali, sensori e telecamere: si tratta di Nao, il robot umanoide che grazie alla sua mimica e alla gestualità semplificata, aiuta le terapie dei bambini con sindrome dello spettro autistico. È il primo esperimento di robotica sociale in Basilicata, ma ha già un “bug” che rischia di mandarlo in tilt: le prossime elezioni regionali

Sono tantissime le applicazioni sociali in cui si sta sperimentando l’utilizzo di Nao, il robot umanoide nato in Francia nel 2007: dal trattamento degli anziani con demenza fino alla didattica. Nel centro Early Start di Chiaromonte (Pz) per la prima volta si sperimenterà l’utilizzo del piccolo robot sociale per l’implementazione del metodo “Early Start Denver Model” (Esdm). Un innovativo metodo per l’intervento psicoeducativo rivolto al trattamento precoce dei disturbi dello spettro autistico. 

«Ci sono già alcuni studi in corso sull’utilizzo di Nao nel trattamento dell’autismo, ma sono ancora poche le sperimentazioni in campo. E si concentrano soprattutto su ragazzi e adolescenti. Noi invece vorremmo provare a misurane l’efficacia con bambini in età prescolare, con cui già lavoriamo da anni a Chiaromonte», racconta Giuseppina Palermo, psicologa e ricercatrice del centro Early Start che sta seguendo questo progetto. «Vogliamo vedere se alcune abilità in genere deficitarie nei bambini con autismo, come le attività motorie grossolane e l’attenzione cognitiva, possono avere dei miglioramenti più veloci con la mediazione del robot sociale, rispetto ad una terapia canonica» continua Palermo.

Il robot sociale che aiuta i bambini con autismo
Nao, il robot sociale sperimentato a Chiaromonte, è in grado di imitare le azioni di chi gli sta di fronte

«L’interazione offerta dal robot sociale è semplificata, il bambino con autismo deve integrare meno stimoli di quanti se ne presentano nell’interazione con altre persone. Inoltre, Nao integra delle videocamere per riconoscimento del contatto oculare che ci permettono di rilevare dati quantitativi che normalmente non è possibile raccogliere, se non qualitativamente da parte del terapista. Potremo misurare quindi i contatti oculari dei bambini, i comportamenti stereotipati. Tutti dati preziosi per poter fornire alle famiglie indicazioni utili nella gestione del rapporto con il bambino».

Se un robot sociale entra all’Università di Basilicata

L’Università di Basilicata è stato un importante partner del progetto, soprattutto nella sua fase iniziale. «Per la prima volta gli studenti hanno potuto misurare le competenze tecniche normalmente acquisite nei nostri corsi con problematiche di tipo sociale e sanitario» racconta l’ing. Francesco Pierri, docente del corso di robotica. «Abbiamo affidato loro un caso reale da studiare, con tematiche molto distanti da quelle che affrontiamo durante il nostro corso, tutto rivolto alla robotica industriale. In questa occasione invece gli studenti hanno dovuto approfondire temi come l’autismo e la robotica sociale. Siamo andati personalmente a Chiaromonte. È stata la prima uscita in un contesto di sperimentazione clinica. Abbiamo potuto osservare come i bambini interagivano con il robot sociale. Abbiamo capito ad esempio che i tempi lunghi di risposta del robot non erano compatibili con i livelli di attenzione dei bambini. Così, di volta in volta, abbiamo trovato soluzioni adeguate».

Il prof. Pierri e alcuni suoi studenti nella fase di programmazione di Nao
Il prof. Pierri e alcuni suoi studenti nella fase di programmazione di Nao

Con il prof. Pierri ha coordinato il progetto anche Domenico Daniele Bloisi, docente di computer vision. Da giugno non è più in servizio presso l’università lucana, ma continua a seguire il progetto dall’università degli studi internazionali di Roma.  

Prosegue Pierri: «alcuni nostri studenti si sono lasciati coinvolgere tantissimo in questo progetto, Francesco Laus e Vito Guglielmi sono infatti coautori con me di un articolo scientifico su questo tema. Michele Brienza invece ha dedicato a Nao la sua tesi di laurea magistrale da noi, occupandosi così quasi interamente della scrittura del codice, oggi è dottorando di ricerca alla Sapienza. Allo stesso modo la dott.ssa Monica Sileo, assegnista di ricerca, e il dott. Graziano Carriero, dottorando presso il laboratorio di robotica. Quello che doveva essere un fuori programma nel nostro corso, ha raccolto un’attenzione insperata da parte di tutti. I robot sociali rappresentano un campo di studio estremamente affascinante per gli studenti e non solo». 

La collaborazione con l’Università di Basilicata prevede ora che studente continui a seguire la sperimentazione a Chiaromonte, beneficiando di una borsa di studio. 

