Lo scontro

Ungheria, un caso anche per la società civile europea

L'Europa della società civile guardava al paese di Orbán con preoccupazione, già prima che scoppiasse il caso Salis. Il punto con Giuseppe Guerini del Cese

di Alessio Nisi

No, al Comitato Economico e Sociale Europeo – Cese (l’organo consultivo della Ue che rappresenta le organizzazioni europee della società civile e che ha l’incarico di formulare pareri per la Commissione, il Parlamento e il Consiglio dell’Ue), non si è parlato del caso di Ilaria Salis, la trentanovenne di Milano in carcere a Budapest da quasi un anno, perché accusata di aver aggredito due estremisti di destra nella capitale ungherese, portata in un’udienza del processo in catene e per tre ore e mezzo tenuta con le manette ai polsi e i piedi legati da ceppi di cuoio con lucchetti. 

Salis, un caso inquietante

«Questa vicenda non è ancora arrivata ad essere oggetto di una qualche discussione al Cese. Da una parte perché è abbastanza recente, dall’altro è difficile che intervenga su singoli casi che riguardano la giustizia. Però è evidente che questo è un caso davvero inquietante rispetto a tanti segnali apparsi relativamente all’approccio del governo ungherese sui diritti sociali e civili fondamentali», e di cui si è invece parlato nel comitato. A riferirlo Giuseppe Guerini, componente del Comitato economico e sociale europeo e presidente della Confederazione europea cooperative industria e servizi – Cecop

Il caso Ungheria

Quindi sì. Esiste un caso Ungheria o almeno come tale viene percepito nell’Europa della società civile. Già prima della vicenda di cui è protagonista Ilaria Salis. «Nel Cese di Ungheria se n’è parlato in molte occasioni, per alcuni atteggiamenti che ha assunto questo paese rispetto allo stato di diritto e alle associazioni. Nel gruppo che si occupa di rappresentare la società civile europea, il tema emerge».

I membri “allineati” dei paesi dell’Est

Poi, spiega Guerini, «noi membri siamo segnalati dalle associazioni, ma nominati dai governi». Proprio nei governi di alcuni paesi dell’Est, aggiunge, «abbiamo visto anche cambiare i membri nominati nel corso di di questi anni, e l’impressione è che qualche governo aver favorito la scelta di di rappresentanti della società civile con cui è più in sintonia».

Lo scontro a Est

Sullo sfondo della vicenda Salis e del caso Ungheria «c’è un contenzioso aperto sul piano istituzionale e politico che coinvolge oggi appunto questo paese, come in passato è stato anche per la Polonia». Uno scontro «acceso sulle legislazioni sostanzialmente in contraddizione con alcuni principi fondamentali del Unione Europea».

La scelta di Tajani

Proprio di «violazione delle norme comunitarie» e non «in sintonia con la nostra civiltà giuridica» ha parlato il ministro degli esteri Antonio Tajani dopo le immagini dell’udienza in catene di Ilaria Salis. Lo stesso Tajani ha chiesto «che ci sia il rispetto assoluto del diritto comunitario». Una dichiarazione molto importante, l’ha definita Guerini. «Tajani è non solo vice primo ministro e ministro degli Esteri ma è anche un uomo che ha avuto una lunga esperienza livello europeo: è stato presidente del Parlamento Europeo e commissario con due mandati in Commissione Europea. È importante che abbia fatto questa affermazione».

Un passaggio non scontato. Per Guerini le sue parole segnano un «passaggio importante, che non era scontato. Anche alla luce di vicinanze di alcune aree politiche italiane con il governo ungherese. Potrebbe essere il segnale che una qualche azione di moral suasion potrebbe essere esercitata anche dall’Italia».

In apertura, il premier ungherese Viktor Orban nella foto di AP Photo/Heinz-Peter Bader

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