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Superbonus, perché per il Terzo settore deve sempre esserci un “recupero”?

Vanessa Pallucchi, portavoce del Forum del Terzo settore accoglie con soddisfazione la notizia dell'impegno del governo a ripristinare la possibilità di accedere al 110% per le Onlus e gli Enti di Terzo settore. «Resta però l’amarezza di constatare che il Terzo settore deve sempre chiedere e sollecitare un “secondo passaggio” per essere riconosciuto», dice.

di Sara De Carli

È di queste ore la notizia che il governo si appresta a mettere della toppa alla vicenda del superbonus del 110%, andando a tutelare le onlus e gli enti di Terzo settore che invece, con il decreto approvato a sopresa in Consiglio dei ministri lo scorso 29 marzo, non potevano più beneficiare della cessione del credito e dello sconto in fattura per i lavori di efficientamento energetico. La viceministra del Lavoro con delega alle Politiche sociali, Maria Teresa Bellucci, ha spiegato di aver ricevuto rassicurazioni in tal senso direttamente dal ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti: «Ho parlato personalmente con il ministro e posso confermare l’attenzione e la disponibilità a intervenire a tutela delle Onlus e degli enti del Terzo Settore, nell’ambito dell’iter parlamentare di conversione del decreto» (leggi qui).

Con Vanessa Pallucchi, portavoce del Forum del Terzo settore, facciamo un passo indietro di qualche ora, per raccontare qual è stata in questi giorni la reazione delle organizzazioni.

Qual è stata la reazione alla decisione del governo di sospendere anche per il Terzo settore quella prosecuzione del bonus che solo pochi mesi era stata garantita? A VITA sono arrivate diverse segnalazioni di preoccupazione e difficoltà da parte di organizzazioni che avevano già avviato i lavori in tal senso…

Il Forum ha raccolto le stesse preoccupazioni e timori. Le prime sono state le organizzazioni con i cantieri in essere – moltissime devo dire – che hanno segnalato la gravità di eventuali ripercussioni sugli impegni presi e approvati: fortunatamente poi è stato subito chiarito che la misura non è retroattiva e questo mette in sicurezza tutte le realtà che hanno già avuta approvata la richiesta del 110 per cento e che hanno avviato i lavori. Ma dopo l’esclusione ci hanno scritto anche moltissime realtà che ancora non hanno avviato i lavori ma che intendono farlo, sollecitando un intervento per dire che il Terzo settore non poteva essere escluso. C’è una grande sensibilità sul tema.

Quali obiettivi persegue un ente del Terzo settore che accede al superbonus?

Pensiamo a chi gestisce RSA, strutture per la prima infanzia, impianti sportivi: tutte realtà che hanno costi infrastrutturali importanti e che ospitano una utenza vulnerabile. La prospettiva dell’efficientamento energetico delle strutture è importante per due motivi: da un lato per un tema di abbattimento dei costi energetici, dall’altro per un discorso ambientale. L’impatto ambientale e l’impatto sociale si valorizzano a vicenda. Il Terzo settore chiaramente lavora anche per una sostenibilità ambientale, ma in alcune circostanze deve essere messo nelle condizioni per poterlo fare. 

Il 110% è stato introdotto nel maggio 2020: perché il Terzo settore non ne ha usufruito prima e pare che adesso, all’ultimo momento, chieda dei “tempi supplementari”?

Intanto non è vero che non ne ha usufruito, ci sono molte realtà che l’hanno fatto. D’altra parte il meccanismo non è semplicissimo. Spesso il Terzo settore non è proprietario degli immobili in cui svolge le proprie attività e questo implica un lavoro con l’ente proprietario in questa direzione. Non tutti inoltre hanno la prontezza progettuale e finanziaria per fare un investimento in tal senso, è stato evidenziato più volte che questa opportunità è stata colta innanzitutto da chi aveva l’abilità di capire impatto della misura… Sono necessari passaggi burocratici, progettuali, la capacità di accedere al credito: vari elementi tra cui destreggiarsi. Sono gli stessi motivi per cui gli interventi sulle case popolari sono partiti dopo. C’è da dire anche che le novità hanno sempre bisogno di un tempo per diventare culturalmente più accettabili. Il fatto – ripeto – che dopo l’esclusione in tanti ci abbiano scritto ci dice che è anche cambiata la percezione.

Anche per voi è stato un fulmine a ciel sereno o avevate avvisaglie di questa notizia?

Seguivamo il dibattito sul 110% ma la stretta non ce l’aspettavamo. Mi pare evidente, anche dalle dichiarazioni che poi sono state fatte, che questo “chiudere i rubinetti” è stato deciso più che altro dal ministero dell’Economia e che non si è trattato di una scelta politica maturata all’interno del Consiglio dei Ministri. Altrimenti una serie di posizioni che sono poi maturate non ci sarebbero state.

Mi pare evidente che questo “chiudere i rubinetti” non è stata una scelta politica maturata all’interno del Consiglio dei Ministri. Altrimenti una serie di posizioni che sono poi maturate non ci sarebbero state.

Vanessa Pallucchi, portavoce Forum Terzo settore

Come si è mosso il Forum del Terzo settore in questi giorni?

Abbiamo interloquito innanzitutto con la viceministra Bellucci, facendo presente la difficoltà in cui le organizzazioni si trovavano. E abbiamo contattato singoli parlamentari trovando ascolto e disponibilità sia nell’opposizione che nella maggioranza, proprio a iniziare dalla viceministra Bellucci che ci aveva assicurato che stava lavorando per una soluzione.

Bene quindi l’emendamento annunciato?

Ci fa piacere che la questione che abbiamo sollevato sia stata presa in carico politicamente e siamo contenti perché se tante organizzazioni ci hanno sollecitato perché fosse loro restituita questa opportunità, significa che la vogliono cogliere. D’altra parte però c’è l’amarezza legata al fatto che il Terzo settore deve sempre chiedere e sollecitare un “secondo passaggio” per essere riconosciuto, deve sempre rientrare nelle misure in seconda battuta: perché la politica non ci pensa da sola? Perché il Terzo settore non deve entrare nelle cose in prima battuta? Le nostre realtà sono quelle che provvedono ai bisogni sociali di prossimità, ai soggetti più fragili che dovrebbero essere i più tutelati, sono quelli che mettono in circolo meccanismi virtuosi: è oggettivamente diverso se le risorse pubbliche vengono utilizzate tramite il 110% per l’efficientamento del patrimonio edilizio di un grande proprietario immobiliare o da una RSA che in questo modo riesce a dare un servizio migliore agli anziani che ospita.  


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