Il Centro Early Start, quando l’autismo è a misura di casa

Protagonista indiscusso di questa sperimentazione è il centro di Chiaromonte (Pz). Unità operativa di riabilitazione precoce dell’autismo, adottando il modello evolutivo a base socio-relazionale “Early Start Denver Model”. La struttura accoglie i bambini che hanno già ricevuto una diagnosi di autismo, insieme ai loro genitori. Si tratta di ricoveri riabilitativi intensivi per tutta la famiglia, all’interno di appartamenti allestiti all’interno del centro, definiti “Home Lab”. Questa modalità consente alle mamme e ai papà di apprendere in modo consapevole le peculiarità di funzionamento relazionale e cognitivo del loro bambino.

È l’unico centro in Italia in cui le famiglie, subito dopo la diagnosi di autismo, vengono seguite per alcune settimane all’interno di appartamenti veri e propri. Aiutati da educatori e tecnologie amiche, imparano a lasciar entrare l’autismo nelle loro case, a relazionarsi più efficacemente con i loro figli in un contesto non ospedaliero

Rosalia Abitante, coordinatrice del centro Early Start

La dott.ssa Rosalia Abitante è psicologa e coordinatrice del centro Early Start, dove sta per partire la sperimentazione di Nao. Spiega: «il nostro auspicio è far entrare Nao nei nostri appartamenti appena sarà possibile. Ma in questa fase sperimentale abbiamo preferito prevederne l’utilizzo in alcuni locali adiacenti alle case. In un contesto più neutro e con meno elementi distraenti, per favorire la raccolta di dati significativi. Se da questa sperimentazione riuscissimo a cogliere dati incoraggianti ci piacerebbe immaginare l’inserimento di Nao non soltanto negli appartamenti che gestiamo a Chiaromonte, ma in tutte le case delle famiglie che accompagniamo dopo la diagnosi». 

Il team di ricerca che sta seguendo la sperimentazione del robot sociale
Il team di ricerca che sta seguendo a Chiaromonte la sperimentazione del robot sociale

«Stiamo provando ad integrare nell’utilizzo di Nao i due capisaldi che già guidano il nostro lavoro a Chiaromonte, il parent coaching e i video feedback». Continua la d.ssa Abitante. «Abbiamo sperimentato che seguire le famiglie in un ambiente non ospedaliero, ma domestico, accelera il percorso di conoscenza. Le famiglie, nelle settimane in cui vengono a vivere nei nostri appartamenti, sono filmate durante alcune attività di vita quotidiana e nelle attività guidate dai nostri educatori. Poi sono invitate a rivedere i filmati insieme alla nostra equipe multidisciplinare, composta da psicologi, psicomotricisti, educatori, neuropsichiatra, neuropsicomotricista e assistente sociale. I genitori, che sono al centro dell’attenzione del trattamento, insieme al loro bambino, sono guidati dagli esperti nella rilettura dei filmati. Imparano così a riconoscere alcune manifestazioni tipiche dello spettro autistico, a capirle e a gestirle. A valorizzarne le potenzialità e a prevenire, quando possibile, le espressioni più problematiche». 

Il centro è stato aperto nel 2017 e da allora ha ospitato oltre 200 famiglie. Che continuano ad essere monitorate anche a distanza, al termine del percorso residenziale, attraverso il programma “after care”. 

Tutto parte da una diagnosi, il cuore del progetto è all’Ospedale di Matera

Perché il percorso proposto all’interno del Centro Early Start possa essere efficace è fondamentale anticipare quanto più possibile il momento della diagnosi di disturbo dello spettro autistico nel bambino. A questo scopo è stato attrezzato il reparto di neuropsichiatria infantile dell’Ospedale di Matera, centro di riferimento lucano per l’autismo. Non soltanto lucano se si considera che almeno un terzo dei ricoveri qui sono di residenti fuori regione. Un’eccellenza quindi, che rappresenta una vera e propria anomalia positiva rispetto ai trend di emigrazione sanitaria della Basilicata, che nel recente report Agenas, si colloca al penultimo posto in Italia. 

A Matera viviamo la frustrazione di condividere il momento più difficile con le famiglie, quello della diagnosi, mentre le settimane a Chiaromonte fanno tornare tutti più rasserenati: lì i genitori hanno tempo per comprendere, chiedere consigli, elaborare ed iniziare ad accettare la diagnosi

Giovanna Tritto, neuropsichiatra infantile

Giovanna Tritto, medico neuropsichiatra infantile in servizio presso il presidio ospedaliero materano, spiega lo stretto legame che unisce i due centri. «L’attività del reparto di neuropsichiatria infantile a Matera è finalizzata a consentire una diagnosi precoce dei disturbi dello spettro autistico. E quindi fornire il prima possibile indicazioni utili al trattamento che viene erogato a Chiaromonte, dedicato ai bambini in età prescolare». Per giungere ad una diagnosi di autismo in bambini molto piccoli occorrono competenze e strumenti non sempre presenti in tutti gli ospedali. Questo spiega anche la forte immigrazione sanitaria registrata nel reparto materano.

