Giustizia
Liberi dalla mafia a partire dalle donne e dai bambini
Togliere i ragazzi dai contesti in cui la criminalità mafiosa prolifera, trasferendoli insieme alle mamme altrove, per dare loro il futuro che meritano. È grazie a "Liberi di scegliere", disegno di legge approvato dalla Regione Siciliana, pensato e messo in atto dal giudice Roberto Di Bella, presidente del Tribunale dei minori di Catania, che può cominciare un percorso di affrancamento dalla mafia da parte di quelle donne che vogliono rompere con un destino spesso non cercato nè voluto

Si sono ricostruite una vita, ma soprattutto l’hanno ridisegnata per i loro figli sottraendoli a un futuro di oscurità. Sono oltre 30 le donne, mamme, entrate nel circuito diciamo pure “virtuoso” del progetto “Liberi di scegliere” grazie al giudice Roberto Di Bella, quando era presidente del Tribunale dei minori di Reggio Calabria, che dal 2012 ha adottato un provvedimento di decadenza della responsabilità genitoriale per i figli degli ‘ndranghetisti. Un’intuizione, che parte dalla conoscenza della realtà, raccontato da un libro e da un film, usciti nel 2019, che prendono i loro titoli dallo stesso progetto, e sono diventati un modello adottato da istituti, scuole e operatori sociali.
Abbiamo dimostrato che lo Stato c’è e non si volta dall’altra parte, stando al fianco delle donne che vogliono sottrarre i loro figli alla violenza mafiosa
Roberto Di Bella, presidente del Tribunale dei minori di Catania
Donne che hanno lasciato la Calabria e la Sicilia, entrando nella rete di accoglienza creata sull’intero territorio nazionale. Prima la Regione Calabria nel 2023, oggi la Regione Siciliana che, però, amplia il raggio di intervento in favore di quelle donne che vengono messe nelle condizioni di scegliere quale futuro dare ai loro figli sottraendoli a un destino segnato negativamente.
«Possiamo sicuramente considerarla la prima legge antimafia della Regione Siciliana ,che mette in campo azioni concrete in favore delle mamme e dei bambini che vogliono sottrarsi agli ambienti mafiosi», afferma Antonello Cracolici, presidente della Comissione antimafia all’Assemblea regionale siciliana, «aiutandoli a trovare altre soluzioni, altre destinazioni, a essere inseriti in contesti diversi dai loro. Questo sia sul piano della prevenzione, per quanto attiene a tutte le politiche sull’abbandono scolastico, quegli indicatori di difficoltà sociale di alcuni ambienti più marginali. In ogni città e capoluogo si metteranno insieme delle équipe multidisciplinari per monitorare, in accordo con i tribunali, le modalità di intervento sia sul versante dell’abbandono sia sul versante delle iniziative di sostegno alle famiglie, che in qualche modo intendono uscire dai contesti familiari particolarmente complicati. Stiamo provando a rendere sistemici gli interventi necessari e non legati alla singola iniziativa del magistrato. Il messaggio che voglio passi è che dalla mafia non è vero che non si esce, che si esce da morti o da carcerati, ma ci si può affrancare. La legge lo dice a chiare lettere, dimostrando che lo Stato vuole e può aiutare le donne a compiere questo difficile passo».
Un passo importante che trova consenso anche da parte di chi non ci si aspetterebbe
«Quello che sta accadendo di molto bello», racconta il giudice Roberto Di Bella, presidente del Tribunale dei minorenni di Catania, «è che ormai anche tanti boss detenuti al 41 Bis mi incoraggiano a proseguire sulla strada che abbiamo intrapreso con i loro figli. Uno di loro mi disse: “Se ci fosse stato ‘Liberi di scegliere’ 30 anni fa, forse la mia vita avrebbe seguito una traiettoria diversa, non mi troverei in questo luogo di sofferenza e forse molti miei coetanei sarebbero ancora in vita”. Devo dire che a Catania molti stanno incoraggiando le mogli ad andare via, a entrare nella rete di sostegno della legge. Rete che si muove con l’associazione “Libera“, che ha creato e sostiene le politiche di accoglienza, quelle abitative, si cura dell’inserimento lavorativo di queste donne e di tutto quello che serve ai figli. Al momento ci vengono in aiuto i fondi nazionali che derivano in parte dalla Conferenza episcopale italiana, ma contiamo sul fatto che la legge siciliana riesca a dare un grosso contributo».
