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Un piano Marshall per le carceri. Gli indultati sono una priorit

Il proggetto incoraggiato da Clemente Mastella, ministro della Giustizia.

di Sergio Segio

Come spesso succede quando si tratta di carcere, il buon senso risulta latitante. Dal giorno dopo il varo dell?indulto, con il voto a favore di oltre due terzi del Parlamento, è cominciata la gara a dissociarsene. Da ultimo, il segretario dei Ds, Piero Fassino ha dichiarato: «L?indulto non è stato apprezzato dai cittadini». Se è per questo, neppure l?abolizione della ghigliottina in Francia nel 1981. Clemente Mastella si è trovato così praticamente da solo a difendere e rivendicare, se non la bontà, la necessità di quel provvedimento. Che è tanto salutare quanto monco e ipocrita. Lo dicono, per primi, i magistrati, notoriamente assai poco ?perdonisti?. Senza una misura di amnistia, hanno detto i procuratori in audizione dal Csm, gran parte (sino al 90%!) delle sentenze che verranno emesse in relazione ai milioni di processi pendenti non saranno eseguibili, poiché riferite a pene già condonate. I media (ma anche tante associazioni) che giustamente dedicano ampie preoccupazioni alla carenza di fondi nel settore giustizia e persino alla mancanza di carta igienica nei tribunali, non hanno rilevato che togliere quella montagna di procedimenti arretrati e ineseguibili, indirettamente farebbe recuperare immediatamente le risorse indispensabili per operare. Un nuovo codice penale Eppure, di amnistia non si può neppure parlare. Ed è comprensibile, dopo la sorte toccata all?indulto e al ministro Mastella. Non sarà semplice, dunque, porre ora mano a quelle riforme strutturali di cui l?indulto è stato precondizione. A partire dalla riforma del Codice penale, che deve svecchiare quello in vigore, incredibilmente ancora eredità del fascismo: il Codice Rocco del 1930 (in alcuni tratti, per la verità, più garantista di tante leggi eccezionali venute dopo). Una riforma che dovrebbe essere ispirata al ?diritto penale minimo? e sperabilmente abolire la inumana pena dell?ergastolo. Altra riforma sul tavolo è quella dell?ordinamento penitenziario: esiste già una organica proposta elaborata da Alessandro Margara, che basterebbe assumere e approvare per dare una svolta significativa a un sistema barcollante e contraddittorio. Sul piano legislativo sarebbe lecito attendersi (essendo esplicitamente previsto dal programma elettorale dell?Unione e dalle linee programmatiche del ministro Mastella) una rapida revisione della legge sulle droghe, di quella Bossi-Fini sull?immigrazione e di quella ex Cirielli riguardo alla recidiva: i cui effetti, da soli, sono in grado di riportare in breve tempo le carceri a uno stato comatoso. Con i tanti don Abbondio della maggioranza e i tanti garantisti a senso unico dell?opposizione è lecito dubitarne. Nondimeno, si tratta di modifiche irrinunciabili, pena la vanifica dell?indulto. Quei 13 milioni promessi Ma dell?indulto, da subito, occorre gestire gli effetti. I 13 milioni di euro destinati al reinserimento sociale, promessi dai ministeri del Lavoro, della Giustizia e della Solidarietà sociale sono ancora in buona parte sulla carta. Ed è paradossale, se consideriamo che la Cassa delle ammende dispone di risorse per ben 118 milioni di euro. Si tratta di un fondo istituzionalmente preposto proprio per sostenere il reinserimento sociale. Ma – dicono al Dap – vale solo per i detenuti, mentre gli indultati sono da considerarsi ?ex? reclusi. Un ostruzionismo da lana caprina che fa capire quanto sia importante la nomina del nuovo capo dell?amministrazione penitenziaria, nel segno della discontinuità e anche sapendogli affiancare una ?squadra? sinceramente e fattivamente riformista. Anche di questo abbiamo parlato recentemente con il ministro Mastella, che ha incaricato me e Sergio Cusani di provare a riattualizzare quel ?piccolo piano Marshall? per le carceri che avevamo avanzato nell?anno del Giubileo e che aveva raccolto l?adesione di un ampio ?cartello? di forze sociali. L?intenzione è quella sia di dare gambe concrete ai progetti di reinserimento sia di arrivare a una Conferenza nazionale sull?esecuzione penale, analogamente a quella prevista ogni tre anni per le tossicodipendenze. Sappiamo che non sarà facile, anche perché volontariato e associazionismo sono poco abituati a coordinarsi e a lavorare in rete. Questa è la scommessa e la necessità. Vedremo le risposte. Già ne sono venute di positive da sindacati della polizia penitenziaria, ed è di buon auspicio.


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