Sezioni

Attivismo civico & Terzo settore Cooperazione & Relazioni internazionali Economia & Impresa sociale  Education & Scuola Famiglia & Minori Leggi & Norme Media, Arte, Cultura Politica & Istituzioni Sanità & Ricerca Solidarietà & Volontariato Sostenibilità sociale e ambientale Welfare & Lavoro

Lavoro sociale

Tossicodipendenza, quando i servizi non vedono le donne

Una persona su tre, tra chi usa stupefacenti, è donna. Ma il tema è sempre affrontato dal punto di vista maschile, sia nell'analisi sia nelle risposte. «In Italia non esistono servizi con una prospettiva di genere. Alcuni si adoperano per dedicare spazi e tempi specifici per questo tipo di target, ma non è abbastanza», dice Valentina Mancuso. Così a Torino sono nate le Chemical Sisters

di Sabina Pignataro

«Un terzo delle persone che usano sostanze stupefacenti nel mondo sono donne. Eppure l’uso è visto, analizzato e affrontato con uno sguardo e una prospettiva solo maschile». Sono le parole di Valentina Mancuso, attivista di Chemical Sisters, un collettivo politico nato dal basso e formato da donne, trans e persone di genere non conforme, nato per difendere i diritti delle donne che usano droghe.

Mancuso è un’educatrice, laureanda in pedagogia. Si è specializzata in riduzione del danno e limitazione del rischio tramite il master European Master in Drugs and Alcohol Studies. «Attualmente lavoro in un progetto di riduzione del danno in carcere, ma sono sempre stata attiva anche su unità mobili di distribuzione di materiale informativo e nei centri diurni come il drop in, che accoglie uomini e donne che vivono in condizioni di grande marginalità, persone senza fissa dimora con problemi di dipendenza». Il suo lavoro e il suo attivismo, racconta, «hanno l’obiettivo di creare un ambiente più inclusivo e consapevole riguardo alle questioni di genere e alla riduzione del danno legata alle droghe. Come Chemical Sisters puntiamo a sgretolare l’immagine del “tossico” degli anni Ottanta che fa uso di sostanze e vive ai margini del contesto cittadino».

Nato nel 2020 a Torino, ma costituito anche da persone di altre regioni, le Chemical Sisters si ispirano al collettivo spagnolo Metzineres e vogliono ribaltare una visione sul tema delle dipendenze da sostanza sempre e solo maschile. In Italia, chiarisce Mancuso, «non esistono servizi attenti all’uso di sostanze con una prospettiva di genere. Alcuni si adoperano per dedicare spazi e tempi specifici per questo tipo di target, ma non è abbastanza». Le conseguenze? «In molte situazioni le sfide specifiche che le donne e le persone di genere non-binario affrontano nel contesto dell’uso di droghe possono essere trascurate o non pienamente comprese. Ad esempio hanno maggiori difficoltà nell’ottenere assistenza a causa di barriere economiche, sociali o culturali. Ma ci sono anche la violenza, la coercizione sessuale o le relazioni abusive. Le donne con una forte dipendenza da una sostanza, spesso, possono finire per sviluppare una relazione di dipendenza parallela anche con l’uomo che fornisce loro la sostanza: questo le rende vulnerabili al ricatto e alla manipolazione, creando un circolo vizioso di dipendenza e controllo». 

Il collettivo si autosostiene grazie alle donazioni delle persone che partecipano alle feste o agli eventi in cui Chemical Sisters è presente: nessuno è pagato. «Non facciamo assistenzialismo, ma lottiamo per avere delle politiche migliori in campo di droghe, con un’attenzione alle prospettive di genere», conclude Mancuso.

Abbiamo dedicato un’inchiesta al consumo di sostanze, in particolare da parte dei giovani, nel numero di VITA magazine “Droga, apriamo gli occhi”. Se vuoi leggere i prossimi numeri del magazine e accedere a contenuti e funzionalità dedicate, abbonati qui.

Foto AP Photo/Matt Rourke


Qualsiasi donazione, piccola o grande, è
fondamentale per supportare il lavoro di VITA