Kibera è il più grande slum del Kenya, un insediamento informale a pochi chilometri dal centro direzionale di Nairobi dove si affollano più di 300 mila persone con una densità di quasi duemila persone per ettaro. Una vallata in cui si affastellano ripari in lamiera, l’uno accanto all’altro, l’uno sopra l’altro senza soluzione di continuità, senza fogne, né acqua, né servizi igienici. Al netto di alcune strade principali, per la gran parte sterrate, ci si inoltra nello slum su sentieri stretti, scoscesi, realizzati su terra battuta attraversata da un rivolo di acqua trasportante rifiuti di ogni genere, compresi gli escrementi, che scorre di continuo rendendo scivoloso e pericoloso il cammino.
A Kibera dove le condizioni di vita sono insostenibili è un via vai continuo di persone, si fa commercio di tutto con le baracche aperte sulla strada per piccole attività di commercio (scarpe di seconda mano, vestiti, cibo, sim telefoniche, negozi di parrucchiere, ect). In mezzo ai fumi (spesso di baracche che si incendiano) di fuochi e di traffico si vende ciò che è legale e ciò che è illegale. La vita brulica così come i bambini in divisa scolastica che percorrono i suoi sentieri.
Qui, a Kibera, qualche giorno fa è avvenuto un piccolo miracolo, in mezzo al trambusto quotidiano dello slum, s’è fatta largo una parata di 150 bambini e adolescenti con una T-shirt gialla che gridavano (proprio come in una manifestazione) versi della Divina Commedia di Dante e di poesie di Majakóvskij e di Emily Dickinson.
A seguire e partecipare la parata frotte di bambini e di curiosi. Confesso che mi sono commosso quando il capo coro al megafono ha urlato “Direction?” e i 150 hanno risposto “Infinity!” (verso di una poesia del giovane Majakóvskij), così come quando Faith (proprio così Fede), 10 anni, della scuola Little Prince di Kibera, ha dato vita, emozionandosi, in mezzo al caos ai versi della Dickinson: “Cos'è il paradiso? Chi vive lì? Sono agricoltori? Zappano? Sanno che vengo anch'io? E che Kibera è il mio posto? Indossano scarpe nuove nell'Eden? È sempre piacevole lì? Non ci rimproverano quando abbiamo fame”. Già, perché la gran parte di quei 200 mangiano spesso una sola volta, quando sono a scuola. Infine, raggiunto una slargo vicino alla ferrovia su cui non passa nessun treno che attraversa Kibera, su un palco due giovani Brian e Abigale), bravissimi interpreti di Dante e Beatrice, hanno letto il canto 33° del Paradiso che come è noto inizia con il canto alla Vergine “Vergine Madre, figlia del tuo figlio, umile e alta più che creatura, termine fisso d'etterno consiglio” e si conclude con “l'amor che move il sole e l'altre stelle” (the love who moves the sun and the other stars).
A seguire e partecipare la parata frotte di bambini e di curiosi. Confesso che mi sono commosso quando il capo coro al megafono ha urlato “Direction?” e i 150 hanno risposto “Infinity!”
Questo segno potente, nella sua fragilità e mitezza, di bellezza e di dignità che ha attraversato lo slum e che ha visto protagonisti molti degli stessi ragazzi e bambini provenienti dalle baracche in lamiera, è stato l’ultimo atto di un progetto di cooperazione artistica inedito che ha coinvolto 4 scuole primarie (dai 7 ai 12 anni) e secondarie (dai 13 anni ai 18) di Nairobi sostenute dall’ong Avsi, 150 allievi delle scuole Little Prince, Urafiki, Cardinal Otunga e Ushirika che hanno portato in scena un adattamento delle tre cantiche della Divina Commedia di Dante sotto la guida del drammaturgo e regista Marco Martinelli, coadiuvato da Laura Radaelli e da alcuni insegnanti delle 4 scuole. Inferno, Purgatorio e Paradiso. Una Divina Commedia “messa in vita” dagli stessi ragazzi che alle fiere di Dante hanno aggiunto il serpente e “il fratello del lupo” e ai gironi hanno sostituito i loro personali “inferni”. Gli spacciatori di droga, chi commette violenza sui bambini, i politici e poliziotti corrotti, l’infedeltà di padri e madri.
