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Accoglienza

Waqar, il migrante volontario preso per mano dalla comunità

Waqar Muhammad, arrivato in Italia dal Pakistan, da volontario delle Misericordie ha prestato il suo primo soccorso ai migranti della Ocean Viking

di Alessio Nisi

Waqar

Era appena finito il Ramadan e per Waqar Muhammad era un giorno di festa. Ma quando è arrivata la chiamata del team della Misericordia di Livorno non ha esitato. La Ocean Viking era diretta al porto della città con a bordo 55 uomini (tra cui 2 minori non accompagnati) e c’era bisogno di lui. Era la sua prima volta da volontario. Certo, non esiste un volontario come gli altri, ognuno lo è in modo diverso e speciale. Ma quella banchina per Waqar aveva un odore ancora diverso. «Sì, è stata la prima volta». A poco più di una settimana da quei momenti, racconta: «Da piccolo mi piaceva aiutare le persone, quando sono arrivato in Italia sono stato molto aiutato dai volontari della Misericordia. Da quel momento», prosegue, «ho sempre sognato di fare lo stesso come volontario». Aiutare i migranti, aggiunge, «mi ha riportato alla memoria le difficoltà che ho incontrato lungo il viaggio».

Waqar Mohammed con i volontari della Misericordia di Livorno durante lo sbarco della Ocean Viking il 10 aprile

In viaggio per quattro anni

Da migrante a giovane volontario che accoglie. Se la storia di Waqar avesse bisogno di una sintesi, questa potrebbe avvicinarsi. Ma le sintesi sono un po’ un contenitore e nel caso di Waqar dentro si scopre che ha 28 anni, è nato in Pakistan, dove è laureato in Informatica. Nel 2018 Waqar ha lasciato il suo paese per l’Europa. «La situazione in Pakistan non era tranquilla per costruire un futuro». Per arrivare in Italia ci ha messo quasi 4 anni: ha attraversato Iran, Iraq, poi Turchia, Grecia, Macedonia, Serbia, Ungheria e Austria, ha lavorato per mantenersi e spingersi avanti.

Da Milano a Livorno

Siamo al 2022. «Ho cercato cibo e un posto dove stare a Milano, Roma, Siena e poi sono arrivato a Livorno», racconta, dove è stato accolto, a dicembre, nel centro di prima accoglienza Terra ferma. «Qui la mia vita è cambiata». Prima «sono stato giorni e giorni in strada in attesa di un posto dove stare, dormivo fuori e mangiavo alla Caritas». Oggi Waqar lavora. Fa l’aiuto cuoco a Livorno. «Mi piace stare in cucina. Il mio sogno? Vorrei imparare bene l’italiano e per il resto dedicare il mio tempo alla Misericordia».

La reciprocità che nasce dall’accoglienza

Ma perché Waqar ha deciso di mettersi a disposizione? Lo ha fatto perché si è sentito parte di una comunità e di una famiglia. Lo conferma a VITA Gabriele Vannucci, 45 anni, direttore della Misericordia di Livorno. «Associazioni come la nostra», spiega, «in questo momento storico sono un faro per la comunità perché permettono che succedano queste cose».

Quali cose? «Un ragazzo che ha compiuto un cammino di 4 anni per raggiungere l’Europa ha avuto l’opportunità di restituire tutta sua esperienza e il suo amore a chi come lui ha fatto questo tentativo».

Quando si lavora con le persone bisogna vedere l’altro come un fratello o una sorella. Waqar ha dato un pasto sì, ma ha dato anche anche se stesso

Gabriele Vannucci – direttore Misericordia di Livorno

Waqar si è sentito parte di una famiglia

Ecco, sulla banchina di Livorno, davanti al rosso della Ocean Viking c’era questa tensione di reciprocità. Ma c’è dell’altro. Gabriele conosce Waqar. «Ha scelto di frequentare il corso da noi». Di più. «Sono stati gli altri volontari che lo hanno preso per mano e formarlo nel corso delle lezioni, intervenendo quando c’era qualcosa che non andava». Ecco la chiave. «È un sistema basato non su una persona ma su una comunità. Waqar si è sentito parte di una famiglia».

Gabriele Vannucci, direttore Misericordia di Livorno

L’aiuto più bello

Per il responsabile dell’area emergenze della Misericordia di Livorno, Leonardo Tomassoli, l’uomo che ha avvisato Waqar dell’operazione, lo sbarco «è stata una doppia emozione». Non solo «una persona in più che ci ha dato una mano», Waqar, spiega Tomassoli, «aveva addosso un sentimento maggiore rispetto a tutti gli altri. La sua storia è carica di sentimento».

Ci ha resi orgogliosi. Per Tomassoli le persone che sono scese dalla nave «non potevano avere un aiuto più bello di quello che ha potuto offrire lui. Ci ha resi orgogliosi. Non solo abbiamo inserito nel nostro organico una persona capace, com’è Waqar. Ma abbiamo anche svolto un compito sociale importante. Credo che questo sia l’esempio concreto e reale di cosa dovrebbe essere l’integrazione: entrare a far parte di una comunità».

In apertura e nel testo foto della Federazione Regionale delle Misericordie della Toscana


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