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Famiglia & Minori

Questa è una rapina

Parte dell’opinione pubblica ha visto nel folle gesto del sequestratore di Milano la disperata rivincita dell’uomo comune contro lo strapotere delle banche. Gli esperti concordano: famiglie e piccole

di Mirella Pennisi

La gente tifava per lui, hanno osservato increduli numerosi cronisti raccontando le gesta di Domenico Gargano; l?uomo che per ventotto ore ha tenuto in ostaggio direttore e vicedirettore di una banca a Milano. Per molti cittadini Gargano era diventato metafora dell?uomo comune, di chi si dibatte tra delusioni, piccoli fallimenti, figli lontani, amori perduti, ma soprattutto soldi, scadenze, mutui troppo alti da pagare e prestiti che nessuno concede. «Ma era pieno di cocaina, lui», si sono affrettati a informare i poliziotti. Forse per tranquillizzare i bancari di tutt?Italia ossessionati dall?idea che un orda di ?uomini comuni?, perfettamenti normali, potesse ribellarsi al credito inacessibile. «Rapine e sequestri sono sempre da condannare. Ma una cosa è certa: l?accesso al credito è praticamente interdetto a famiglie e piccole imprese». Lino Busà, presidente di Sos Impresa, lancia un ennesimo j?accuse contro il mercato del denaro. «Tutti speravamo che privatizzazione e concentrazione potessero aprire il mercato ma è successo il contrario. Anche la speranza rappresentata dall?arrivo delle banche straniere è andata in fumo. In poco meno di un anno si sono perfettamente adeguate al sistema vigente». La Confesercenti, di cui Sos Impresa è diramazione, conosce bene l?enorme mercato dell?usura in Italia (stimato a 20 mila miliardi) e l?assoluta inefficienza degli strumenti di contrasto messi in campo dallo Stato. «La questione ?credito personale? secondo me non ha soluzione». Nerio Nesi, onorevole e presidente della Commissione attività economiche della Camera, è stato presidente della Bnl fino al 1989. «Gli impiegati di banca hanno tre problemi: la propria ?incolumità personale?, ovvero non concedere un prestito è sempre meglio che farlo, così non si sbaglia; poi seguire sempre ciò che hanno imparato ovvero il sistema di garanzie…». Come dire: ti concedo un prestito se mi dimostri di non averne bisogno. «? E se la prova è tangibile, come una casa, molto meglio. Infine situazioni obiettive. Le sofferenze delle banche italiane sono molto alte». E la più grande sofferenza però la provocò la Montedison, non certo la famiglia Rossi che poi è l?unica a pagarne lo scotto. Ma il credito delle famiglie non è il solo problema. «Voglio sapere dove sta la legittimità della diseguaglianza praticata nell?erogazione del credito tra Nord e Sud». Tano Grasso, presidente e fondatore della Fai, la Federazione delle associazione anti-racket italiane, ci snocciola alcune cifre: i tassi più alti nei prestiti e una minore retribuzione del risparmio tolgono alle famiglie del Sud 5 mila miliardi in più rispetto al Nord. Un prestito che al Nord si paga al 12 per cento, nel Meridione costa 16 alle famiglie e 21 alle imprese. «Le banche fanno pagare agli imprenditori del Sud anche il rischio del rientro», sottolinea Nesi, che mostra di concordare con Tano Grasso, quando questi sottolinea l?inutilità di una legge che imbrigli il sistema finanziario. «Non c?è legge che tenga. Ciò che lo Stato può fare è inventare delle agevolazione per il Sud». La Cassa del Mezzogiorno insegna che queste politiche sono un fallimento. «All?inizio questo strumento ha avuto un grande successo. È stato un fatto innovativo. Poi è degenerato». Dimostrandosi errato? «No. Dimostrando che anche la cosa migliore da sola non serve e a nulla. Oggi come ieri la latitanza dello Stato al Sud nella lotta contro la criminalità è un fatto abnorme. E parlo in particolare della guerra contro il racket». «Un altro tema è la trasparenza», riprende Tano Grasso. «Il problema non è solo l?arbitrio e il pregiudizio con il quale le banche decidono il merito o meno del credito. Nel 1995 l?Abi, l?associazione dei bancari, ha varato e controfirmato un Codice di autoregolamentazione, poi lo ha buttato dalla finestra e non se ne è parlato più». «Il credito del Sud è il grande problema del Paese». Secondo Nerio Nesi, però, qualche spiraglio di speranza nel mercato del denaro del Sud, si sta aprendo. «Il governo ha scelto quattro grandi banche, il Banco di Napoli (insieme all?Ina e alla Bnl), il Banco di Sicilia, la Carisud (creata con la fusione di tre Casse di risparmio) e il Banco di Sardegna, proprio per sostenere le imprese di queste zone». Le banche sono state statalizzate. «Il Banco di Napoli e il Banco di Sicilia, che ha assorbito la Cassa di risparmio della Provincia siciliana, sono state salvate dal fallimento direttamente con denaro dello Stato. Per salvare dal fallimento in corso per le tre Casse, di Puglia, di Calabria e Lucania, e di Salerno, è intervenuta la più grande Cassa di risparmio d?Italia e del mondo, quella delle Provincie lombarde, che le ha comprate e ha creato la Carisud. Quindi la concentrazione del credito siciliano nel Banco di Sicilia e del credito sardo nel Banco di Sardegna». Ma le fusioni in grandi banche non favoriscono l?accesso al credito? «Non nel breve periodo. Questa opera di semplificazione favorirà il controllo e quindi la lotta alla corruzione». Il futuro? «Ripeto, l?operazione è positiva, ma il futuro non è roseo. Già nel Sud c?è stato un taglio di personale delle banche. Ma questo è un problema che coinvolge tutta l?Italia. Molto presto sarà affrontato il problema degli esuberi. Si parla di almeno trentamila persone da licenziare». Questo vuol dire non solo disoccupazione, ma ancora problema di disponibilità di credito per tutti. «Vuol dire che il costo del denaro non scenderà, che le banche baderanno molto più a contenere i rischi. Insomma tempi duri si avvicinano per piccole imprese e famiglie».


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