Così Brian che interpreta Dante inizia la sua performance: “Mi chiamo Dante Alighieri. Sono un poeta. Sono nato nel 1265, conosco filosofia, astronomia e teologia. Mi piace disegnare gli angeli. La mia pelle è bianca. La mia città natale si chiama Firenze. Sai dove si trova Firenze? È in Italia. Sai dove si trova l'Italia? È a Kibera (ndr in swahili Kibera significa Selva). Ah, non ci credi? Riesci almeno a credere che mi sentissi molto male? Mi sentivo molto male, mi sentivo come se stessi annegando. Mi sono trovato in una foresta oscura, più oscura della notte più buia. Una notte senza stelle, senza luna. Una foresta fatta di delusione, rabbia, disperazione. Cinque animali selvatici affamati vengono da me. Volevano farmi a pezzi. Il lupo! Il fratello del lupo! Il serpente! La iena! Il Leone!”. Con Virgilio e Beatrice, Dante inizia il suo viaggio di uscita dall’inferno delle brutture di Kibera. Poi è Beatrice che invita ad uscirne dopo aver percorso i gironi invitando i compagni di viaggio ad entrare nel Purgatorio: “Li vedi? Sono tutti poeti. Il nostro Purgatorio è pieno di poeti, basta guardare i loro volti. Queste persone desiderano la bellezza. Attraverso la bellezza stanno cercando la luce, l'Amore che ci salva tutti”. Accompagnati dalla sinfonia n. 5 di Malher i ragazzi recitano i versi di Dante, di Emily Dickinson, di Majakóvskij e del poeta africano Raymond Mgeni recitato in swahili.
Il miracolo della poesia nello slum e di una Divina Commedia che prende vita attraverso le esperienze e le emozioni dei bambini e degli adolescenti di Nairobi è l’ultimo frutto di un progetto di cooperazione artistica unico iniziato per rendere omaggio e onore a un giovane uomo di teatro, Emanuele Banterle regista e fondatore del Teatro degli Incamminati, scomparso nel settembre 2011. Grazie a un gruppo di amici tra cui Franco Branciaroli l’impegno a sostenere le attività artistiche e teatrali delle scuole di Kibera ha dapprima sostenuto la realizazione di una sala teatrale attrezzata nella scuola Little Prince e poi ha avviato il progetto di cui stiamo raccontando per coinvolgere altre scuole, sostenute da Avsi, l’ong che fa dell’educazione il cuore dei suoi interventi, e un numero significativo di ragazzi.
Un progetto che occorreva di un grande uomo di teatro capace di lavorare anche con i ragazzi. Esattamente come Marco Martinelli, drammaturgo e regista Marco Martinelli che insieme ad Ermanna Montanari è fondatore e anima del Teatro delle Albe di Ravenna, uno delle più importanti istituzioni teatrali italiane. Da sempre attenti alla pedagogia attraverso il teatro, Martinelli, Montanari e tutta la compagnia, hanno da tempo messo a punto il progetto chiamato “Non-scuola”, dedicato a giovani e adolescenti sperimentata ovunque: a Scampia e a Chicago, a Dakar e Milano, ma anche in Francia, Brasile, Belgio e in diverse città italiane..
Martinelli, con Laura Redaelli si è impegnato gratuitamente in un lavoro durato un anno che ha dato frutti straordinari. Così commenta l’esperienza a Kibera: “Incontrandoli e lavorando insieme si capisce che la scuola per loro è davvero un luogo di felicità. Tantissimi di loro erano bambini di strada, che mangiavano una volta alla settimana, sniffavano colla, si nascondevano tra i rifiuti. Un piatto di riso e fagioli per loro è un tesoro». E il teatro cosa può dare loro di più? La coscienza di sentirsi come germogli pur in mezzo ai rifiuti. È il desiderio di una vita diversa che preme in loro e prende forma, trova le parole. ”.
E il segretario generale di Avsi, Gianpaolo Silvestri, commentando un progetto di cooperazione così originale ha chiosato: «Nello slum non c’è solo bisogno di pane, di lavoro, di scuola. C’è desiderio di bellezza, di una conoscenza che spalanchi lo sguardo e la creatività, condizione prima perché ogni progetto di sviluppo si avvii e riesca con successo. È ciò che in questi anni abbiamo promosso nelle 37 scuole che sosteniamo e il percorso fatto da Martinelli ha esaltato in un momento di straordinaria bellezza che è stato capace di uscire dalle scuole per diventare segno visibile a tutti. Alla fine è stata una messa in vita tra le più sorprendenti che abbia fatto in tutti questi anni».
La Divina Commedia messa in vita dai ragazzi dello slum di Kibera
Testi a cura di Riccardo Bonacina
Foto a cura di Giuseppe Frangi
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