Ingresso del reparto di neuropsichiatria infantile del presidio ospedaliero di Matera
Ingresso del reparto di neuropsichiatria infantile del presidio ospedaliero di Matera

Un complesso procedimento diagnostico che la d.ssa Tritto riassumere così: «a Matera utilizziamo dei test che provano ad oggettivare alcuni criteri comportamentali osservati del clinico, i test richiedono per la loro somministrazione un’equipe multidisciplinare adeguatamente formata. Per arrivare alla diagnosi programmiamo ricoveri in regime ordinario o day hosiptal. La valutazione a cui arriviamo non si limita alla diagnosi, ma descrive il profilo funzionale del bambino. Punti di forza e di debolezza su cui è possibile lavorare precocemente, che diventano la traccia di lavoro utile per impostare il lavoro a Chiaromonte».

Un reparto che rappresenta una vera e propria eccellenza lucana, ma che non è esente dalla crisi generalizzata che sta attraversando il sistema sanitario. Solo di recente è stata in forse la possibilità che il reparto continuasse a garantire le degenze ai suoi piccoli pazienti. Eventualità scongiurata al fotofinish dall’intervento del commissario straordinario dell’azienda sanitaria materana, Maurizio Friolo, che ha tempestivamente sbloccato una procedura di mobilità. Un reparto che solo nel 2019 contava cinque medici strutturati, a cui si aggiungevano i medici convenzionati dedicati al progetto. Oggi conta un solo medico strutturato e due medici convenzionati della Fondazione Stella Maris Meditarraneo Ets.

Sala dei giochi del reparto di neuropsichiatria infantile di Matera
Sala dei giochi nel reparto di neuropsichiatria infantile di Matera

Una Fondazione per l’autismo in Basilicata, e le sperimentazioni infinite della politica

Questa lunga storia, partita da un robot sociale di 50 centimetri, dopo aver attraversato due aziende sanitare, alcuni suoi centri di eccellenza e metodologie uniche nel panorama nazionale, arriva finalmente al motore ha dato vita a tutto: la Fondazione Stella Maris Mediterraneo Ets, che gestisce il centro Early Start di Chiaromonte e supporta il reparto di neuropsichiatria infantile dell’ospedale materano. 

La fondazione nasce nel 2009 su impulso della Regione Basilicata, che voleva così assicurare alle famiglie lucane un centro d’eccellenza di ricerca e sperimentazione nel campo della neuropsichiatria infantile. Era prevista una iniziale sperimentazione che avrebbe dovuto condurre al consolidamento della Fondazione all’interno del sistema sanitario regionale. Ma ad oggi la Regione ancora non sa decidere, così, intanto, si va avanti di proroga in proroga. Ma caso vuole che la prossima scadenza dell’ultima proroga cada esattamente con le elezioni regionali, previste in primavera.

Una coincidenza che difficilmente consentirà una riflessione adeguata. Utile per superare la fase sperimentale e assicurare una visione lunga a quella che nei piani iniziali doveva diventare in tempi brevi un importante IRCCS tutto lucano. Così anche la sperimentazione del robot sociale Nao si concluderà a marzo 2024, e la sperimentazione negli appartamenti? E le ricerche che a Matera stanno conducendo sui disturbi del sonno nei bambini con autismo? E le diagnosi precoci, le 200 famiglie seguite? Tutto deve aspettare la data sulla prossima proroga?

A rispondere è il presidente della Fondazione Stella Maris Mediterraneo, Mario Marra: «al momento non abbiamo risposte da parte della Regione. Ancora non sappiamo cosa accadrà a marzo, ma non credo che qualcuno immagini di poter cancellare i servizi che ad oggi garantiamo. La nostra preoccupazione, piuttosto, è che le elezioni distraggano il decisore regionale dai problemi gravosi con cui si misurano le famiglie che a noi si rivolgono. Rimandando ancora volta una stabilizzazione che appare a tutti ormai urgente

«Il nostro riferimento continua ad essere l’Irccs Stella Maris di Calambrone (Pisa). Sia per la supervisione scientifica che per la condivisione di protocolli clinici e di ricerca» prosegue Marra. «Da quella esperienza trae origine la nostra fondazione. E vorremmo oggi con ancora più determinazione sviluppare accanto all’attività clinica, attività di ricerca. Per fare un passo avanti tutti insieme e consentire alle incredibili professionalità che lavorano nella fondazione di esprimere al massimo il loro potenziale. Nell’interesse dei bambini e degli adolescenti che trattiamo». 

Le foto che compaiono nell’articolo sono di proprietà della Fondazione Stella Maris Mediterraneo ets, per gentile concessione.


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