I figli sono fondamentali per toccare le corde emotive più profonde e generare cambiamento
«I figli», dice Di Bella, «sono la chiave di volta per superare anche sentimenti di rassegnazione, di paure, apparentemente insormontabili. Un lavoro importante quello che ci consentono di fare. Lo testimonia l’impegno della Procuratrice per i minorenni, Claudia Caramanna, che da oltre un anno, a Palermo, è impegnata su questo fronte. A Catania ho delle interlocuzioni molto interessanti con persone che hanno patito e alle quali dico: “State soffrendo in carcere, aiutateci a risparmiare la stessa sofferenza ai vostri figli, teniamoli fuori, dateci una mano”. Devo dire che le risposte sono state e continuano a essere molto positive. «A novembre sono stato invitato in Germania», prosegue Di Bella, «perché 80 licei della regione di Stoccarda, dopo avere visto il film, che adesso è stato acquisito da Netflix, hanno deciso, in accordo con l’ufficio scolastico della regione di Baden-Württemberg, di inserire il progetto nei test di maturità 2025 e in quelli dei prossimi 4 anni. A giugno sono stato anche a Marsiglia, dove è in atto una guerra di narcotraffico con il coinvolgimento molto serio di minori. Ho portato il testo della legge regionale siciliana, in quanto possibile modello da esportare».
Differenze tra la legge siciliana e quella calabrese
«Gli obiettivi, è chiaro, sono gli stessi», aggiunge Di Bella. «La legge approvata in Sicilia, però, oltre all’aspetto dell’istruzione e culturale, ha previsto una serie di interventi sociali e sanitari che prendono in cura la complessità del nucleo mamma – figlio. Prevede, poi, la creazione di sistemi informatici per la raccolta dei dati sulla dispersione scolastica e per favorire le segnalazioni, così come fatto a Catania. Dico questo perchè la legge riconosce molto l’esperienza catanese. L’amministrazione comunale etnea, infatti, ha acquistato una piattaforma per le segnalazioni che mettono in contatto e in relazione scuole, Comune, Procura e uffici giudiziari minorili, consentendoci di velocizzare gli interventi. Uno strumento, sottolineato con forza dallo stesso presidente Cracolici, per fare capire che, se i figli non saranno mandati a scuola, le provvidenze economiche che il Comune può elargire verranno meno. Uno strumento di pressione, che vuole solamente richiamare alla responsabilità».
Una legge all’avanguardia, un segnale di grossa civiltà, di grande promessa
«La Sicilia, non dico nulla di nuovo, è stata la culla della mafia», riflette in conclusione il presidente del Tribunale dei minori di Catania , «ma la Regione, con questa legge, sta producendo gli anticorpi per contrastare il virus della mafia. Consideriamo anche che la questione minorile è la genesi di tutti i fenomeni nazionali. Andiamo a guardare i boss siciliani. Penso ai Santapaola di Catania, come anche a Brusca a Palermo o Messina Denaro nel trapanese. Anche loro sono stati ragazzi provenienti da famiglie fragili, da quartieri disagiati, e che, in assenza di adeguate politiche sociali di prevenzione, hanno poi compiuto la loro carriera criminale trovando nelle mafie appagamenti identitari come welfare. Questa legge si occupa proprio di questo, è un grande segnale di speranza. “Liberi di scegliere” è la speranza che avranno le donne e i minori che vorranno andare via, affrancandosi dalle cosche, presi in carico dalla prevista rete di accoglienza pronta a dare loro il modo di realizzare una propria autonomia esistenziale, economica e lavorativa. I progetti di educazione alla legalità, strutturati proprio sul modello “Liberi di scegliere”, per esempio, intendono sensibilizzare i ragazzi su quello che è il mito mafioso, purtroppo particolarmente affascinante per tanti di loro, per far capire che quella vita non conviene. In Calabria, addirittura, il mio libro e il film vengono studiati in tutte le scuole di ogni ordine e grado. Abbiamo sdoganato il tabù che c’era, rispetto al parlare di questi temi. Oggi gli stessi insegnanti non hanno più remore ad affrontarli in classe per paura di ritorsioni. Oggi anche loro sono liberi di scegliere»
Foto di apertura di Letizia Battaglia
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